Il libro Indistinte spaziali di Eros Trevisan si compone di tre poemi maturati dal 2007 al 2019, la cui durata temporale trova una sicura giustificazione nel lavoro tipografico che l’autore ha dovuto affrontare per raggiungere lo scopo che si era prefisso: un continuo meccanismo che batte primariamente tra ciò che è visivo e ciò che è sonoro.
I poemi, che già tipograficamente hanno una forte componente visiva, sono come strutturati dai disegni di Efren Trevisan, i quali attraversano, quasi un vero e proprio filo d’oro, il tessuto testuale. Stampato in tiratura limitata (sessantasei esemplari), il libro è un’immersione linguistica felice. Camillo Pennati, dapprima interdetto dalla imprecisione lessicale che rileva nei testi di Trevisan, come riporta la lettera all’interno del libro, ne è in seguito conquistato, comprendendo il liberatorio e liberante atteggiamento che svelle le concordanze lessicali, verbali e in generale la struttura sintattica, per costruire un linguaggio del tutto personale, fatto di incontri e disguidi semantici basati su allitterazioni e assonanze. Se ci si fa trascinare da questa prorompente vitalità, ci si trova a seguire l’autore su scivoli e in tunnel spazio temporali (uno dei testi si riferisce al cinquantesimo anniversario dell’allunaggio) e a sbarcare su sabbie coloratissime. Il viaggio è il tema che lega i tre poemi visivi, ma il principale percorso è certamente quello condotto all’interno delle sorprendenti metamorfosi del lessico, quando così frantumato, ritorto e ricomposto.
L’attitudine grafica del testo è prevalente: esso non sarebbe completo senza i grafismi e gli inserti figurativi che quasi fungono da base per la contaminazione in atto nel tessuto scritturale. Ogni parola, infatti, vi subisce una deviazione a metà della sua stesura, divenendo un’altra parola secondo due procedimenti: o applicando un metodo di sostituzione di sillabe e/o consonanti per raggiungere una parola prossima foneticamente o seguendo assonanze con la creazione di un innesto fra parole diverse. Sono continue disgressioni nel cuore stesso del testo, non semplicemente contenutistiche; esse riguardano tutti gli aspetti del linguaggio, sia in relazione al significante che al significato. Pertanto, se Trevisan ha sempre profondamente ammirato Pizzuto, ha anche accelerato fino a oltrepassare la cinta del perfetto equilibrio dello scrittore siciliano, in direzione avanguardistica.
Il poema ha precise coordinate teoriche, discendendo da Un coup de dés jamais n'abolira le hasard di Mallarmé, poema che ha introdotto la considerazione degli spazi bianchi, delle masse tipografiche come componenti che appartengono al significato del testo. Il poeta francese con tale posizione ha scandagliato un corso rarissimamente perlustrato in precedenza da fluenti acque, che da quel momento in poi è divenuto irruento nelle avanguardie del Novecento.
La tipografia in Indistinte spaziali ha una funzione aggiuntiva rispetto a quella di disegnare il corpo delle lettere, in quanto avente una sua capacità di partecipare alla costruzione del verso, di ritmarlo con i suoi segni di interpunzione, con le caratterizzazioni in neretto e in corsivo o con l’uso di caratteri non appartenenti all’alfabeto (filettatura, caratteri numerici, ecc.). Kurt Schwitters, sulla rivista Merz aveva segnalato la capacità della tipografia di essere un luogo attivo di significazione. Eliminando l’occhio come simbolo di una percezione passiva, ma facendo riferimento alla vista come pensiero visivo, egli aveva indicato che bisognava dare forma alle idee attraverso le lettere dell’alfabeto, comprensive dei rapporti di spaziatura e struttura della pagina, svelando in tal modo le tensioni agenti nel contenuto. A ruota, El Lissitzsky scriveva che i processi della percezione sono coinvolti in prima istanza e le lettere potrebbero veicolare a loro volta un autonomo contenuto: quello di nuove forme visive. Majakovskij metteva in atto questa tendenza nel suo libro Dlja golosa, testo dominato dal sistema di segni tipografici, i quali inseguono un’onda musicale e si sviluppano prioritariamente in modo visivo. Autori, insomma, che, sulla scia di Mallarmé, ma anche sulla scorta di intervenute nuove esigenze di comunicazione diretta, semplice ed empatica, intendono innalzare l’autonomia tipografica per farla entrare in relazione diretta con il testo. È in questo ambito, che avrà poi un seguito nella partitura poetica di Ezra Pound, che si colloca Eros Trevisan, il quale affida la parte più propriamente visiva ai disegni di Efren Trevisan, avocando a sé la partitura tipografica. I disegni di Efren si inseriscono con amabile leggerezza e raffinata semplicità all’interno dello svolgimento testuale. Intridono, senza prevaricare, attuano uno scambio, mai sostituendosi al testo. E, tuttavia, si crea tra testo e immagine una tale commistione che non si percepisce quasi più la parte verbale e quella visiva come esistenti distintamente. Sembra anzi che non si potrebbero separare, senza manomettere l’opera, la sua visione unitaria.
Se variare continuamente lo stile e il corpo del carattere vuol dire fargli assumere una valenza visiva, tuttavia, mai si deve intendere che il testo, iperlavorato, non sfoggi di per sé un forte intento dissacratorio, già mediate il suo horror vacui, a cui partecipano anche le note (che funzionano come un testo nel testo: non chiariscono, ma depistano).
È un firmamento costipato, dove il senso è il materiale che si intende accumulare. Un senso ipertrofico, sempre straniante, che per questo tende a svanire puntualmente, soccorso, in staffetta, dalla prossima, incombente occorrenza, che, a sua volta raggiunta, già dilegua. Il senso è l’emergenza, ma è anche ciò che meno si ancora sulla pagina. Tuttavia, una siffatta enciclopedia ci svela i meccanismi del linguaggio, quelli che non bisogna mai assumere come dato non perlustrabile. Eros Trevisan costruisce e ci fa ammirare il magnifico gioco di specchi del funzionamento linguistico, giocato su una continua permutazione fonetica, sensoriale e semantica.
Rosa Pierno
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