Unire l’impossibile non è soltanto una contraddizione, ma anche un’operazione fattuale per Georgina Spengler, in quanto realizza entrambe operando con materiali visivi tratti dalla nostra tradizione iconografica. Le tavole lignee trattate a olio e a carboncino, tutti dittici, anziché avere la parte interna utilizzata come superficie per scrivere, come analogicamente verrebbe in mente in quanto la forma libro è fortemente presente, mostrano la fusione di frammenti figurali al fine di costruire un insolubile enigma.
Le immagini sono ottenute facendo combaciare le tavole, le quali dapprima vengono cosparse parzialmente con uno strato di pigmento ad olio, per ottenere la medesima doppiatura presente nel test di Rorschach, che è alla ricerca di diretti riferimenti nel nostro inconscio. Non si deve sottovalutare l’aggancio con una lettura che è essenzialmente interpretativa e priva di fondamento, poiché la molteplicità semantica è in questo caso caratterizzata dalla sua illimitatezza, dalla sua libertà dalle convenzioni.
I colori prevalenti di questo fondo-generatore, ottenuto con il combaciare delle tavole, sono i blu e i verdi che richiamano il globo terrestre/acquatico. In questa ulteriore profondità, diversa da quella interiore, nuotano abissali mostri da girone dantesco, tartarughe o delfini con le zampe. Sono ancora mostri dell’inconscio, ma anche figure familiari da libri per l’infanzia. Si percepisce la continua osmosi che si attua sulle tavole tra profondità fisiche e mentali, interne ed esterne, dove è proprio l’orizzonte di riferimento a cambiare, donando ai medesimi oggetti, sensi di volta in volta diversi.
La mostra intitolata “Thàlassa /Ouranòs” allude a questa specchiatura non collimante, a questa incongrua doppiezza tra ciò che non combacia e da cui i significati emergenti sono a loro volta rappresentazioni che emergono dal passato, prelevate di sana pianta dalle memorie di antiche carte nautiche, quasi ricordi ancestrali. Mescolate con i ricordi della propria esistenza, acquistano un sapore familiare, una capacità di amalgama in continuo divenire, in cui il tempo è funzione della rappresentazione e non è quest’ultima ad essere determinata dalla linearità cronologica.
Ma ancora dobbiamo tenere in conto che vi è un ulteriore inversione: la negazione della profondità, o la sua visualizzazione tutta superficiale, qualsiasi essa sia - terrestre o umana - è il paradosso a cui facevamo cenno, con il conseguente invito a pencolare sulla reale in quanto illusoria è la linea di separazione che divide il noto dall’ignoto, l’io dal cosmo, il visto dall’immaginato.
Rosa Pierno
Inaugurazione 17 maggio 2018, ore 18
Via di Monserrato, 30 - Roma
Dal 17 maggio al 30 giugn
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