Un ignoto silenzio?
“Il tocco dell’ignoto”, intensa, sapiente, raccolta di Stefano Iori, potrebbe anche essere intitolata “Il tocco del silenzio”?
Se sì, fino a qual punto?
Ignoto e silenzio, non certo sinonimi, hanno qualcosa in comune: innanzi tutto, direi, il senso di sospensione.
Immaginiamo di attraversare un oceano sconosciuto privi di punti di riferimento: quale sarà il nostro destino?
Raggiungeremo una costa o non arriveremo mai alla terra ferma?
Si tratta di una sospensione temporale quanto esistenziale: quel tempo che manca, eppure c’è, siamo noi immersi in un attimo che dura non si sa fino a quando, ossia in una sorta di presenza latente (non a caso, “la sapienza corre / a partire dal dubbio”).
Quanto al silenzio, è anch’esso partecipe del senso di sospensione: chi o che cosa romperà il suo incanto?
Non si tratta, però, come nel caso dell’ignoto, di durevole attimo, bensì d’una parentesi, d’una necessità e nello stesso tempo di un accidente.
Comunque, il silenzio, come l’ignoto, ci coinvolge, ci tocca:
“Il silenzio è la forma non forma dei nostri modi di affrontare l’ignoto che nella sua immanenza ci rende attoniti e muti, ma capaci di intendere l’inudibile”
e ancora
“Il silenzio è voce dell’ignoto che sta
immanente
un fiato sopra noi
burbera, incomprensibile,
baluginante assenza”.
E forse una “poesia” che “s’acquatta / nei buchi di vento” è la forma espressiva più adatta a suggerire che
“Nel silenzio svuotato
l’assenza risuona”.
Del resto, pronunce dal tono dichiarativo come
“L’energia che abita la poesia sottende la capacità e la potenzialità della domanda quale motore inesauribile della creatività. L’opera artistica è la risposta a dubbi e istanze di un autore che si concretizza in un frutto, una silloge, un quadro, una melodia”
paiono introdurre sapienti riflessioni sulle umane maniere di pensare e parlare delle (variabili) modalità non certo esenti da incompiutezze e difetti:
“L’umano controcanto fluisce da poesia e filosofia. Esse si illuminano vicendevolmente poiché le loro ombre sono della stessa immateriale natura”
“Il gioco del pensiero è sempre imperfetto, ossimorico, dinamico fino all’eccesso nella danza inevitabile della differenza. Ombra del dire che vive nel contrasto”.
In sostanza, mi pare che Iori proponga una sorta di persistente contrappunto tra ignoto, silenzio e pensiero-parola, ossia un verbale, fluido, alternarsi che chiama in causa la complessità dell’essere.
Ci siamo come ci siamo e poco importa il perché.
Il perché tende a spiegare mentre la poesia illumina di un chiarore che è originale forma d’immediata conoscenza.
Mi sembra questa, alla fine, la profonda consapevolezza che il Nostro riesce a comunicare avvicinando con assiduità il lettore a un poetico intendere: poetico intendere inteso quale attiva propensione, possibile atteggiamento che non esclude a priori nessuno.
Umano tra gli umani, Stefano riesce a raccontare con intensi tratti un sé che è anche un noi offrendo feconde prospettive: impresa non facile, davvero.
Marco Furia
Stefano Iori, “Il tocco dell’ignoto”, peQuod, Ancona, 2023, pp. 85, euro 15,00
Nessun commento:
Posta un commento