Il primo dei due testi dedicati da
Gilberto Isella ad Antoni Gaudì nella nuovissima raccolta “Preludio e corrente
per Antoni”, Salvioni Edizioni, 2012, con le splendide incisioni di Loredana Müller
Donadini, è del tutto inusuale, poiché prima ancora che effettuare una lettura
dell’opera artistica avendo come guida l’opera di un filosofo (si pensi a
Bonnefoy coi suoi numerosi testi sull’arte e in particolare a “Roma 1630.
L’orizzonte del primo barocco”), qui si sente un architetto che parla con la
voce di un filosofo. Crediamo di ravvisare il filosofo in Nietzsche e crediamo
che alcune parole estratte dai suoi testi, al pari di un’ossatura, reggano e
direzionino il senso con cui Isella intenda innervare il lavoro di Gaudì, quasi
per esplicitare le sue nervature più sottili. Qualche esempio: “suono”,
“senso”, “rancore”, “risentimento”, ”cammino”, “simulazione” “assoluto”,
“nulla”. Singole parole, dicevamo, ma sostanziate a loro volta da un dire
poetico che è un fiume in piena, irruento e profetico, che ha la forza di
travalicare qualsiasi cesura o limitazione, che non si arresta nemmeno di
fronte a quell’“incompreso irriso” che accomuna le due personalità. Il progetto
di Gaudì, così come il pensiero filosofico di Nietzsche, supera d’un balzo l’idea
corrente di costruzione, assomma a sé un senso nuovo, venuto fuori
dall’azzeramento di tutto ciò che è precostituito e non solo simbolicamente. Le
intersezioni attuate da Isella attraverso il linguaggio poetico, se ci consentono
di ricevere in maniera amplificata il messaggio insito sia nelle opere del
filosofo sia nelle opere dell’architetto, grazie a una straordinaria capacità
osmotica di far trapassare dall’una all’altra qualcosa, nonostante le due forme
espressive utilizzino mezzi irriducibili l’uno all’altro, avviene proprio tramite un terzo mezzo che è
la poesia, la quale essa stessa, a sua volta, si fa promotrice di un nuovo dire.
Nel secondo testo, “Corrente”, ove il
ritmo plasmato da Gilberto Isella plana e si distende, l’ottenuta
rarefazione isola, contrariamente a quel
che avviene nella prima sezione, ogni parola rispetto a cui l’unità della costruzione (e si badi
qui sempre alla doppia lettura dell’opera architettonica e del testo filosofico)
pare quasi utopico obiettivo. Anche qui saremmo indotti a tentare una lettura
che veda nel metodo delle scienze positiviste una lente di rifrazione atta a
catturare esattamente ciò che da tale descrizione sfugge. Restiamo sempre
nell’orbita nietzscheana, ma verificandone la tenuta da un opposto punto di
vista.
occulta sotto maschera di zinco
gaudiosa
profezia
muove
misura e calcolo
mentre
rovente l’involucro cola
sulla spianata
Riconosciamo, fra i molteplici livelli
di lettura a cui i testi poetici di Isella danno luogo, quello prioritario della ricerca volta a
lavorare sui limiti del linguaggio, saggiando le specificità linguistiche che i
vari domini della conoscenza - filosofia, scienza e arte - mettono a punto. Va da sé che quando si sperimenta un
linguaggio teso all’estremo, la realtà
si agglutina, pare per un attimo che si raggiunga l’unione degli opposti in un modo affatto nuovo:
a trascrivere
le
congiunzioni possibili
lì in arnia di
corpuscoli
sfibra però
l'agire
la fortuna
magmatica incombe
anche la
pagina d'aria dirupata
anche la volta
focomelica
Potendo effettivamente credere che
sotto i nostri occhi l’opera-pagina e l’opera-architettonica siano fatte del
medesimo materiale. Miracoli del linguaggio. In ogni caso, della poesia.
Rosa Pierno
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