lunedì 5 febbraio 2024

Angelo Lamberti, “Cose da nulla”, Gilgamesh Edizioni, collana La corte dei poeti, 2023, a cura di Carla Villagrossi.

 


Scegliere una posizione rispetto alle due frontiere del tutto e del nulla, quando il tutto è già perso, senza rimedio, e il nulla dilaga, livellando ogni cosa, è, indubbiamente, azione eroica. Ecco come definire l’azione poetica di Angelo Lamberti, nella silloge Cose da nulla, Gilgamesh Edizioni, collana La corte dei poeti, 2023. Il potere dell’immaginazione vi ha un ruolo egemone e certamente assicura la sopravvivenza in un  ambiente così ostile. Ma il suo ruolo è tutto mentale, o ha un reale potere operativo? Anch’essa, alla fine, sembra appartenere al nulla:


Il canto delle sirene


Dal messaggio rinvenuto 

in una bottiglia 

tra le acque del naufragio, 

la realtà smentisce la leggenda.


Rende a conoscenza 

che il canto incantatore 

delle sirene è un cantabile

diffuso in alto mare 

da un silenzio irreversibile.


Per quanto, l’immaginazione parrebbe recare con sé un peso a piombo che ne inficia l’uso a perdere e le consente di mantenere la coerenza dell’analisi. E Don Chisciotte ne è il simbolo. Potendo scambiare mulini a vento per giganti, l’immaginazione non fa che porre in essere un’illusione. Dà la stura alla fallacia e allo “sfacelo di un disguido”. A un  tutto che si svaluta nel niente. Però dà luogo anche a una compensazione, ove il vizio di essere prende il sopravvento. L’immaginazione sembra dispiegarsi proprio a partire dal nulla. È una conseguente risposta; eppure, mette in moto, è ciò che accade. Insopprimibile. E che importa se le sue costruzioni sono autentiche scenografie del sogno, irrealtà.

Come può esserci risarcimento in un continuo equivoco? «Sarà vortice di giallo sgomento / simile a un abbaglio di girasoli». Parrebbe addirittura che sia la disillusione a consentire all’immaginazione il suo ingresso sulla scena. Ribaltamento! Si giunge così a quel «Nulla di Niente / che è un prodigio del Tutto» di montaliana memoria. Il nulla sembrerebbe in agguato, solo se non si considerasse che compensazione e disguido assumono un identico valore.


Eppure, troppo facile l’equivalenza tra miraggio e fanghiglia, tra ciò che è fresco e ciò che appassisce! Qui, Lamberti è memore della donzelletta nel dì di festa. E ancora leopardiana è l’ossessione per il tema delle ricordanze, ove la nostalgia pare apporre una correzione al rapporto tutto/nulla, donando una valenza maggiore ai ricordi rispetto al calcolo disilluso operato sul reale. Ci si chiederebbe dove mai l’immaginazione estragga la sua imperterrita forza, nonostante la consapevolezza dell’inutilità della sua  applicazione. Non può essere solo a cagione di una sensibilità tesa e vibrante. Pur nella “disperanza”, essa non flette di una virgola dalla sua marcia. E Lamberti lascia pensare che a questo inarrestabile impeto si debba riconoscere un valore, si debba accogliere il suo diritto a trasmettersi: i ricordi di conseguenza assumono un ruolo guida, di testimonianza tra esistenze, tra diverse generazioni. Don Chisciotte non è mai stato solo, poiché replicato da tutti i suoi lettori.


Essere o non essere


Per eccesso di stratagemma 

è assorbito dal dilemma 

dell’essere o non essere, 

da non avvedersi del sipario 

che silenzioso cala sulla scena.


Come un sicario.


La morte, divenuta personaggio, assume inevitabilmente un viraggio spettacolarizzato, è buttata nella mischia. Sicché sembrerebbe che non mai a un poeta sia concesso, poiché scrivente, di credere alla verità del solo nulla o della sola morte. Non c’è verità nella scelta di uno soltanto degli estremi. Ben piantato, in mezzo alla pagine, il poeta non può che sperimentare la risibilità di una posizione estremista. Per Lamberti si tratta della strategia dello scorpione che offre qualcosa di non commensurabile alla posta in gioco, eppure il baratto, una volta realizzato, ha ragione di essa. Cosicché, persino Amleto, dopo aver soppesato l’essere e il non essere, così come “il riessere e il non riessere”, in quanto replica del già noto, ammette che “a valor di rinomanza / la realtà non vale la finzione”, ma, appunto, è per risiedere tra loro, tra altri autori, non per uscire dalla scena a braccetto con il solo tutto o il solo nulla. 

La silloge si snoda come una riflessione scandita da intervalli, toccando i libri di Kafka, di Cioran, di Shakespeare, di Cervantes, del Vangelo e pur anche il mito, fino a cercare la “nudità del muro” e gli “spazi dell’afasia”. A tratti la presenza della rima addolcisce la durezza dello scontro tra verità opposte. Allitterazioni le danno sostegno e impongono il lato faceto della versificazione: «Sarà un tentativo di fuga / con ali di cera / dal labirinto invaso / delle ombre della sera». Come del tutto ironico è il confronto con l’idea di Dio, già escluso da un dialogo paritario, assieme alla morte e al futuro, sebbene Lamberti sia navigato autore di teatro e perciò avvezzo alla difficile arte del dialogo. A questi mezzi personaggi, che non danno risposte, che si sottraggono, come si sottrae il nulla, sono dedicate le poesie di Lamberti, costruite tramite un’eccedenza di risposte da parte del solo interrogante. 

La poesia è un valore, se da essa si ricavano risposte, anche parziali, ma concrete. Che mai potrebbe restare di queste povere cose silenti, per colui che ha dalla sua l’immaginazione, che ha lo straordinario ruolo di dover affrontare il male? Saper vivere è un atto poetico.

                                                                       Rosa Pierno


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