martedì 18 maggio 2021

Raffaela Fazio “Meccanica dei solidi” (puntoacapo, 2020)


 

La morte è vista non rispetto a un oltre, ma allo spazio esistenziale, cioè morte come esistenza intera. Nel lasso di tempo relativo agli istanti finali sembra, infatti, che sia la totalità della vita a scorrere dinanzi agli occhi e che si possa afferrare il senso della propria esistenza. Raffaela Fazio, nel suo libro di poesie “Meccanica dei solidi”, (puntoacapo, 2020), si sofferma sul periodo che precede la morte in casi del tutto particolari: quelli in cui qualcuno sceglie di sacrificare la propria vita per salvare quella altrui. Fazio analizza tale porzione di tempo come se fosse non frammentabile,  come se la morte non fosse che un divenire della vita.

Il tono pacato, privo di altisonante retorica, è tutto teso a indagare rispettosamente la zona che si percorre, mentre si attua la scelta della negazione di sé in favore della sopravvivenza di un’altra o di più persone. Il rischio sembra essere calcolato. Meglio gettarsi avanti che provare rimorso, meglio salvare la giovane vita altrui, conosciuta o sconosciuta che sia. Il prezzo sembra non essere alto, ma sopportabile e già ricompensato. La scelta è rapida, immediata; nessun ragionamento; la soluzione presa appare limpida e come scolpita nella determinazione. Spesso è la sola descrizione effettuata da Fazio a individuare il divenire: si sente il trapasso tra corpi, lo scambio. Sospesa fra le motivazioni che possono indurre al sacrificio di sé e ciò che accade di fatto in quegli istanti, Fazio mette a punto uno stile dosatissimo, scabro, forato dove le bolle del dubbio si sollevano dall’acqua smossa del fatto e risalgono come sfere di possibilità. Dubbio su ciò che sposta il peso della bilancia da una sola parte. Al punto che, a volte, lo scambio sembra fluire attraverso il sangue rigenerante del ciclo riproduttivo (la madre che si sacrifica per la giovane) o nella mancata discernibilità tra due corpi apparentati (la figlia che salva la madre). Sempre attenta ad aggiungere nell’istantanea creata dalla sua precisa, eppure carezzevole scrittura, alcuni elementi che siano in grado di assumere il ruolo ancipite del finale: il cordone ombelicale, il sangue, l’acqua, il fuoco, appaiono, simbolicamente, il segno premonitore che serve a caratterizzare assieme la vita e l’accettazione della morte: gli spalti per il giocatore di calcio o il fazzoletto rosso per il vigile. Nessuna legge lega tali eventi a tali segni, tuttavia sono i segni, per la poetessa, ad aprire alla totalità del senso, senza la quale anche la vita e la morte perdono significato. Così il sacrificio di queste persone viene riportato all’attenzione: dinanzi a esso dobbiamo sostare come se fossimo dinanzi a un monumento. Non scevra da prese di posizione, da desumibili sentimenti di partecipazione, e sempre sul filo di una ricucitura, di una ricompensa che giunga dall’umanità che alberga in ciascuno di noi, la raccolta poetica di Raffaela Fazio, intelligente e sensibile, non teme di assumere il ruolo di testimone morale ed è una degna lettura, rara e ineccepibile.


                                                                   Rosa Pierno



Lori Jackson, trentaduenne, è morta il 7 maggio 2014 a Oxord, nel Connecticut, uccisa dai proiettili di una calibro 38 impugnata dal marito, Scott Gellatly, che, nonostante l’accusa di aggressione e l’ordinanza restrittiva temporanea, era legittimo detentore dell’arma da fuoco. Scott fece irruzione nella casa della suocera, Merry Jackson, dove Lori si era trasferita con i suoi due gemelli di 18 mesi per sfuggire alle violenze domestiche. Vedendo che Scott aveva puntato la pistola contro la madre, Lori si gettò davanti a lei per proteggerla e fu colpita quattro volte, morendo sul colpo. Merry Jackson rimase ferita ma sopravvisse. Da questo fatto di cronaca ha preso avvio una campagna in favore di una legge federale che impedisca a chiunque abbia un’ordinanza restrittiva temporanea di accedere a un’arma da fuoco.

