Premessa di Franc Ducros al volume di Flavio Ermini, La tâche terrestre des mortels, Lucie éditions, Nîmes, 2012
Da dove è uscita la voce che ha dettato questo libro?
Giunta forse da un tempo immemorabile a posarsi, viva e attiva, non proprio alla nostra portata, poiché occorre andarle incontro, tendere l’orecchio per udire – tentare di udire – ciò che da essa ci viene, e continua a venire: la parola.
Che per aver trovato e superato ogni identità soggettiva, non è più la voce di nessuno, e tutte le trascende. Parola universale.
Mitica, essa detta. E non dice tutto. Della sua originaria provenienza lascia intendere o ha conservato solo frammenti sopravvissuti a un mondo per sempre ignoto, cui non abbiamo accesso. Ma che è il luogo indecidibile da cui essa proviene e da dove, qui giunta, ci parla.
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Come tutti i testi sacri, essa dice la Legge. Che esige, per essere rispettata, di essere anzitutto intesa, e compresa.
Ma questa Legge, imperativo morale, non è, come altre, dogma. È in primo luogo, addirittura esclusivamente, conoscenza in atto. Decifrazione all’opera abbagliante, sicché il senso nel suo fulgore vi si cela. Esigendo così da ogni lettura di essere infinitamente reiterata.
La ragione di questa inesauribile risorsa sta nel fatto che siamo noi questo mistero, ciascuno e noi tutti insieme, nell’inestricabile rapporto con noi stessi e ancor prima con la materia di cui siamo fatti, che ci sostanzia e costruisce, ci avvolge, sostiene e pervade. Di questa materia universale, la voce dice, dalla sua remota infinitezza, ciò che di essa ci richiede, e da noi esige.
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Quale scriba, che non poteva esser altro che un maestro, ha dettato o trascritto le rivelazioni di questo libro, piegandosi all’imperativo di comporle, di ri-comporle persino, secondo un ordine a posteriori anch’esso dipendente dalla Legge? Del cui senso costituisce anche l’esplicitazione simbolica. Infatti, a partire dagli «elementi indecifrabili della materia», il libro si costruisce in quattro tempi, anch’essi disposti come un chiasmo: il primo (sulla terra) e il quarto (la casa terrestre), all’insegna della cifra quattro, cifra della Terra che ci sostiene e ci accoglie, ognuno composto di sei testi, sotto il segno dell’evento imminente che sarà il settimo a venire; il secondo (sotto il cielo) e il terzo (la guardia celeste) sono invece composti ciascuno di cinque testi, raffigurazione del cielo che ci circonda, noi mortali marchiati dalla cifra cinque.
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Con questo libro Flavio Ermini approfondisce la sua meditazione poetica iniziata con Poema n. 10 Tra pensiero (2001), poi sviluppata nel 2006 in Il moto apparente del sole e nel 2009 con L’originaria contesa tra l’arco e la vita, in cui si intrecciano racconti, argomentazioni, canto. Questa meditazione culmina qui in un estremo affinamento della lingua, espressa dalla voce anonima che dissimula la sua complessità sotto un’impeccabile nudità.
(tr. Anna Chiara Peduzzi)
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