La raccolta di brevissimi testi che Marco Furia ripropone in Minime circostanze, Contatti, Genova, 2021, caratterizzati dallo stile dei suoi esordi, ci pone dinanzi a un soggetto, protagonista di queste minime storie, che si nasconde attraverso un linguaggio impersonale. Il protagonista sembra avere una mano che non gli appartiene: “Percossa, a mezzo ossute nocche della mano destra, verniciata superficie di lignea porta, ottenuto vocale permesso di entrata, superò marmorea soglia”. L’elisione degli articoli determinativi o indeterminativi, l’uso battente del participio passato, inclinano per un’esposizione oggettiva dei fatti, che sia priva di interpretazione. L’aggettivazione, sempre presente, qualifica la materia degli oggetti in maniera precisa e sintetica. Da questo effluvio impersonale, però a poco a poco viene fuori una persona. Dall’insieme dei singoli momenti si rivela una sensibilità a volte delicatissima, a volte insofferente. Emersione a cui non si può opporre nemmeno lo scrittore.
Sotto la lampada investigativa, il vero oggetto occultato non è in realtà lo scrittore o il personaggio, ma lo stato interno, ossia quell’insieme di sensazioni, emozioni, passaggi fulminei e istinti di captazione che segnano la nostra intera vita, ma che sono difficilmente fissabili; infatti, essi non avendo un contorno preciso, risultano non estraibili dal flusso continuo e robusto della nostra percezione (vista, tatto, odorato, gusto). Ciò nonostante il dare voce a un pensiero, mentre dinanzi ad un ascensore il protagonista si chiede se sia meglio andare a piedi, palesa che Furia intende esaltare la funzione linguistica come capace di entrare in relazione con lo stato interno e di offrirlo alla comunicazione. Ci rendiamo conto, leggendo, che se non si apre mai una finestra sull’interiorità del personaggio, sui suoi stati emotivi o psicologici, cioè se essi non sono mai descritti con proposizioni che fanno riferimento ad essi in maniera specifica, tuttavia possiamo desumere la vita interiore dai suoi gesti: che sia un moto di disappunto per un’attesa prolungata, per un aggeggio digitale che non sa usare o per avere dimenticato le chiavi, il lettore è comunque in grado di dedurre il flusso psichico dell’agente da codesti elementi.
La loro descrizione linguistica (dei gesti, dei passi, delle cose vedute) consente di cavare una modalità convenzionale per giungere al riferimento dello stato interno, anche se del tutto genericamente. Troppo spesso dimentichiamo che sullo sfondo delle nostre parole, esso resta la referenza inafferrabile. È proprio su questo punto che Furia vuole dirigere la nostra attenzione. Lo fa in diversi modi, anteponendo l’aggettivo al sostantivo, quasi fosse la qualità sensoriale a dominare e, poi, spegnendo l’importanza dell’evento, infilando, cioè, una serie di accadimenti qualsiasi, proprio perché privi di senso in sé, i quali, però, letti uno di seguito all’altro, tracciano in ogni caso, la vita di un essere umano. Non si tratta di epifanie, qui non c’è nessuna rivelazione, nessun senso da estorcere alle centinaia di migliaia di momenti insignificanti della nostra vita, da quelli dall’attesa che, in una sala teatrale, lo spettacolo inizi o della sosta in una stazione degli autobus o della spesa in un supermercato. Certo, l’osservazione è l’attitudine principale di Marco Furia. Coglie lo sguardo di un cane e si chiede se egli percepisca nel nostro stesso modo oppure si chiede se i piccioni ritorneranno anche il prossimo anno a nidificare sul balcone. Tutte questioni a cui egli non cerca una risposta; tuttavia, aver posto la domanda vuol dire avere veramente osservato le cose, impedendo che esse sfuggano alla nostra condivisione, restituendocele tramite il linguaggio. È questa la parola chiave della raccolta
Rosa Pierno
Estratta da ligneo cassetto
Estratta da ligneo cassetto trasparente busta al cui interno erano custodite alcune cartoline illustrate, compiuta rapida scelta, aprì policroma scatoletta contenente numerosi francobolli.
Acceso personal computer, conosciuto, per via telematica, l’esatto importo dell’affrancatura, indicato, servendosi di penna a sfera, l’indirizzo del destinatario, scritta, nell’apposito spazio, affettuosa espressione di saluto, ripose il rettangolare cartoncino entro capace borsa.
Attento sguardo rivolto a quadrante appeso alla parete avendolo avvertito del fatto che, se avesse raggiunto al più presto non lontana buca delle lettere, la cartolina avrebbe iniziato il suo (non breve) viaggio quello stesso giorno, decise di abbandonare, senza indugio, accogliente alloggio.
Sarebbe arrivato in tempo?
Evitato l’acquisto
Evitato l’acquisto d’elettrico spremiagrumi dalle eccessive, ingombranti, dimensioni, poiché intendeva sostituire analogo, ormai inservibile, elettrodomestico, provò, senza successo, a recarsi in altra (poco fornita) bottega.
Percorso a piedi non breve tragitto che lo separava da ligneo portone, salito fino al proprio confortevole appartamento, raggiunta ampia cucina, estrasse da piccolo canestro due arance che, servendosi d’affilato coltello, tagliò a metà.
Infruttuosa ricerca ebbe a ricordargli d’essersi liberato, anni addietro, di vecchio spremitoio a mano.
Impetuosa raffica
Impetuosa raffica di gelida tramontana avendo spezzato più d’una stecca di pur robusto ombrello, riparatosi sotto ampio portico, inserito alla meglio inutilizzabile attrezzo entro cestino dei rifiuti (buona parte del manico sporgeva in maniera ben visibile), acquistò da provvidenziale ambulante analogo arnese e proseguì il cammino.
Altra folata l’avrebbe investito?
Sì, ma questa volta evitò irreparabili danni compiendo rapida, idonea, manovra: esponendosi alla fitta pioggia, rivolse metallico puntale controvento.
In poco comoda attesa
In poco comoda attesa entro affollato ufficio postale, verificò, ancora una volta, l’esatta compilazione di rettangolare modulo (subito riposto, dato l’esito positivo dello scrupoloso controllo, entro profonda tasca).
Dopo avere riscontrato una trascurabile differenza tra l’ora indicata dall’ampio schermo a disposizione del pubblico e quella segnata dal proprio affidabile orologio da polso, attirò l’attenzione di simpatico cane bassotto trattenuto da lungo, sottile, guinzaglio: avendo mostrato di apprezzare affettuose carezze, l’obbediente quadrupede, a seguito di fermo richiamo, tornò ad accucciarsi tra gli arti inferiori di corpulento individuo indossante vistosa cravatta.
Alzato lo sguardo, osservò nuovamente luminoso pannello che offriva alla vista dei presenti, con chiara iconografia, le previsioni meteorologiche.
Ampia vetrata gli permise di notare come alle pronosticate (abbondanti) precipitazioni corrispondesse un cielo parzialmente nuvoloso: più tardi, forse, sarebbe piovuto?
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