 

 

Una casa

 

Una casa potrebbe contenere

l’innesto della cura, il silenzio

il gioco stagionale

di buio e di primizie.

 

La sua

invece si è seccata.

Lei l’ha recisa

perché non si torcesse

al collo dei suoi figli la radice.

È scappata. È tornata

alla casa materna

dove il sangue dolente s’immette

nel flusso accogliente.

“Resti carne della mia carne”.

 

Tra le due anche adesso

c’è un unico corso

un legame immune agli spari.

Mentre il corpo si getta

sul corpo che protegge

la linfa pare scorra in senso inverso.

 

La morte è un tronco cavo

quasi un nido

intorno a cui resiste il verde.

Non si sopravvive

mai del tutto.

Né mai del tutto

ci si perde.

 

 

***

 

Durante la seconda guerra mondiale, Marianna Biernacka fu fucilata il 13 luglio 1943 a Naumowicz presso Grodno (attualmente in Bielorussia), dove era stata condotta dai tedeschi insieme al figlio Stanislaw, a seguito di un arresto di massa avvenuto tredici giorni prima a Lipsk, come rappresaglia per l’uccisione di un soldato tedesco. Marianna aveva chiesto di prendere il posto della nuora Anna, incinta di otto mesi e madre di una bambina di due anni. Lo scambio fu accettato. Marianna aveva 55 anni.

 

 

Lo scambio

 

Scrivere, leggere, sa farlo appena.

La terra però

la conosce bene

nella durezza, nelle stagioni.

Contare, quanto basta.

Ogni sottrazione

l’ha appresa dalla sorte.

Due figli rimasti, quattro morti.

 

Ma ora si prende la rivalsa.

C’è chi dice che la legge

è questa proporzione uno a dieci.

Allora lei contratta coi soldati.

Bara e ci riesce:

la sua vita vissuta

per due ancora fresche.

 

Davanti al drappello

(come quando tastava le zolle)

già sente che spunta

qualcosa dal sangue

˗ non solo da quello

di chi, gridando, partorisce.

 

 

***

 

Augustin Affi, ventunenne di origine ivoriana cresciuto in Italia nei pressi di Forlì, è morto sulla spiaggia di Lido di Classe, a Ravenna, il 30 giugno 2011, dopo aver cercato di salvare due bambini di otto e undici anni che stavano annegando. I bambini sono stati tratti in salvo da due militari di stanza in zona, ma per Affi, recuperato troppo tardi, i tentativi di rianimazione sono risultati vani. Il comune di Forlì ha pagato i funerali e il rimpatrio della salma in Costa d’Avorio. Il giovane giocava in una squadra di calcio locale, apprezzato per la sua rapidità in campo. Augustin Affi è ricordato dai suoi compagni come un eroe.

 

 

Raggio d’azione

 

Nel capocannoniere

una promessa. Quante azioni

di un gioco

ancora da venire

e vite in una vita.

 

Quel pomeriggio

al grido

vicino al litorale

è sceso tra le onde.

Ma la linea di fondo

si è spostata. Un fallo

del destino, una buca.

Il corpo così rapido a reagire

non deve aver capito

la caduta, l’assenza

di rumore sugli spalti.

 

Chissà se anche il paese

che lo accoglie

nell’ultima trasferta

per lui ha una parola

che per metà è pianto

e per metà vittoria.

 

martedì 4 maggio 2021

Marco Ercolani “Un uomo di cattivo tono” edito da Marco Ercolani, 2020


 

Aduso alle riscritture, Marco Ercolani affronta questa volta “I quaderni del dottor Čechov. Appunti di vita e letteratura 1891-1904” pubblicati a Mosca nel 1950. Dalle stesse parole di Ercolani scopriamo che ciò che lo ha attratto, nel paradigma della scrittura relativa agli ultimi anni della vita di Čechov, è il suo essere “antisentimentale, crudele, aforistica — pronta a resistere nel nostro tempo come cantiere inattuale e scandaloso di libertà, se per libertà si intende l’inflessibile audacia del pensiero e del cuore”. Il titolo si riferisce al cattivo tono di un Čechov “che non ammette consolazioni ma solo illusioni”. Illudersi è la capacità che ha il sognatore, é un talento prezioso che dispiega il mondo.


