L’astro
trattenuto da un reticolo fermo, impedito nel suo tremolio, pudicamente cela
seduzioni e incantamenti, mostrando declinazioni solo terrestri.
Tratteggio che
addensa tenebre finte, orditura di labirintiche apparenze a cui s’accorda
incantato occhio.
Finge plurimi
mondi con plurimi profili ammagliando in seno rete sì stretta! Per infidi,
incerti sentieri sparge la nebbia della contraddizione riunendo il loglio col grano.
Semini stelle
procurando fori nella fitta garza. Non fu pianeta di roccia o polvere quello
che s’infigge nell’astrale piano. Con trama fine non s’intercetta avanzo. Né
resti s’impilano sulla balaustra da cui si scorgono le bianche colonne
emergenti fra spumeggianti onde.
Menzognero è l’ordine tramato per meglio contrapporsi all’esistenza del caos. La fulgida trama, strappata, non mostrerà un luogo reale, né salvifico.
Gettati i coriandoli
di luce come spiccioli su un retrattile cielo, scuro, sporco di sabbia e stille
minerali, faresti perdere gli occhi a un veggente, mortale nemica che ti corichi
al nascente sole.
Ritaglia il
cielo in porzioni: setosi fazzoletti indicano penuria. Pur anche nella stellata
volta, incuneano nell’animo il sospetto che da questa terra non fu visibile
l’ardita risalita.
Il collare di
stelle si ammassa sulle terga della notte, adombrando un lucore desunto dalla
fulgida parvenza di quel che si credette vero.
Foglio fu
simile a legifera tavola che tenta lettere e poligoni contravvenendo al malandrino caos. Distribuite che furono, le
fulgide e ricomposte luci, sempre solo una parola alla volta non fu mendace.
Il dilemma si
dissolve smettendo di decifrare: solo allora sarebbe di tutta evidenza che
siamo noi le stelle confitte in inchiostrato cielo.
Messaggio
lanciato nell’aere come strale ci raggiunse mentre felici eravamo di osservare
l’aureolato stemma sui nostri capi posto da gentil mano.
Geometrizzate
traiettorie di sapide parole infittiscono il poema della natura: essa non fu
spergiura. Frapponemmo le nostre grida a siffatto ricamato tessuto e inebetiti
restammo a udirne il muto responso.
Hai sezionato
il cielo, avida d’infinito. Non sapevi cosa fosse, l’hai riconosciuto solo nei
nastri di pelle con cui hai recinto il sacro spazio.
Rosa Pierno
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