Forato da un ritmo del pensiero, che abbia passo figurato, e innalzato a più astruse vette: consunto planisfero da ruvida vista sfiorato.
Lacune non impressionano il foglio, lo rendono inabile, però, ad accogliere il pigmento. Neanche un passaggio virulento, attacco sferrato da un fucsia fiammante, vi può attecchire.
Due minuscoli fori replicano in lontananza i due globi acquorei, i quali si estroflettono, proiettando sul rettangolo la strabordante calotta di un mondo immaginario.
Consumare la carta fino a renderla trasparente con stilettate di pastello, per ottenere che materia e forme invertano le caratteristiche e, algide, se ne stiano a confondere vista, ragione e cuore.
Efferate scalfitture con acuminate mine ricoprono la diaccia superficie. Gli assalti appassionati non hanno potuto oltrepassare la linea dei bianchi ciottoli dell'argine astrale. Il cielo, tuttavia, non vi resta confinato. Tutto intorno evapora e s'allontana.
Le punte acuminate delle matite irrigidiscono la carta, invetriandola: finestra che mena direttamente sull'orbita a venire.
Al pari di un materiale ferroso, il pigmento si polarizza intorno ai fori da cui per contrasto s'eleva un azzurro pieno e denso. D'intorno è un pullulare di fermenti e moti, di arrese veglie e mai raggiunte mete.
Uno spolverio iridato di goccioline, di madide sfere che cadono a piombo. Un'apparente facilità contraddistinta da un mendace atto: per questa cosmica visione, la mano depose ciascun istante della vita sul palmo di carta.
Lungo le irrorate scie che lo sguardo persegue nella stellata volta, il mitigato chiarore ospita un più denso ponderare. Le vie non sono infinite, ma obbediscono a una sola obbligata linea, quella destinale.
Se cielo fosse immagine di specchiata terra, avrebbe solchi, arsi crepacci, valli e dossi. Solo con la polvere azzurra e blu, terra avrebbe l'ardire di imitare la celeste volta.
Una disposizione di fori bianchi, delineante un triangolo privo di base, rende tale geometria incompossibile a ciò che si può osservare sulla terra.
Sulla cartografia si dispiegano segni, fessure, addensamenti, sovrapposizioni, mentre luna, incurante del taglio inferto dal bordo della carta al satellite, prosegue lentissima ed esangue nella sua orbita.
Giochi speculari, con tagli e riposizionamenti, con scomparse e riapparse sagome, non sono ciò che l'occhio nudo consente di vedere.
Un pullulare di punti, lune nelle lune, cosmo nel cosmo, in un meccanismo di rullanti incastri, brulichio di minuscoli astri, proliferazione insonne, inesausta ricreazione: tutto per riempire l'altrimenti candido foglio.
Il profilo del cerchio, la totalità proiettata sul foglio, non si può assimilare alla linea dell'orizzonte, poiché da essa origina sostanza e colore. È la piega tra la materia e il nulla a formare bolle e punti, in un celestiale sfarinio di mina.
Un'impercettibile tendenza al violaceo inclina per l'esistenza di un tempo attuale, non ancora rimarginato. Intorno, vi sarebbe ancora una sorta di tracciato pulsante: segno dell'esistere.
Fra le elencabili caratteristiche della simmetria non era ancora nota quella della negazione. Un pianeta sarebbe, specchiandosi, un'assenza, imporrebbe il suo calco all'universo intero.
Si espanderebbero gli astri, mentre si corrugherebbe e rapprenderebbe lo spazio percorso da stelle di cui non si individua il piano.
Un lavoro irreprensibile svolto sui confini di una sostanza colloidale, semi liquida. Appena un'orma lascia il pianeta, che persegue la sua traiettoria sul foglio.
Potrebbero l'erba e le stelle specchiarsi in lacerti di cielo e zolle scolorire fra canali d'acqua e gallerie sotterranee, ove persino le profondità del cielo digraderebbe in miriadi di familiari gocce.
Le fitte tramature percorrono in ogni direzione uno spazio franto. Testimoni di ere chiuse a qualsiasi valutazione. Inferte tracce da un demiurgo riassorbito nell'opera.
Rosa Pierno
1 commento:
C'est magnifique!
Renée
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