Il giovane artista francese Edouard Taufenbach, che
espone presso la galleria Spazio Nuovo Contemporary Art dal 7 al 27 aprile 2016
a Roma, ha ricoperto, totalmente o parzialmente, il color seppia delle fotografie ottocentesche
prelevate da un album di famiglia, con colori trasparenti, tipici delle vetrate.
Da tale trasparenza s’intravede con precisione la foto sottostante, ma si
percepisce anche un’alterazione, che la estromette dal mondo privato e affettivo di
cui faceva parte per consegnarla a una sorta di memoria artefatta, artificiale.
L’insieme delle opere sulle pareti diviene allora una
sorta di wunderkammer, in cui agli oggetti collezionati sia stato, però, tolto
il sostrato materiale. Vi è implicata, pertanto, una tripla trasformazione:
dalla persona fisica alla fotografia (dagherrotipo) fino all’opera in
esposizione e, pertanto, l’individuazione delle categorie dell’essere, sono a
dir poco problematiche. Difficile
rispondere, di conseguenza, alla domanda: che cos’è?
A complicare le cose, l’utilizzazione della ricerca grafica
effettuata da Josef Albers, professore alla Bauhaus - ed espressamente citata
da Taufenbach - il quale cercava di sovvertire l’ordine statico della pittura, ponendo
in evidenza la loro instabilità e il loro carattere ambiguo, ha, qui, come
obiettivo la strutturazione geometrica di un dato esistenziale: il paradosso
non è, invero, nemmeno tale. Esattamente come nella ripetizione del medesimo,
che viene inscenato senza alcuna variazione se non coloristica o di posizione
(la foto appare ruotata e replicata), l’oggetto in questione si situa sul limine del biologico e del
geometrico senza poter cadere in nessuno dei due campi.
Questa specie di zona neutra non solleva un problema
che si possa risolvere. Il discrimine è lampante, in quanto anche il geometrico,
essendo colorato, è sottratto all’area mentale ed è esperito sensibilmente,
mentre ciò che pertiene all’organico è raggelato in un vitreo raccoglitore e la
sua replica nega proprio uno dei mattoni della vita: la diversità. Così
l’individuo ivi raffigurato è presentato sub
specie aeternitatis, ma anche
in questa guisa, non entra nell’ambito esclusivamente mentale.
Con tale apparente scambio di attributi, l’opera
Edouard Taufenbach si situa appieno in una ricerca che indaga le
caratteristiche implicate nella conoscenza, riconoscendo che i limiti non vanno
superati, ma mostrati. E che i problemi sono più interessanti delle soluzioni.
“Hommage”
Mostra a cura
di Guillame Maitre e Paulo Perez Mouriz
Spazio Nuovo
Contemporary Art
Via D’Ascanio
20, Roma
Rosa Pierno
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