La neve di Courbet
Con “Paradossale Cromatico Trattato”, Rosa Pierno, autrice anche dell’acquarello dalla non comune intensità cromatica riportato in copertina, si interroga sul valore del linguaggio logico.
Leggo ad esempio a pagina 19
“Le teorie cromatiche sembrano voler trovare una ragione di quelle cose di cui non c’è ragione. Sistemi di regole vengono sottoposti a torsioni non indifferenti, ma l’armonia potrebbe appartenere anche a una discordanza”
e a pagina 47
“Ciò che è vero nella logica , non è detto sia reale. Ci sono differenze fra i due ambiti che fanno tremare i polsi! Meglio far coincidere l’opera con la realtà per trarsi d’impaccio, affermò il Bianco Coniglio, il quale non era affatto bianco se non logicamente”.
Viene da chiedersi: fino a qual punto la logica può ritenersi efficace? Esistono linguaggi validi non (o poco) logici? Otre c’è pur qualcosa?
Ovviamente risposta logica, esaustiva, non v’è: vengono alla mente atteggiamenti propensi a riti magici, misticismo, intense pratiche religiose, eccetera.
Mi pare però che non sia nei suddetti ambiti che Rosa intende muoversi.
Il suo è un perseverante, quasi battente, porsi quesiti dall’interno del linguaggio e la risposta per lei consiste nell’attento racconto di un interrogarsi che assume molteplici aspetti.
Leggo, ad esempio, a pagina 50
“Sembrerebbe esservi una differenza incolmabile tra la sfumatura che ha il cielo e la sua resa mediante pigmento”
e a pagina 54
“In un quadro di Courbet , la neve si colora delle tinte vicine. È un bianco-blu, un bianco-rosso, un bianco-terra, un bianco-sporco, un bianco-grigio. Neanche nel reale, la neve è mai bianca. Solo la parola bianca è interamente bianca, senza riflessi, né ombre”.
Siamo al cospetto di un intento di ricerca che del ragionamento non ignora i limiti.
La magia, il misticismo e certe pratiche religiose cercano e talvolta propongono risposte esterne ai parametri logici, Rosa indaga su contraddittori aspetti interni.
Contraddittori in senso stretto ma, per così dire, sopportati, spesso ignorati, nella vita quotidiana: continueremo ad apprezzare il quadro di Courbet, senza dubbio.
Il linguaggio, in ogni modo sempre aperto a ulteriori sviluppi, è indispensabile strumento umano, sicché talvolta occorre accettarlo così come si presenta (come dimostra la stessa autrice con il suo policromo acquarello).
Frasi quali
“Non si tratta di interpretare, ma di vedere. Di avere a disposizione poche regole: dall’oscurità non può stillare un lumeggiare, il bianco non è composto da altri colori, né può essere limpido. Sono proposizioni empiriche diventati concetti a priori nella grammatica dei colori. Nulla che serva agli artisti, i quali cercano a lungo il timbro giusto che completi il loro quadro”
e
“Sembrerebbe esservi una differenza incolmabile tra la sfumatura che ha il cielo e la sua resa mediante un pigmento. A dimostrazione del fatto che la pittura non è mai mimesi”
mostrano come, secondo Rosa, certi “concetti a priori” siano spesso d’intralcio (e, aggiungo, non soltanto ad artisti e poeti) ma in ogni modo esistano: ed è proprio nel rapporto-confronto con essi che “Paradossale Cromatico Trattato” trova la sua più intima ragione d’essere.
Non si devono sostituire a priori con altri a priori poiché all’esistere (artistico e non) occorre muoversi su un terreno scabro, talvolta irto di difficoltà, non su una liscia lastra su cui viene a mancare l’attrito del vivere.
Insomma, un perseverante invito a non ignorare certe problematicità ma a costruire tenendo conto di esse la via di una consapevolezza aperta a ulteriori sviluppi.
Anche scrivendo e dipingendo, senza dubbio.
Marco Furia
Rosa Pierno, “Paradossale Cromatico Trattato, gattomerlino, Roma, 2025, pp.78, euro 15,00


