lunedì 28 novembre 2011

Silvia Ronchey “Ipazia” BUR, 2010


Un libro esemplare, “Ipazia” di Silvia Ronchey, BUR, 2010, dove personaggio storico, e situazione sociale, politica, religiosa e culturale vengono ricostruiti e restituiti insieme al metodo storico che tale studio ha prodotto, letteralmente donandoci un affresco che non indulge a ragioni ideologiche o di convenienza e che ritesse, come solo un’intelligenza irrorata di passione sa fare,  le relazioni esistenti durante il V secolo tra Alessandria e Costantinopoli, aventi sullo  sfondo Roma e Atene.

Al di là della ricostruzione delle modalità dell’assassinio agghiacciante di Ipazia per intolleranza, fanatismo e invidia, interessantissima appare la ricostruzione della studiosa di cui non si hanno che pochissimi documenti diretti. Il lavoro svolto consente di delineare con precisione le filiazioni e il contesto dell’esercizio intellettuale: ciò consente di avere con chiarezza il quadro del suo effettivo ruolo nella società alessandrina, finalmente abbattendo le nebbie sul suo effettivo valore di studiosa e la stima che nutriva da parte dei suoi contemporanei.

Ma ancora più importante è, a nostro avviso, il fatto che il libro sia composto da tre livelli, poiché si acquisisce in questo modo la consapevolezza di che cosa voglia dire produrre un testo storico costruito con la massima serietà e intransigenza e delle varie fasi, anche intersecantisi, che lo compongono.   Nel primo livello, la Ronchey espone i documenti storici diretti e indiretti a disposizione, tracciando il quadro completo sia delle voci che si sono scagliate contro un così brutale ed efferato delitto, sia le voci che hanno provato a mitigare l’accaduto e a giustificare il mandante: quel Cirillo, vescovo di Alessandria e propugnatore della consustanzialità,  che sarà santificato da Benedetto XVI.

Il secondo livello è una escursione nei modi in cui durante il prosieguo dei secoli, la figura di Ipazia è stata elevata a simbolo delle più varie ideologie e tirata a destra e a manca per rappresentare, appunto, la causa ideologica dell’interprete. Si va da Voltaire a Chateaubriand, da Flaubert a Gibbon. La massima attenzione della Ronchey è rivolta a smascherare la propaganda, le interpretazioni che quasi sempre alterano i dati di fatto, smantellando così il “suo mito letterario” e la sua “reinvenzione politico-ecclesiastica e storiografica”.

Il terzo livello, in cui si rivisitano i documenti diretti e indiretti,  consiste nell’interpretare i dati secondo un’analisi ancora più estesa e approfondita: si direbbe coincidente con il metodo nella sua veste finale e complessiva, il quale smonta il dato per estrarne tutte le impurità e le stratificazioni che nel corso del tempo l’hanno alterato. In un certo senso, la Ronchey mentre svolge la narrazione storica aumenta la nostra conoscenza della metodologia storica con cui, appunto, sta costruendo il racconto:  “Per raccontare la "storia vera" di Ipazia occorre risalire a ritroso questo duplice percorso ideologico e riesaminare le interpretazioni delle fonti antiche considerandole testimonianze di un processo di deformazione e trasformazione dei fatti già iniziato; valutando la loro maggiore o minore attendibilità, il loro giudizio e pregiudizio, anche in considerazione dei futuri sviluppi a cui daranno il via”.

Va da sé che l’operazione riesce solo quando la levatura dello storico, la sua cultura, la sua specifica preparazione in diversi campi (dalla storia, appunto, alla filologia, dalla filosofia alle arti) è tale quale quella posseduta da Silvia Ronchey, la quale, inoltre, riesce ad avvinghiarci al libro dalla prima pagina a un finale che vede la convergenza di tutti i dati che è possibile mettere a frutto e che fanno esplodere sotto i nostri occhi i complessi rapporti esistenti tra la società laica di Bisanzio, volutasi libera dall’ingerenza della chiesa, e il completo asservimento dei valori laici da parte del prefetto Oreste, il quale ha consentito al vescovo di Alessandria di assumere un potere egemone, proprio mentre si delineava il rapporto di conflitto/integrazione tra la cultura ellenistica e quella cristiana. 

Ne siamo certi anche noi: Ipazia “non potrebbe che essere, crediamo, contenta” di questa operazione che ne restituisce un’immagine priva di superfetazioni ideologiche e di manipolazioni.

                                                                                                       Rosa Pierno 

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