giovedì 14 marzo 2013

Gio Ferri “L’assassinio del poeta. La chair des songes. Canti XXXVI - XLI”, inedito, 2013


Una frattura corre lungo il canto iniziale (Trentaseiesimo) del poema L’assassinio del poeta. La chair des songes. Canti XXXVI - XLI, inedito, 2013, (quinta parte del poema) attestata dagli spazi bianchi che dividono in due ciascun verso, la quale si riverbera nella sconnessione semantica fra concetti che nel canto sono visti come non solubili l’uno nell’altro: l’amore platonico, l’amore carnale. Così l’estasi per la bellezza, per la sfera morale, non compenetrano l’amore fisico e viceversa.  E se invece frattura non fosse nella poesia, ma nella vita, ciò si rivelerebbe più un’imperfezione nella poesia che c’illude, che una carenza nell’esistenza. La poesia consente di sognare che sia possibile ciò che è inconoscibile. Nella poesia parole e carne divengono liquide entrambe e si espandono trascinando il poeta nell’oblio della frattura. E ciò naturalmente travolge anche la creduta possibile verifica compiuta dall’intelligenza al fine di costruire conoscenza. Eppure è un dolce mondo quello in cui la passione si stempera, liberandosi dai suoi bisogni carnali e dalla vanità, dall’imposizione dei sensi. Vi si annullano anche le storie e le violenze: poesia come mondo di oblio, onirico.

Spossato dalla pervicace contrapposizione fra acquietamento dei sensi e brama carnale, il soggetto lirico cerca nella musica tedesca (“Ein Deutsches Requiem” di Brahms) un colloquio rasserenato fra la vita e la morte, ove la vita “è Nulla nel Nulla eterno”, rivisitando le forme della tradizione per ricostituirsi come soggetto attraverso esse. Tale ricerca viene effettuata nel campo dell’astrazione concettuale, seguendone la metamorfosi storica (attraverso le citazioni di vari poeti in un amplissimo arco temporale), ma qui la voce del soggetto lirico somiglia a un coro che riscrive in altra forma la citazione. La riscrittura è, infatti, una delle chiavi di volta dell’intera raccolta dei, fin qui scritti, cinque poemi. Riscrittura che è inevitabilmente risemantizzazione secondo un diverso punto di vista, ma nemmeno questa volta il soggetto sarà identificabile, secondo quella che è l’architettura dei poemi de “L’Assassinio del poeta”. Il soggetto, nutrito di cultura, è per definizione indefinibile, sfugge persino alla categorizzazione di poeta, così come non sarà la poesia né ad averlo ucciso né ad esserne vittima e chi insegue l’assassino o la vittima è al contempo colui che incarna entrambi.

Un magistrale canto ci sembra il Quarantesimo, in cui tramite l’ascolto della Quarta Sinfonia di Arvo Pärt, Gio Ferri dà luogo a un’esplorazione del corpo attuata con l’utilizzo di un lessico prelevato dal linguaggio critico musicale: “la carne s’espande in spazi siderali / l’onda melica batte in risacca / va e viene armonia d’epitelio”. Ove ancor meglio  si coglie che il tema della raccolta è il corpo e l’estasi che produce, di cui si cerca di restituire la totalità delle espressioni nell’esplorazione dei testi tratti da un vasto repertorio di generi. Il costante riferimento alle forme della tradizione è dovuto al fatto che esse sono garanti, per Gio Ferri, di rigore, di ordinata sequenza contro le “presenti irragioni”. Ma in esse la frattura che, questa volta interna, affiora solo in alcuni punti non oppone maggiore resistenza alla scissione, non arresta, ad esempio, l’offesa della vecchiaia.  Imperterrita è però la volontà di non arrendersi a questa chiusa, credendo che mai possa concludersi il viaggio e lo scandaglio dei tesori culturali, i quali si diramano in “spaesati altri labirinti” rinnovando i passi“ di un irrisolto destino, poiché, lo intuiamo, anche nel nulla persisterà frattura tra nulla e carne.       

  
Canto Quarantesimo

Umbro ancora in ascolto delle intime voci carnali, carezzevoli e sublimate che giungono da lontano  con la “Quarta Sinfonia” del compositore ucraino Arvo Pärt. *


teneri seni come diafane dune della rena
affonda le mani nelle sabbie dorate del docile corpo
il battito silente ovattato del grembo
ansia di delizie si tende dal ventre all’inguine
si strugge e par venga da lontano
la carne s’espande in spazi siderali
l’onda melica batte in risacca
va e viene armonia d’epitelio                                                                           8

viscerale pronubo respiro
va e torna alla valle degradante del ventre
svanisce l’ardente tocco all’intimo silente
respiro svuota la passione ma non l’anima
una cupa amorevole quiete di morte
finché solenne il rinato ritocco di campane
e di timpani spinge alla robusta paurosa
andante melodia della pulsante fibra                                                              16

battono al destino l’ondate
crescenti sonore cantabilità sommosse
e disperanti all’ansa puberale
pietoso l’adagio d’ampio grave sospiro
l’irrefrenabile passione
s’alza il canto ansante della diafana bocca
stringono morbide le braccia e invocano
fluente il dirompente piacere                                                                           24

lungo e sconsolante è l’abbandono e triste
percorre con la quiete delle dita lo spazio
intrattenuto del collo e dell’anca e dell’ansa
disperso calore delle sabbie
ma l’interrompe ancora l’ondata invadente
riprende il suono acuto un poco stridente
oltre il melodico languente sgomento
e l’amorosa dispersione                                                                                 32

si riallontana l’onda al sublime cobalto
oltre le dismisure dell’angoscia
quando tacita assenza s’ascolta
ritmico distacco del timpano sommesso
pizzicato battente che s’apre lento
al sovvenir del vento sorpreso dall’ansia
le lunghe pause addensate
di carezzevoli memorie                                                                                   40

emergono dalla rena gli archi del costato
riedono le angosce timorose d’abbandono
stringe protettiva la passione
risuonano le speranze delle percussioni
sommesse fra i coinvolgimenti cantabili
dei sensi e dei sessi e delle sensazioni
misteriche inspiegate irragioni
dell’essere impietoso alle delizie                                                                    48

alla voluttà delle carezze
quando richiama alle tristezze del destino
il battere d’una macabra danza
violenta nei giudizi inani e molesti
lamenti fra i battiti tremori d’amore e di
morte nella tragedia armonica che sopravanza
ma pur teme il ridicolo dell’ingenuità
d’una caducità irremovibile et insensibile                                                      56

ma l’armonico ha pure il suo strappo
acuto e fors’anche risibile d’una fanciullezza
sperduta nella vecchiezza e nell’impotenza
offesa dal rombo cupo dei bassi ritmici
nell’invadenza delle sonore ossessioni
dei pianti nostalgici i diletti impossibili
invissute lasciate tradite mai dimentiche
finché il vago vagare d’improvviso non s’arresta                                          64




* Arvo Pärt “Sinfonia n.4”, CD ECM Records GMBH, München 2010.


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