Traiamo disordinatamente dalle tre sezioni della raccolta inedita OPHRYS di Maria Grazia Insinga, tre poesie Apnea, Specchio, Liste. Le poesie hanno uno svolgimento doppio (prima e seconda parte), non propriamente un dialogo, ma una stessa scena vista da due diversi punti di vista o tempi, i quali comportano una collazione di diversi sensi che vanno ad ampliare un medesimo lemma, il titolo, a sua volta associato a un sottotitolo, generando, appunto, una serie di significati che si uniscono a grappolo, per cui è subito evidente che per la poetessa è fondamentale che il senso sia quanto più inclusivo per poter esprimere ciò che accade nella realtà. Ancor più che creare nuove parole, sembra dunque necessario allargare l'uso degli striminziti concetti, abitudinari, che abbiamo stipato, spesso in maniera acritica, nella nostra testa, di fronte ai nuovi scenari che la contemporaneità ci obbliga ad affrontare.
Questa azione la si recepisce nella costruzione delle poesie della Insinga soprattutto per il loro essere fortemente ritmate: esse s'incrostano di senso nelle ripetizioni, aumentando la capacità di restituire un significato più articolato, spesso contraddittorio. Dinanzi agli accadimenti traumatici, dolorosi, di cui siamo testimoni, comprendere deve voler dire assumere su di sé, guardare e replicare nella propria interiorità, tentare di sentire nelle ossa, sui denti e sulla pelle, la fame, il freddo, la guerra, la morte. Altrimenti, il rischio è di restare spettatori inerti, di abitare un mondo in cui non siamo presenti.
Le ripetizioni, basate anche sulla sola assonanza, istituiscono un martellante incedere, quasi corrono verso un acme, che, però, più che essere emotivo, drammatico si profila come conseguenza logica. Anche l'acme si raggiunge in due tempi: incentrato dapprima sull'uso di oggetti, di sensazioni fisiche, di descrizioni spaziali e sonore, nel secondo movimento presenta una chiusa che cala come una ferrea constatazione, una conseguenza agghiacciante nella sua inevitabilità. Che sia una posizione morale che si associa all'amore, come se fosse possibile assegnargli solo una funzione positiva, di bene e non anche quella del male, che invece lo attraversa "da parte a parte", oppure l'orribile condizione dei naufraghi, dove il titolo Liste è associato al sottotitolo "fame" e dove quest'ultima non è soltanto fisica, ma è la fame che si ha dell'intero, di quando si era comunità, o ancora, in riferimento al titolo Apnea, in cui, anziché "il fiato" (sottotitolo), è la sete che denuncia l'orrore, la sete che si prova, mentre si affoga, tutto ciò determina un ribattere che scava la realtà fino al suo nervo dolente.
Questa continua spola del senso, che costringe il significato a muoversi, a non arrestarsi mai come non deve arrestarsi la coscienza, è una forza che attraversa tutta la raccolta, costringendo il lettore a una lettura fisica, esperenziale, non certo rassicurante o pacificante. Una scossa.
APNEA
I fiato
Non ci collocavi nell’età giusta
se ne accorsero a Ferdinandea
troppo lunghe le arcate e ingovernabile
la gestione dei fiati e lei
era sempre stata lì era sempre stata
aliena ai morti tra i morti seduta
come si sta sedute da tutt’altra parte.
II fiato
A Finisterrae non si volava per andare su
ma per andare giù al centro della terra
dilazionati dove c’era la madre l’uroboro
a mangiarci la coda e non finire non sentire
il mondo che finisce trovare l’acqua nell’acqua
respirare con le branchie non respirare
differire l’apnea unica voce al centro
e l’unica voce in quel deserto era la sete.
SPECCHIO
se aggiunge male al male
non starà poi così male
I guado
ora accade l’ordine
ora cada
defalchi l’errore la parola
data, d’amore
ora si taccia
II guado
dovresti procurarti il male
procurarle un filo di lame
obliquo rispetto all’asse
per obliare i dubbi
accelerare la corsa della lama
dovreste guadare lo specchio
nel catino di zinco
una vocazione a parte
spacca al centro
e a parte mette il male
e da parte il bene
da parte a parte
LISTE
I fame
eravamo più della somma
ora sottrarsi aggiunge
al digiuno una fame insaziabile
II fame
la lista lunga come la fame
allunga il passo e qui si frenetica
ciò che manca qui si frena e lei
arriva e arriva mille volte
reitera il sonno nel giardino dove
d’un tratto non poggi i piedi
sulle onde e brevi e lunghe forzata
a nuotare l’aria a non arrivare
1 commento:
Cara Rosa, ti sono molto grata per questa lettura della mia Ophrys.
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