Il dialogo in cui i due grandissimi studiosi, Jacques Le Goff e Jean-Pierre Vernant, si affrontano, sull'onda del pretesto dell'intervista condotta da Emmanuel Laurentin, non può che essere salutato dal lettore che come un rinnovato incontro con amici insostituibili, con i quali anche una conversazione é foriera di rinvenimenti, rielaborazioni, determinando una spinta a nuove letture e approfondimenti. In questo senso, l'ammissione di Vernant di non essere stato lui a infrangere le barriere disciplinari, ma i suoi maestri: Louis Gernet, Ignace Meyerson, mentre Le Goff afferma che "il Medioevo di Marc Bloch è il mio", determina lo scorrere sulle pagine di tantissimi nomi a cui i due studiosi tributano la loro riconoscenza, ricalcando traiettorie che il lettore é invitato a seguire (anche se molti di loro non risultano tradotti in italiano): Maurice Lombard, Georges Jamati, ma anche i propri allievi: Françoise Frontisi-Ducrox, François Lissarrague e Claude Schmitt.
E, in
particolare, per questi storici provenienti dalla scuola delle
"Annales", la professione rinnovata a ogni svolta, nella libertà e
apertura della ricerca, nella trasversalità degli studi che affrontano
l'oggetto da svariate e inusitate prospettive,
assieme a quella dei limiti presenti e la speranza che si possano nel
futuro abbattere, caratterizzano una modalità di approccio che ha ancora nel
passato e nel futuro due boe di riferimento, non accettando di annegare
nell'indifferenziazione temporale. La cronologia diviene non solo uno strumento
con il quale valutare oggetti affondati sotto la fangosa coltre, restia a
restituire, del passato, ma è al contempo modo rivoluzionariamente
anacronistico, in quanto non si perita di partire dal presente per affrontare
il passato: "Ritengo che certi anacronismi siano creativi, o comunque
illuminanti" (Le Goff). Vernant gli
fa eco: " Noi poniamo all'oggetto dei nostri studi le domande che il
presente pone a noi. É per questo che esiste una storia degli avvenimenti
storici: ogni periodo li vede in maniera differente, perché si modifica
l'orizzonte di riflessione".
Non bisogna
temere le questioni che nascono dalle contraddizioni del presente, ma tentare
di verificare come siano stati affrontati i problemi in un determinato tempo e luogo, perché altro punto
fondamentale, istituito dagli storici delle "Annales" é proprio la
questione della negazione del concetto di atemporalità di Levi Strauss, il
quale apriva, pertanto, la porta all'innatismo: non importava che si fosse
africani o amerindi, a tutti veniva attribuita la produzione di oggetti mentali
uguali fra di loro. Indistintamente, a qualsiasi latitudine o epoca
appartenesse. Sia Le Goff che Vernant sono assolutamente solidali nello
sbarazzare il campo da codesto annerente
vetrino, la qual cosa, alla fine, costituisce
la vera impalcatura della costruzione da loro innalzata: la ricerca delle
differenze, il riconoscimento delle specificità e proprio mentre si ampliano i
metodi di ricerca inserendo le competenze maturate in ambiti diversi, dalla
psicologia all'antropologia, dalla sociologia all'arte.
Per Vernant,
"sa di kantismo l'idea che esistano
delle regole a priori dell'intelligenza". Come, d'altronde, non si può
non "far riferimento all'idea che
esistono cambiamenti, soglie, rotture, modificazioni nella logica, nella
scienza, nella sensibilità" e che, dunque, anche la psicologia sia
storica. E ciò vale come critica al modello linguistico, applicato da
Levi-Strauss, "che ha tentato di trasformare quelle che erano conoscenze approssimative in
una scienza nel senso proprio del termine". Le lodi e le critiche
all'antropologo accomunano Le Goff e Vernant che condividono all'unisono i
pareri, infatti, per Le Goff la concezione della storia di Levi-Strauss è che
" la storia era per lui un elemento di disturbo che impediva il movimento
circolare da lui affermato", mentre Fernand Braudel asseriva che "il
tempo non era mai sospeso".
E in riferimento
alla lunga durata, concetto introdotto, appunto, da Braudel, Le Goff ritiene
che compito dello storico sia quello di "scoprire e spiegare, all'interno
di questa lunga durata, i cambiamenti, il movimento". Anche all'interno
dello storia nuova delle "Annales" si riconosce la presenza di qualche
eccesso. Bisogna dire che "La storia politica é, a mio avviso, il grosso
problema" poiché "essa avrebbe potuto benissimo non soltanto
sopravvivere ma anche avere un posto essenziale in seno alla storia
nuova". Per entrambi gli storici, la loro disciplina è un cantiere aperto:
ora ammettono di mostrare maggiore attenzione per le immagini, per le lotte
politiche e gli antagonismi e, d'altra parte, per Vernant, inoltre, si deve
affrontare il problema dell'evento e del presentismo: "Non c'é avvenimento
che non ci diventi ben presto contemporaneo, in un presente che peraltro si
cancella immediatamente". Ma se "L'uomo diviene un problema, e non
esiste risposta", noi lettori confidiamo nella ricerca libera e
intraprendente di siffatti studiosi per tentare di comprendere almeno i
contorni del problema, sapendo comunque che sono mobili, come le Goff e Vernant
ci insegnano.
Rosa Pierno
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