La conchiglia giace come un fiore
aperto, marcescente sulla riva. Un vetro sottile, dal collo lungo, s’impossessa
della parte alta del disegno.
Aperta, e nera sui bordi, con alcune
chiazze che indicano l’approssimarsi dello stato di putrefazione, nemmeno si
gira più nel letto.
Pettini enormi accanto a una
conchiglia bivalve.
Il suo corpo gravato da pressioni
atmosferiche, da cieli senza colore, ridotto allo spessore d’una lamina, era lì
da sempre.
Picchi e vette, cime e
punte; tutti gli oggetti s’ergono,
mentre l’altra metà è affondata nella rena.
I capezzoli puntuti, su dune turgide, fra le onde ricorrenti dei
capelli.
Alcune conchiglie sono dotate di
ombra. Il mollusco vi si rintana come in uno spazio interiore.
Non ha che mani e braccia e gambe
per stringersi. Rimane nuda, preda della luce.
Sono due le linee che
separano i vari livelli della
rappresentazione. Sotto la prima, la rena; fra la prima e la seconda, il mare;
sopra la seconda, il cielo.
Linee di demarcazione segnano
alcune zone del suo corpo. Sotto la
prima, il sesso; fra la prima e la seconda, il cuore; sopra la seconda, il
cervello.
Su un vassoio di pietra sono
stati disposti rudimentali attrezzi da taglio: cocci di vetro, schegge di
conchiglia.
Opera nello spazio cesure
mentali. Dice: “Qui c’è qualcosa di diverso con cui non voglio venire in
contatto”. Nella restante zona s’immerge.
Conchiglie e bonsai. In questa
fase viene evitata la presenza dei pettini.
Nello specchio è vicina e
lontana. Piccola e grande. Sempre con lo stesso corpo.
Accanto a un bicchiere pieno
d’acqua si sperimenta una composizione realizzata con una piantina grassa e una
palla bicolore.
Le mancherà soltanto ciò che più
desidera.
E’ sufficiente aggiungere una
linea che definisca l’orizzonte per ottenere una metamorfosi dello spazio.
Tutti gli oggetti appaiono così poggiati su un piano esterno al quadro.
Rimane sempre estranea a se
stessa, se non nell’atto della congiunzione con un altro essere.
Sul proscenio, una conchiglia
giace con alghe ancora intrise d’acqua.
Il corpo quasi si solleva dal
letto, non vi aderisce per quella particolare qualità che è la giovinezza.
Allargando la schiera degli
oggetti sul piano principale, si cela la profondità dello spazio che li
accoglie.
Sembra che sia tutta riducibile a
quell’unico punto, in basso, fra le gambe.
Conchiglie si srotolano in linee
che disegnano nell’aria voli di bandiera. Quando cadono a terra, lasciano solo
una piccola impronta sulla sabbia.
Calpestata, gettata lontano e
ripresa. Non è altro.
Nascondendo parte del vaso con un bicchiere e parte del bicchiere con
una conchiglia, si può giungere a pensare che l’orizzonte sia un punto,
intersezione di due linee formanti un
angolo.
Tutto il suo corpo punta in
quell’unica direzione.
Con l’accostamento di
oggetti disparati si perviene a un
assemblaggio coagulato esclusivamente dal luogo che li ospita.
Le membra slegate fra loro,
giunte solo nell’atto della copula.
Un campanile posto dinanzi a una
bottiglia, ma così piccolo da far pensare a una bottiglia gigantesca.
Apparentemente non si tratta che
di avvicinare o di allontanare l’oggetto dei propri desideri.
Valve pulsano grazie a un colore,
mentre lo spazio si restringe.
Impallidisce, riduce i movimenti,
rallenta il respiro. Attenderà così il suo prossimo arrivo.
Tutti gli oggetti subiscono una
deformazione. Lo spazio che li vede raccolti si allarga e si contrae.
Movimenti alterni intorno a un
unico centro.
La conchiglia intatta ha macchie nere, che si ripetono su tutto il
guscio.
Dovunque si annidi, ovunque si
celi alla luce, si vede sempre addosso quel chiarore implorante.
Dopo la positura degli oggetti
nella piccola scenografia, la clessidra non viene più capovolta.
Le sue giornate non scorrono
finché non entra in quel luogo.
La scena, a volte, viene
volutamente lasciata priva di presenze.
Attività complesse e
contraddittorie vengono messe in opera.
Persino cipressi sono posti a
recintare l’ombra dei bicchieri, in cui, a intervalli regolari, foglie cadono.
Batte sulla sua pelle come su un
tamburo una frase di diniego.
Non c’è inizio né fine nel
mettere e togliere dal palcoscenico.
E’ un rapporto iniziato in un
albergo. Deve necessariamente finire lì.
Molluschi, carnosi, varianti
continuamente la propria forma, giacciono contro un fondale immodificabile.
Sarà così che andrà avanti la
storia.
Si possono aggiungere persino
cavatappi e soldatini di piombo in questa zona del racconto.
Potrebbe far entrare dalla porta
un elemento nuovo che muterebbe la loro posizione.
Lo spazio che si crea come un
vuoto cilindrico intorno a una bottiglia con bicchiere può essere ulteriormente
trasformato con l’inserimento di una pianta fiorita.
Lei esiste soltanto intorno a un
irraggiungibile pensiero.
La palla che giace accanto alla
conchiglia si va aprendo come un corollario. I grani di sabbia sono grossi come
ghiandole e rendono umido il foglio. Sulla palla e sulla conchiglia pesa, come
un’asserzione conclusiva, una forma frastagliata, a picco sul mare. Polena o
pettine?
Si giungerà al finale della
storia quando la donna verrà disegnata in riva al mare.
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