Le Abitazioni della Poesia –
Sensibile e sovrasensibile
Da tempo, la chiusura alla verità dell’essere appare
ferrea. La divisione dell’essere in sensibile e sovrasensibile si configura
ormai come cosa compiuta. Oggi, la strada della tecnica appare spianata. La via
verso la verità sembra ogni giorno più impraticabile. La via della conoscenza
al contrario sembra che sia diventata la strada maestra. A tale proposito, le
questioni che Rosa Pierno pone con Artificio
sono: è possibile tornare a esporsi all’essere? È
possibile prendere posizione per l’essere, prima di volgersi a qualsiasi altra
destinazione?
Artificio
si affida alla parola poetica affinché sensibile e sovrasensibile – ovvero
terra e cielo – si ricompongano senza distinzioni. Accadrà? Non è dato saperlo.
Rosa Pierno con Artificio si assume
l’arduo compito di tracciare «il diagramma dei loro incontri, avvicinamenti,
disguidi, mancate coincidenze, fughe, ritorni, incomprensioni, addii definitivi
e sovrapposizioni…».
Il testo va seguito nel suo movimento atto a
ricostruire questa «cartografia d’amore». Sì, perché non di altro si tratta: si
tratta di ridare vita al perduto “dire” – il dire originario – attraverso un
mosaico di parole che di quel dire oggi è solo l’ombra. E se il fine è il
matrimonio, il matrimonio non può che essere «d’amore», così come il linguaggio
non può essere che un linguaggio «d’amore».
Artificio
è un poema fatto in modo tale che la natura stessa – il tutto – diventi per la
poesia un destino. Artificio vuole
rappresentare il mistero del dicente votato all’essere; un dicente posto
davanti alla frantumazione, quando è invece alla totalità che aspira. Si tratta
di tornare alla «materia indivisa», che «mai scompare del tutto», che sempre è
presente anche nella più radicale frammentazione.
Artificio
suggerisce la prossimità del sacro, del sacro inteso come “separato”, segreto e
saturo di vita. Alla vita converrà allora un dire amoroso per ricongiungersi a
«ciò che pareva sopito»: al fondamento originario, primordiale, sorgivo
dell’essere, la verità viva del suo manifestarsi come del suo celarsi.
Flavio Ermini, sul numero 36 della rivista Equipéco,
giugno 2013
Rosa Pierno
Artificio
*
Trapuntato è il cielo di cento e mille astri tale
che costellato è il prato che lo riflette; porporeggia un tramonto quasi
estinto, esangue lungo gli estremi lembi, ove materie estranee si ricongiungono
in agognata quiete. Sereggia, ormai, su questa terra e in cielo.
*
Lo stato del non amore differisce da quello in cui
amore regna per totale mancanza di colore. La realtà non ha luce né suono, né
gusto né alterazione, non arpiona l’animo, né lo trascina; non ci sono picchi da registrare o epiche imprese
da compiere o viale fiorito da percorrere e nemmeno pietraia da superare. Stato
del non amore è vuoto teatro, polveroso palco.
*
All’origine, la materia indivisa già possedeva moto,
preludio di ben altri sommovimenti e tragedie: la terra che si divide dalla
terra, mari che s’allagano e vento che vi scatena drammatiche erosioni. Di
origine, senza andare tanto lontano, si parla anche in meno remote storie. Chi
si unisce e poi disparisce, forse mai scompare del tutto, sempre ciclicamente
ritorna.
*
Nessuna parola finita potrà definire assoluto amore
e, dunque, mille e mille volte sarà necessario ripetere che t’amo.
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