giovedì 1 marzo 2012

“Martha Argerich. incontri scoperte progetti” Pagine d’Arte, 2011 a cura di Carlo Piccardi



Avvistare, circumnavigare  un autore è sempre impresa che ha il sapore dell’arditezza, ma quando l’autore è un interprete musicale, allora l’impresa descrittiva assume le sembianze di un atto in cui il fallimento è certo. Già la descrizione musicale richiede capacità culturali e retoriche straordinarie poiché si cimenta con un’arte ineffabile, ma, a maggior ragione, quando si voglia scrivere dell’originalità e della forza di un interprete, qual è in questo caso Martha Argerich, con il suo “dominio tecnico mostruosamente superiore alla tastiera”.  

Eppure tale impresa non per questo è peregrina, né è esente dal riportare a casa solidi risultati. Le due interviste che la pianista argentina ha rilasciato a Madalena Soveral e a Olivier Bellamy, in “Martha Argerich. incontri scoperte progetti”, Pagine d’Arte, 2011,    costituiscono un controcanto rispetto alle testimonianze di amici e colleghi. Il profilo della Argerich sembra costituirsi intorno al vuoto del soggetto (l’abisso del soggetto, come direbbe Derrida) proprio grazie ai testi collezionati nel volume, quasi che solo da essi, come fossero un calco, noi potessimo alfine comprendere che tipo di isola è quella a cui ci stiamo sensibilmente avvicinando.  Privati di questi testi, forse costeggeremmo solo la presenza sonora delle sue performance, ma non avremmo che pochissimo sulla sua persona, testimoniata, inoltre, dalle belle fotografie, che arricchiscono la raccolta, scattate da Adriano Heitmann in diverse occasioni. 

I testi,  che incastonano le fotografie, sono dei più vari e originati dai più distanti punti di vista e ottengono di restituirci la psicologia di una persona quanto mai ironica e seducente, giocosa e sfuggente, che pare lavorare proprio nel senso opposto a quello altrui di fissarne l’immagine e di definirne il talento. E questo per il motivo che nemmeno la Argerich  vuole definire il suo percorso e i suoi obiettivi futuri. In ogni caso pure si consolida come panna sul latte bollito la sua personalità, quella appunto che non può essere che approssimata, mai interamente colta.


Il suo sottolineare che “le interpretazioni cambiano sicuramente con l’esperienza”, la sua “incapacità di analizzare come ciò avvenga”, la necessità di sentirsi commossi dalla musica come passo ineliminabile per commuovere gli altri, l’obiettivo di perseguire il suo sviluppo e non d’inseguire il successo, la tendenza a farsi guidare dall’intuizione, la volontà di non suonare in pubblico da solista, assieme al suo repertorio solistico molto circoscritto (Ravel, Chopin, Listz, Debussy, Schumann) e che ha visto incrementare negli anni la collaborazione con direttori e orchestre (ampliando di conseguenza il repertorio con Bach, Strauss, Falla, Beethoven, Prokof’ev, Šostakovič ) “e soprattutto con un nutrito gruppo di strumentisti”, fa di Martha Argerich una persona che non ha smesso di ricercare e di sperimentare.

Non c’è contatto fra le parole, le confessioni dell’interprete musicale, e le sue esecuzioni, ma nessuno dopo avere letto questo libro può dire di non conoscerla meglio, di non averne afferrato qualche aggiuntivo lembo che vada a profilare la sua  sagoma. I mondi irriducibili fra cui si consuma lo scontro tra le parole e i fatti, tra i pensieri e le sensazioni divengono l’emblema di questo affascinante volume nato dal progetto dedicato a Martha Argerich dalla città di Lugano, la quale ospita una delle scuole in cui l’artista si prodiga per dare maggiori opportunità ai giovani talenti.  

Dalla sua bellezza alla sua energia, dalla sua possenza scenica alla sua capacità tecnica, i testi esplorano e indagano, cercano di sussumere anni di frequentazione o di ammirazione in qualche riga, restituendo le sue predilezioni musicali e riconoscendole un ruolo unico, raffrontando le sua capacità esecutorie con altri interpreti e indagando il suo mecenatismo, la sua generosità con gli altri esecutori, la sua autonomia che le fa eseguire soltanto quello che lei sente come necessario.  E, ancora, percorrendone la formazione, l’esistenza privata, le idiosincrasie e i comportamenti, i giudizi sugli altri interpreti e sui direttori di orchestra…. Insieme a Carlo Piccardi, Riccardo Risaliti, Giovanni Gavazzeni, Duilio Courir, Angelo Foletto, Sergio Sablich, durante la lettura percorriamo l’isola e i suoni ci accompagnano come se si trattasse di un’isola incantata. Erano solo testi?

                                                                                        Rosa Pierno

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