Come far coincidere corpo con mente?
Già a partire dall’assunzione di un corpo, si è immersi nel mondo delle
percezioni, dei punti di vista, delle prospettive personali. Corpo potrebbe
addirittura coincidere con ciò che rappresento a me di me stesso: “un punto,
cioè come un non-spazio situato proprio dietro lo spazio che si costruisce come
la mia testa, la mia fronte, le mie spalle e tutto quello che c’è dietro, e da
cui un corpo che percepisce e agisce sa di essere portato e proiettato”. Corpo come teatro, palco su cui s’inscena
quanto di più singolare e controverso si dia. Co-appartenenza di soggetto e
mondo. Per Nancy, si tratta di “separare il più possibile l’ordine dell’esistere
da quello del conoscere”. Teatro in quanto essere gettato, esistere, in
opposizione a Heidegger, il quale non ne ha mai fatto cenno, nonostante la sua
attenzione per Holderlin (traduttore di Sofocle e autore di tragedie).
L’esistere ha luogo non solo agli occhi di se stessi, ma anche dell’altro (così
come istituito da Levinas). La scena è il luogo in cui il soggetto viene alla
presenza tramite “una rappresentazione, un
ri-presentarsi”. E “in questo senso, un soggetto è un corpo”. Heidegger non
arriva al corpo, poiché nonostante l’apertura, il soggetto è ancora un punto
(“configurazione incorporea di un punto di proiezione”), è sempre e solo l’uno.
E “partendo dall’uno” non si arriva mai all’altro, sebbene Heidegger abbia
pensato l’altro come un esserci-con, esserci-con l’altro.
La stessa presenza è in ogni caso
complessa e molteplice (‘esposizione’, ‘venuta’, ‘approccio’,
‘allontanamento’): è il presente che arriva presso, è un avvicinamento: “Il
corpo è ciò che viene, si avvicina su una scena e il teatro è ciò che dà luogo
all’avvicinarsi di un corpo”. Non si dà l’io senza il suo corpo e non si dà
corpo senza distinzione e molteplicità. “I corpi non sono esposti per
accidente, ma per essenza”. L’esteriorità è la condizione della compresenza dei
corpi, e dramma e attesa sono loro consustanziali, afferma Nancy, seguendo
Artuad. Vedere è anche esporsi allo stesso modo in cui le parti del corpo
permettono di accostarsi all’anima. Aprendosi, sottraendosi, esponendosi,
imponendosi, “il corpo intraprende un dramma che non ha niente di “personale” o
di “soggettivo”, ma che è ogni volta la drammatizzazione singolare del suo modo
singolare di spiccare in mezzo ad altri corpi”. Derivazione spinoziana
rovesciata (anche se Nancy non nomina direttamente Spinoza), poiché se nel filosofo
spagnolo la mente è concepita come idea dell’essenza di questo o di quel corpo
umano, la separazione effettuata da Nancy rispetto al conoscere taglia i ponti
tra corpo e idea.
Con un riferimento epicureo alla loro tensione
primordiale, i corpi rappresentano anche l’incorporeo, cioè “la forza del loro
rapporto”, “la logica della comparizione”: è proprio tramite queste spinte tra
i vuoti delle loro esistenze, in questa casualità, che si genera il dramma “ e
il vuoto assume la consistenza di un punto di raccolta del senso”. In questo
fuori di sé che non si stacca dal dentro di sé è la presenza, il ruolo, la
maschera, l’andatura, l’esibizione. “Ciò che conta è che a teatro il testo è in
un corpo, è corpo”. La presenza è senso: “il corpo è un senso in atto”, ma un
senso può aver luogo solo fra i corpi. “La parola che si rivolge a qualcuno è
una parola corporea”. La presenza non è mai semplicemente data, “il corpo è
esso stesso già presentazione: un corpo infatti non consiste semplicemente in
un “essere” – quale che sia il significato che si voglia attribuire a questa
parola”, poiché implica la compresenza, la distanza, l’interazione di altri
corpi. Ciò annulla o trasforma il concetto d’intimità, poiché è esposta. E’ il
mondo come teatro della tradizione a partire da Calderon e da Shakespeare. È
teatro in quanto verità se “il corpo si rivela la verità dell’anima”, è verità
che fa scena. “Il corpo-teatro precede tutti i culti” perché la teatralità “non
è né religiosa né artistica”. È la condizione del corpo, per Nancy, la
condizione del mondo, ove anche la parola ci sembra debba sottostare a
quest’unico concetto: “che non appena c’è un mondo ci sono corpi che
s’incontrano, si distanziano, si attirano” mostrando dietro di loro e attorno a
loro la sola “notte incorporea della loro provenienza”.
Rosa Pierno
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