Le opere che Ines Fontenla ha appena esposto a Buenos Aires (Centro culturale Recoleta dal 15 giugno al 22 luglio 2012, con il patrocinio del Ministero della Cultura del Governo della città di Buenos Aires) e che spaziano dalla installazione, al disegno al video, denunciano lo stato precario in cui versa il pianeta Terra (e si badi bene in relazione al nostro stato di benessere, in quanto la Terra è l’ambiente in cui viviamo).
Una delle installazioni è poggiata su un manto di nuda terra, a rinsaldare il legame diretto, fisico con la materia, creando così uno spazio interlocutorio con la rappresentazione grafica del pianeta (emisferi, mappamondi, cartine geografiche) in cui però materia e rappresentazione mantengono aperto anche un conflitto, quasi un illogico tentativo di dialogo.
Ciò rende sinistro l’appello perché la denuncia si attua a fronte di nessun evidente pericolo. Certo, il vetro su cui è stampata la carte geografica è rotto e sul pavimento se ne vedono i frantumi, oppure, la carta geografica è appallottolata come un rifiuto o anche, nel disegno, le terre stanno scivolando dalla loro canonica posizione (in riferimento alla precarietà di ciò che invece diamo per scontato) staccandosi dalla cornice di riferimento e deformandosi. Quel che però appare generico, non individuabile, soltanto paventato, è proprio la minaccia che incombe e che non viene raffigurata.
Rosa Pierno
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