martedì 6 aprile 2021

Ornella Crotti “Hannah Arendt. La passione del pensare”, Tre lune edizioni, 2004

 



Nel breve quanto denso saggio “Hannah Arendt. La passione del pensare”, Tre lune edizioni, 2004, Ornella Crotti svolge un’indagine sul pensiero di Hannah Arendt, sulla quale negli anni ha prodotto numerosi lavori, e indica non le linee di sviluppo delle riflessioni della filosofa tedesca, bensì la loro estensione, evidenziando anche l’esperienza esistenziale della filosofa tedesca. Per quest’ultima, la propria condizione umana, se è la via per la quale il proprio essere sfugge, al contempo è anche la via attraverso la quale il soggetto appare agli altri. Che la presenza degli altri sia uno dei piloni portanti nella sua elaborazione, nei decenni successivi alla seconda guerra mondiale, emerge dalla necessità ineludibile dell’atto del perdono. Esso non è un atto che si esaurisca nel suo accadere, poiché non è una semplice reazione. Si pone sulla scena come evento innovativo e sorprendente.


Perdonare anche ciò che si è rivelato imperdonabile. Tuttavia, è un atto che appare incomprensibile, giacché della natura del male radicale non si sa nulla, pur anche quando lo si è subito. Non solo il male appare inconoscibile; anche l’amore si presenta nella sua estraneità al mondo, come passione che può mettere in relazione con gli altri, così come può anche separare. Il tema è svolto dalla Arendt nella sua tesi di dottorato: “Il concetto di amore in Agostino”. Il forte impatto di queste idee sulla sfera pratica, politica e sociale, oltre che morale è indicata con grande cura dalla filosofa mantovana. 


L’indagine sul pensiero formalizzato è sempre necessariamente anche investigazione sul contesto nel quale agiscono i materiali culturali e che costituiscono l’ambito entro il quale il pensiero si forma. Crotti riporta il confronto che la Arendt attua nel dialogo con una pluralità di voci diversissime, le quali concorrono alla complessità del suo pensiero: Aristotele, Tucidide, Kafka, Marx, Nietzsche, Kierkegaard, Kant, poiché un’idea è sempre da prendere assieme alle altre con le quali forma una costellazione. Crotti delinea, in particolare, sia le relazioni con i maestri della Arendt, Heidegger e Jasper, sia quelle con le fonti greche e latine e le scritture testamentarie e neotestamentarie che costituiscono l’humus del suo pensiero. 


La ricerca della Arendt intorno alla vita del pensiero, il quale si esercita nel mondo delle apparenze, viene principalmente articolata attorno ai due temi del pensare e dell’agire. Socrate è una figura privilegiata in quello che si articola come un vero e proprio raffronto. Sfidare il pensiero, costringerlo ad uscire da se stesso appare come azione indispensabile nel momento in cui si affrontano temi di riflessione che sfuggono alla conoscenza. Un pensiero che si aggrappi alle certezze, infatti, diventa imbarazzante e segna la fine stessa della filosofia.  Crotti segnala la tangenza tra Jasper e Arendt sulla questione della verità, la quale è garanzia della libertà, solo quando essa non conosca le risposte alle domande. La libertà dell’essere umano “trova la sua garanzia nella condizione base della ricerca”. Ed è proprio ciò che si vede nelle lacune tra l’agire e il pensare, poiché non si tratta di colmarle, ma di tenere la posizione.


Nella lacerazione tra passato e futuro si annidano paradossi che sembrano bloccare la praticabilità dei due versanti, così che si deve in qualche modo fare affidamento a “un sapere oracolare che, pur celandosi, indica”. Non semplici dualismi, ma una co-appartenenza, una disgiunzione non operabile, prima ancora che si attivi il tentativo di una sintesi. Anche attraverso le categorie del visibile e dell’invisibile si vede in trasparenza la contrapposizione tra ciò che è azione e ciò che è mentale. L’io pensante appare come quella condizione paradossale che è “condizione ineludibile dell’’essere’ preso di sé”. Crotti insegue con grande duttilità i sensibilissimi scarti che la Arendt fa subire al suo pensiero, rendendo in tal guisa palpabile lo snodarsi tra i meandri delle secche di una ragione da tenere sotto controllo, mentre si deve conservare la plasticità degli oggetti analizzati.


Pensare e agire portano la Arendt ad approfondire anche la contrapposizione tra potere e violenza, ove solo la considerazione della pluralità può diventare condizione basilare della vita umana. La storia non si svolge alle spalle degli uomini, non procede autonomamente, la libertà dei singoli non può essere sacrificata allo sviluppo storico, altrimenti si spezza quel filo, imperdibile, che unisce politica e libertà, non nel senso del libero arbitrio, ma nel senso di una libertà in grado di inventare il mondo.


Rosa Pierno






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