lunedì 8 luglio 2013

Jacques Derrida “Sulla parola” nottetempo, 2004



Sulla parola di Jacques Derrida, nottetempo, 2004, raccoglie una serie di interviste curate da Catherine Paoletti, nell’ambito di un ciclo di trasmissioni su France Culture, assommando istantanee filosofiche davvero limpide e nitide. Affiora il tema del diario e dell’autobiografia, in quanto per il filosofo francese ogni tipo di testo è autobiografico almeno quanto non lo è, ed emerge soprattutto il tema della scrittura poiché  strato che s’inserisce in ogni pratica (filosofica, scientifica e persino artistica) sino al punto da far immaginare a Derrida una possibile compromissione tra i generi attraverso essa. Tale compromissione darebbe luogo a un discorso capace di tenere insieme le diverse pratiche culturali (le questioni filosofiche, antropologiche, letterarie, il rapporto tra scrittura, firma, ecc.) ponendo questioni critiche “decostruttive”, nate per rispondere a ciò che prevaleva nei discorsi strutturalisti dell’epoca (Lacan, Foucault, Saussure). Il tentativo era quello di “restituire i loro diritti a quelle questioni reprimendo le quali la filosofia si era costituita” e che invece la letteratura aveva consentito di formulare, essendo quest’ultima “un’istituzione indissociabile dal principio democratico, cioè dalla libertà di parlare, di dire o non dire ciò che si vuole dire”. Tutto ciò aveva come conseguenza la necessità di riattivare in filosofia il simulacro, la finzione “che può costituire ogni discorso”, in particolare quelli che producono diritti e norme. Naturalmente, accettando i rischi che la letteratura comporta: “dico qualunque cosa perché non sono io, posso confondere l’etica con l’estetica”; il testo divenendo, in tal modo, una traccia non appartenente più all’autore.

È in relazione a ciò che Derrida parla della sua esperienza di insegnamento al Collège International de Philosophie, poiché essa gli ha consentito di accogliere nella filosofia altre discipline, disegnando nuove mappe e approntando relazioni non gerarchiche. Mentre dal punto di vista del rapporto dell’indagine con i problemi sociali e politici contemporanei, la questione si è per lui incentrata sul non assumere niente come definitivo: ad esempio la tecnologia può ugualmente servire la democrazia e non solo costituire un pericolo: “poiché si è presi fra imperativi contraddittori, la risposta giusta non può avere una forma generale, fissa e statica. È necessario reinventarla”.  Se Derrida ammette che ciò che dice nei suoi testi può anche risultare contraddittorio, ritiene, però, che ciò sia, al contempo, quel che resta di più vivo, di più ricco per l’avvenire. La tensione contraddittoria ha a che fare con la questione della responsabilità, ma anche del desiderio: “Il desiderio si apre a partire da questa indeterminazione che possiamo chiamare l’indecidibile” e che è, appunto, il contrario di ciò che è paralizzante. Il filosofo afferma che non a caso a lui si possono attribuire un gran numero di filiazioni (da Nietzsche a Lévinas, da Husserl a Sartre), dove “questa eterogeneità non significa un’opposizione”, ma un lavoro instancabile per “sbarazzarsi delle sedimentazioni speculative e teoriche, dei presupposti filosofici”. L’obiettivo è quello di cogliere la cosa “nella sua presenza pura, piena, ma anche dialettica”. Il filosofo francese sviscera il suo rapporto con la fenomenologia di Husserl, presentandola come risorsa della decostruzione, ove quest’ultima “è impensabile senza un’affermazione”, la quale però non è credula, né dogmatica, volendo aprirsi all’apparire che non si costruisce.

Molte pagine, in questa raccolta di interventi, sono dedicate al rapporto politico  verità/menzogna (a partire da Kant e passando per Freud e Lacan, Koyré e Arendt), sull’attualità del marxismo,  sul rapporto giustizia/perdono: in ogni caso l’attenzione di Jacques Derrida è volta sempre ad analizzare le varie voci e a interrogare l’evento nella sua singolarità, assieme al modo di restituirlo dal punto di vista testuale.   

                                                                                  Rosa Pierno

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