domenica 20 ottobre 2013

Jean-Luc Nancy “Corpo teatro” Cronopio, 2010


Come far coincidere corpo con mente? Già a partire dall’assunzione di un corpo, si è immersi nel mondo delle percezioni, dei punti di vista, delle prospettive personali. Corpo potrebbe addirittura coincidere con ciò che rappresento a me di me stesso: “un punto, cioè come un non-spazio situato proprio dietro lo spazio che si costruisce come la mia testa, la mia fronte, le mie spalle e tutto quello che c’è dietro, e da cui un corpo che percepisce e agisce sa di essere portato e proiettato”.  Corpo come teatro, palco su cui s’inscena quanto di più singolare e controverso si dia. Co-appartenenza di soggetto e mondo. Per Nancy, si tratta di “separare il più possibile l’ordine dell’esistere da quello del conoscere”. Teatro in quanto essere gettato, esistere, in opposizione a Heidegger, il quale non ne ha mai fatto cenno, nonostante la sua attenzione per Holderlin (traduttore di Sofocle e autore di tragedie). L’esistere ha luogo non solo agli occhi di se stessi, ma anche dell’altro (così come istituito da Levinas). La scena è il luogo in cui il soggetto viene alla presenza tramite “una rappresentazione, un ri-presentarsi”. E “in questo senso, un soggetto è un corpo”. Heidegger non arriva al corpo, poiché nonostante l’apertura, il soggetto è ancora un punto (“configurazione incorporea di un punto di proiezione”), è sempre e solo l’uno. E “partendo dall’uno” non si arriva mai all’altro, sebbene Heidegger abbia pensato l’altro come un esserci-con, esserci-con l’altro.

La stessa presenza è in ogni caso complessa e molteplice (‘esposizione’, ‘venuta’, ‘approccio’, ‘allontanamento’): è il presente che arriva presso, è un avvicinamento: “Il corpo è ciò che viene, si avvicina su una scena e il teatro è ciò che dà luogo all’avvicinarsi di un corpo”. Non si dà l’io senza il suo corpo e non si dà corpo senza distinzione e molteplicità. “I corpi non sono esposti per accidente, ma per essenza”. L’esteriorità è la condizione della compresenza dei corpi, e dramma e attesa sono loro consustanziali, afferma Nancy, seguendo Artuad. Vedere è anche esporsi allo stesso modo in cui le parti del corpo permettono di accostarsi all’anima. Aprendosi, sottraendosi, esponendosi, imponendosi, “il corpo intraprende un dramma che non ha niente di “personale” o di “soggettivo”, ma che è ogni volta la drammatizzazione singolare del suo modo singolare di spiccare in mezzo ad altri corpi”. Derivazione spinoziana rovesciata (anche se Nancy non nomina direttamente Spinoza), poiché se nel filosofo spagnolo la mente è concepita come idea dell’essenza di questo o di quel corpo umano, la separazione effettuata da Nancy rispetto al conoscere taglia i ponti tra corpo e idea.

Con un riferimento epicureo alla loro tensione primordiale, i corpi rappresentano anche l’incorporeo, cioè “la forza del loro rapporto”, “la logica della comparizione”: è proprio tramite queste spinte tra i vuoti delle loro esistenze, in questa casualità, che si genera il dramma “ e il vuoto assume la consistenza di un punto di raccolta del senso”. In questo fuori di sé che non si stacca dal dentro di sé è la presenza, il ruolo, la maschera, l’andatura, l’esibizione. “Ciò che conta è che a teatro il testo è in un corpo, è corpo”. La presenza è senso: “il corpo è un senso in atto”, ma un senso può aver luogo solo fra i corpi. “La parola che si rivolge a qualcuno è una parola corporea”. La presenza non è mai semplicemente data, “il corpo è esso stesso già presentazione: un corpo infatti non consiste semplicemente in un “essere” – quale che sia il significato che si voglia attribuire a questa parola”, poiché implica la compresenza, la distanza, l’interazione di altri corpi. Ciò annulla o trasforma il concetto d’intimità, poiché è esposta. E’ il mondo come teatro della tradizione a partire da Calderon e da Shakespeare. È teatro in quanto verità se “il corpo si rivela la verità dell’anima”, è verità che fa scena. “Il corpo-teatro precede tutti i culti” perché la teatralità “non è né religiosa né artistica”. È la condizione del corpo, per Nancy, la condizione del mondo, ove anche la parola ci sembra debba sottostare a quest’unico concetto: “che non appena c’è un mondo ci sono corpi che s’incontrano, si distanziano, si attirano” mostrando dietro di loro e attorno a loro la sola “notte incorporea della loro provenienza”.

                                                                     Rosa Pierno


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