
bugiarde si fanno e distoniche sensazioni
indicano sensi le simboliche metafore
e misure attese ribadiscono alle cure
stanche e stolte di nevrotiche esaltazioni
le guardinghe iniziazioni stentate passioni
nullità allora s’esprime e nulla s’imprime
i linguaggi van sperduti tristi omoteleuti
disattese melodie povere d’acuti
versificazioni soporifere e stantìe
le mistìfiche malìe svolano quantunque
le disutili risposte così come ovunque
le spastiche spore le isteriche impotenze
Tale ariosa sonorità, impianto fresco
e leggero e diversivo, frastagliato e ricomponibile a oltranza è davvero un’ode
alla letteratura italiana! Ferri vi
innesta, inoltre, un traliccio che serve da aggancio al contemporaneo e che è costituito
da alcuni riferimenti a posizioni critiche maturate nel secolo scorso: il che
non per arricchire un senso che altrimenti si stenterebbe a rassodare, ma per
balzare agli odierni problemi che ruotano intorno al linguaggio. Impalcatura che
larvatamente, appena un fantasma, fa riferimento alle letture strutturaliste e semiologiche,
le quali, messe a confronto con quanto il linguaggio può fare, e naturalmente in
confronto alla poesia, appaiono come limitate e ristrette.
insensati sensi manierate convenzioni
moti in giustificativi etiche fumose
astruse tensioni e dimentiche visioni
àstie e rinvenute inappetenze scadute
immalinconìe maligne interstardate e inani
si divergono le mani nei gesti insani
simboli adusi i stanchi miti consunti
le deboli tesi ai vocabolari appese
artefatte
pose quando la parola invece
‘sì
libera e forte in sé trascina la sua
sorte
si rivela prolifica ai sensi vigili
sdogana
sigilli dal nulla esplode
lapilli
Inno, dicevamo, alla poesia, tracciante
una circonferenza che va dalla libertà
che il linguaggio consegna – valga come esempio paradigmatico il problema
che Celan ha voluto affrontare e il modo in cui lo ha magnificamente risolto,
proprio quando si credeva che il linguaggio, limitato, non avrebbe nulla
concesso all’espressione delle più inaccettabili esperienze umane – all’aspetto
ludico della poesia, troppo forzosamente separato dalla conoscenza per essere
pienamente centrato!
Non si dirà mai abbastanza che la
specificità della poesia è tale che non può ridursi al metalinguaggio, al
linguaggio della filosofia. Con la sua forza eruttiva non solo apre squarci non
riducibili alla sua sistemazione teorica, ma addirittura brucia il concetto di profondità temporale agglutinando
passato e presente nel medesimo lasso di tempo, come d’altronde accade in tutte
le forme artistiche.
I testi poetici della raccolta
indicano tutti che la tradizione è forza viva, sempre capace di rinsaldare col
lettore un patto di necessità.
perciò m’ingegno entro la mia gabbia
chè sabbia della svenevolezza
si riproduce in rabbia e durezza
vince disfarsi della vecchiezza
appare di metro antico eppur
quel che dico fluisce nell’intrico
tanto che il segno costringo a dire
la prima natura quando al grido
al canto non s’opponeva usura
della vita pur sempre avea cura
la parola all’ossessione imposta
mai forniva strumentale risposta
E, dunque, se proprio una dichiarazione
di poetica deve essere, non può che riguardare il valore primigenio, creativo
della parola, la sua capacità di non subire usura se non quella che riguarda l’incomprensione
della sua vitalità. Insomma, nelle poesie che Gio Ferri ci consegna, con la sua
consueta grazia e infinita cortesia, ci sono innumerevoli spunti di riflessione
e momenti di godimento, offerti contemporaneamente al piacere, all’intelletto,
all’emozione.
Rosa Pierno
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