Punti di vista
Ed io così, dal tuo punto di vista
(ma forse un punto nostro, un punto
da cui acquista ragione la visione
di ciò che non vedrò)
se il mio tempo è lo stesso e se perfino
il nome al tuo cammino m’apre.
Ma gli occhi dei poeti hanno dolore
(e un po’ d’amore, anche, se ne resta)
ancora da imparare: e dove gli altri
più non odono nulla una tastiera
di parole trascorrono perché
qualche suono ci sia fra gli altri e te.
[Da: Oblò appannato; ora in: Da una lingua marginale]
In apertura una poesia di Mario Quattrucci in ricordo dell’amico Mario Socrate, la cui scomparsa risale a pochi giorni fa. Pubblichiamo alcune poesie del poeta scomparso in cui emerge un tono leggero, foriero di un gusto a tratti scanzonato, a tratti paradossale, ove rime e assonanze concorrono a dare la chiave di volta di una lettura in cui definizioni manichee vengono sollevate da un impegno classificatorio gravoso, il quale spesso non è esente dal procurare danni più che vantaggi, determinando esclusioni rigide, cesure non rispettose della complessità del reale. Un antidoto alle assolutizzazioni, questo sì marcato, un partito preso per il pluralismo e la divergenza. Per l’aleatorio, per l’occasionalità, per i frammenti. E anche un gusto per le semplici cose, le cose che si dispongono ai lati della storia o del futuro: poiché storia e futuro risultano essere concetti onnicomprensivi quanto vuoti. Il recupero allora sarà rivolto al caso singolo, al caso esistenziale, al confronto con fatti concreti, non astratti. Non disgiunto nemmeno dal procurare avvisi sull’apparenza ingannevole delle cose, né alieno da una sorta di nostalgico ricordo di un “prima” migliore. In ogni caso sempre attento a risistemare il giusto metro di un confronto tra cose incongruenti, non integrabili eppure necessarie. Il tono leggero si salda pertanto con un tono pacato, fermo, che richiama l’attenzione alla cura e alla riflessione.
Desistito
Il futuro se ne sta tutto solo.
Se ne sta, sembra, per i fatti suoi,
senza speranza di riaversi nei ricordi,
già suoi, ormai esausti e orfani,
eppure un tempo ancora in corsa,
e lui se ne sta ora in disparte,
fermo sul ciglio della strada, appiedato,
come un ciclista in testa che ha bucato.
[Da: Rotulus pugillaris]
Bella è la pagina bianca
così inattingibile e nuda,
pure qualcosa le manca
perché non resti muta.
E basterebbe una parola,
anche una, una sola,
ma distintiva, tale
da poterla chiamare come,
appunto, un nome
lanciato lì a sonda
in attesa pungente
che risponda.
[Da: Rotulus pugillaris]
D’inverno
La fronte fredda sul vetro
guarda tra bianchi e neri,
domani rimossi dai ieri,
pagine abrase dal retro.
Non va né avanti né indietro
persa tra gli uni e gli zeri,
i falsi son così veri
che un metro è misura d’un metro.
Un tempo il tempo era in corsa
in una rosa d’eventi,
ora in preda a un grigio furore
lo guarda nella gran morsa
sfiatare i suoi gridi spenti
la fronte a un opaco tepore.
[Da: Il punto di vista]
Favola ottimista
Una summa presumi.
Quare?
Qui siamo sempre ai frammenti.
Ma i frammenti non sono frantumi.
Esemplare,
come in una favola
di Fedro o Esopo
e con l’evidenza della rima:
i frantumi è dopo,
i frammenti è prima.
[Da: Allegorie quotidiane]
Mario Socrate (Roma, 1920 – Roma, 27 marzo 2012) è stato un poeta e scrittore italiano. Professore emerito alla Terza Università di Roma, è stato tra i fondatori della rivista “Città aperta”. Oltre a una notevole produzione come ispanista (Il linguaggio filosofico della poesia di Antonio Machado, presentazione di Cesare Segre, Padova, Marsilio, 1972; Il Riso Maggiore di Miguel de Cervantes, La Nuova Italia, 1997) e traduttore (Luis de Góngora, Poesie, Modena, Guanda, 1942; Federico Garcia Lorca, Sonetti dell'amore oscuro: e altre poesie inedite, Milano, Garzanti, 1985) vanta un’intensa attività come poeta e romanziere. Con la raccolta Punto di Vista (Milano, Garzanti, 1985) ha vinto il Premio Viareggio per la poesia.
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