lunedì 13 maggio 2019

Vincenzo Scolamiero “Della declinante ombra” al Museo Carlo Bilotti, Roma, dall’8 marzo al 9 giugno 2019


“Ogni cosa ad ogni cosa ho detto addio”


Se il colore curva, si espande a ventaglio, colando come una stoffa che non perda mai le sue pieghe, ed espone una virulenza appassionata al cui confronto le corolle di fiori risultano sbiadite, allora colore è meno di una materia e più di una superficie. Ci sentiamo anche noi invischiati nel miele pittorico dei quadri di Vincenzo Scolamiero, nella sua personale al Museo Carlo Bilotti Aranciera di Villa Borghese, presi, al pari di un insetto, nella trappola di un’ambra. 

Come recita il titolo dell’opera Poi null’altro era rosso (2018, acrilico su tela) davvero nessuna cosa può avere un colore differente. Lo spazio materico impasta tutto ciò che trova, rametti e foglie secche, ed esiste solo in quanto è colore. Se in tale impasto si identifica una foglia, non se ne riconosce la materia. Stampigliato come una moneta nello spazio del pigmento,  il virgulto appare d’argilla. Nulla di più arcaico e fossile di una pianta. Elemento indistinguibile dallo spazio che lo ha ricevuto e unico ‘altro’ che si incontra, diverso da sé. Non una natura da cui si proviene, ma una natura a cui è solo possibile ritornare.

Il pigmento, in emulsione, ricopre i racemi, stendendo un velo pietoso sul fragile rinvenimento, retrocedendo e dispiegandosi al pari di un’onda sonora. Solo così si manifestano le profondità, pur inesistenti, della superficie. Si vorrebbe sollevare o scostare le pieghe. Della declinante ombra (2018, inchiostro di china e pigmenti su tela) indica esattamente ciò che non si produce sulla superficie. Se le cose annerite, gli arbusti carbonizzati siano l’ombra di un verde complementare o la cosa stessa senza volume lo si deve dedurre dalla composizione, senza che siano dati gli strumenti per trarsi d’impaccio. Arte non semplifica e rende artificiale il naturale.

Il colore gioca a rimpiattino. Cremoso, ricopre altre striature, precedentemente realizzate. Le increspature del raso, mimate dalla materia pigmentale, sopraffanno la ruvidezza della tela. (Tratto da una storia vera, 2018, acrilico su tela). Se, a tratti, essa traspare, è solo perché funge da misura per le asperità e le inusitate fluidità della pasta pittorica.

Nella serie di carte aventi titolo Ogni cosa ad ogni cosa ho detto addio (2018, inchiostro di china e pigmenti su carta) l’inchiostro si ramifica nelle righe di un’epidermide, trasmettendo alla cartilagine vegetale l’orma di qualcosa di vivente. Piume e ranuncoli non diverranno polvere, dall’arte salvati; fiori, stropicciati e premuti, vi lasciano, vividi, la freschezza della propria gota col loro strepitoso intingolo rosa e, ancora, il brano di una tenda a pieghe, col suo decoro floreale, rimembra la differenza tra naturale e artificiale.
Quando l’inchiostro non è ancora asciutto, l’artista insiste lungo i bordi degli elementi raffigurati, sottolineandone gli orli frastagliati che appartengono a ogni forma. Se tutto può rimenare alla ripetizione della forma intera, ogni cosa può anche ricondurre a una forma similare, appena discosta. La pittura di Scolamiero è, infatti, una pittura che si vorrebbe disperatamente toccare, al fine di coglierne le minutissime variazioni. Non è solo visiva, ma tattile. Richiede di essere letta come un alfabeto Braille che insegni a sentire, più che la forma, le venature che la innervano. Più che lo spessore, la fragilità della sua sostanza.

Petali di orchidee zigrinate sono ottenute roteando e premendo flessuosamente il pennello e, allo stesso modo, si cercano gli effetti delle volute del fumo, dei rami in controluce, delle vellutate interiora del nero. Imprimere non è mai azione perpetrata a sufficienza. E se la realtà fosse di solo colore, se non avesse la terza dimensione, non avrebbe forse l’evidente intensità di una tale cromia, che, simile a una colata lavica, si stia raffreddando sotto il nostro sguardo?

Poi null’altro era rosso ( 2018, olio su tela): rosso su fondo oro, memorie di gotiche oreficerie, la pittura di Scolamiero non depone la tradizione. Essa si dirama in riverberi e fulgori. La preziosità stringe se stessa in un assedio, in un’effusione incandescente, e di sé arde.

Il colore, se tirato via con uno strappo, mostra ancora il cuore caldo del tono. Dall’esterno all’interno senza soluzione di continuità. Sulla superficie ossidata, fiori e madrepore, coralli e foglie non hanno un’altra consistenza. È ovunque la medesima! Il colore è tutto: forse, mai sono esistite le sagome dei fiori impressi sulla tela! Forse, come su una superficie degli eventi, vi permangono le informazioni memorizzate dall’artista, quelle recepite di fronte alla natura. Cosicché la percezione non risulta mai scalzata da tali opere, ma si pone in un serrato dialogo. Osservazione e produzione artistica si mescolano continuamente, legati indissolubilmente da un colore che sa rastremarsi fino all’essudazione. Ancora tracce ambigue lasciando (Come il cielo alla terra legati, 2016, olio su tavola).

Che qualcosa sia lontana/vicina, aggiunta/strappata, estroflessa/impressa, ciò che si rileva è che non importa la forma, se non la sostanza del colore. In un giro di vento (2017, olio e pigmento su tela), nell’instabilità degli accadimenti, il pigmento è la roccia che rende la percezione una salda certezza.  Una pittura di solo eroico colore che s’incarica di assorbire e restituire tutte le forme possibili!

Sebbene in alcune opere la geometria intervenga, operando partizioni che introducono il tempo, quest’ultimo, stremato dalla sostanza, non produce che riflessione e rimandi. Rotea, lo sventagliato colore, e si fora, mostrando il pizzo delle foglie secche, quando oleoso non aderisce subitaneamente agli strati precedenti. La superficie è fustigata dalle erbe mosse dal vento: ogni cosa lascia la propria orma nella pasta cromatica. Solo le note – la scrittura musicale di Silvia Colasanti, nel libro d’artista dipinto da Scolamiero per EOS Edizioni – scivolano, glissando, sulle variazioni tonali del pigmento per attrarre a sé, la sola musica del colore.


                                                                                                    Rosa Pierno

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