mercoledì 30 maggio 2018

Federico Palerma, in mostra a Milano presso lo Studio d’Arte del Lauro




Lo spazio è reso visibile dal movimento del corpo. I gesti intercettano l’ampiezza, la disegnano, mentre si muovono in essa. 

L’artista insegue fin negli interstizi, fin anche nei suoi recessi, attraverso la traccia del moto, lo spazio, il quale si amplia man mano che viene raggiunto dall’estensione dello sguardo o delle membra. 

Un movimento sincopato, pulsionale, per intercettare, con la tessitura paziente della rete, la sua dilatazione. Si può pensare il corpo senza movimento, senza l’insistenza del desiderio, senza la persistenza della memoria?

A volte, è immobile al centro della stanza e rotea gli occhi. La mente, astrusa dal corpo, non può immaginarsi senza luogo. Le annerite vie non sono quelle del ritorno.

Nell’intreccio dei percorsi, l’ombra e la luce sono altro. La radiazione luminosa intercetta i percorsi come se fossero esternate vene e l’oscurità è la cavità che tutto contiene.

Affondato nel corpo che pulsa è il vortice originario, il memento della stasi, prima che il moto abbia inizio.

È ancora l’organismo che imprime un rabbioso o un accorato moto al pastello, abbriviando la distanza tra mente e corpo.

Simili  alle immagini di una mente che esegua la perlustrazione dello spazio in maniera convulsa, sono le registrazioni del corpo che riflette.

Il movimento che tocca il bordo del foglio ha una sola direzione. Se ne potrebbe trarre una traccia prospettica. In prossimità del corpo dell’esecutore si creano aree di colore che indicano stati psichici. Un’intima calda luce. 

La mappa dell’interiorità somiglia stranamente a un cuore con vene e organi. Ci sono anche zone imperscrutabili, da cui provengono ronzii.

Rappresentare un corpo tramite le tracce del moto impresso al telone dello spazio, adescandone le vibrazioni col colore: l’immagine che ne deriva è quella di una mente che cerca il corpo.

Una comune forma, medesima derivazione, avrebbe la rappresentazione dei fenomeni fisici e psichici. La carta è l’unico luogo sul quale sia possibile proiettare i due mondi similari.

È vicino al cuore, è il centro del disegno, è un nero profondissimo e morbido. È un suono sordo.

Un moto che è un levare e un battere è quello musicale che trova rispondenza nelle fibre nervose dell’artista.

La possente forza degli arti, le poderose pulsazioni dell’annerito cuore toccano lo spazio, irretendolo. Una volta che sia imbrigliato, si placherà l’ardore del gesto e del cuore.

L’animo, tenuto fermo da oscure forze, ha ancora la capacità d’intravedere un rugginoso albeggiare


La mostra “Materia danzante” è aperta dal 16 maggio al 15 giugno.
Il catalogo è curato da Cristina Sissa e presenta testi di Matteo Bianchi, Alberto Pellegatta e Rosa Pierno

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