Ercolani fa di Čechov il suo progetto di scrittura. E circoscrive una precisa visione della letteratura, come patrimonio comune da cui tutti gli scrittori non si può dire che prendano, quanto effettuino un deposito; letteralmente seminano, poiché l’uguaglianza diviene differenza, rigenerazione. Il nostro autore ripercorre le orme di Čechov; gli sta addosso; vuole penetrare i segreti della sua personalità, quegli stati interni che sono preclusi persino al suo proprietario; spia le sue pagine, mentre lo scrittore russo scrive; tuttavia, è altro quello che ha in mente. Far emergere le secche del silenzio, le cancellature, le possibili cose che eppure non sono state dette. Non sarà un completare l’affresco, né mettere le tessere di un puzzle al loro posto. La questione è che un autore non è mai ciò che è, ma diviene ciò che è grazie a qualcos’altro, a qualcun altro. La differenza pone l’identità di sé con sé tramite uno scarto, uno sdoppiamento: “Ricopiando certe parole altrui renderle nostre per la prima volta”.


Lo stato interno é quella matassa i cui fili indistinguibili sono quegli impulsi, passioni, inclinazioni, intuizioni, i quali formano un fondo indeterminato che è l’inconscio nella sua identità e unità. Con lo stato interno il soggetto costruisce il mondo oggettivo che s’invera nei doveri giuridici e morali tramite la ragione. Per Hegel ragione e pulsione non si oppongono, ma si totalizzano informandosi nell’individualità. In questo senso, l’audacia del pensiero e del cuore che Ercolani riscontra in Čechov sembra collimare con la visione filosofica hegeliana che vuole lo spirito soggettivo, immerso nella finitezza, in balia di altro, ma che ciò nonostante possiede un movimento di inveramento per mezzo dell’inconscio, che è psichico e pulsionale ma anche sociale e storico. Per contro, questa totalità organica si esprime sempre frammentariamente: non tutto emerge. In tali lacune, s’inserisce, appunto, Ercolani, il quale aggiunge il suo tessuto smagliato a quello dello scrittore russo. Non si perde trasparenza in questa sovrapposizione, ma si estende la parte di copertura, l’estensione dell’emerso. 


Il rapporto con la verità è sempre presente, ma mai raggiunto; sicuramente intravisto: “Vorrei imporre silenzio al mio cuore. Ho sempre paura di non aver scritto altro che un sospiro mentre cercavo una verità”. D’altronde solo un’idea assoluta è vera, mentre l’arte ne è la presentazione nel sensibile. Se Ercolani afferma che “La bellezza e l’eternità esistono, ma forse non per noi” credo che alluda appunto all’assoluto non raggiungibile,  di cui si vedono, però, le ombre sulle pareti della caverna.


Il movimento incessante, che si svolge in siffatta scrittura, attesta dunque di  un’unione sempre differita, a cui partecipa anche il corpo, che ha una valenza possente nel testo; con i colpi di tosse, la febbre, le emozioni chiede continuamente attenzione. Ercolani lo ausculta con grandissima cura e ne registra i sommovimenti, effettuando la stesura di “un racconto ineluttabile. Che sembra non essere stato scritto da nessuno, ma che doveva essere scritto. “Ineluttabile”. Nel dialogo a distanza fra scrittori, la lontananza non diviene estraneità, ma annuncia l’impersonalità del soggetto.


Naturalmente la riflessione sulle parole altrui, che attraversando l’autore lo fanno passare da uno stato passivo ad uno attivo (ma questa suddivisione la tengo solo perché utile a comprendere il processo che avviene nel passaggio dal primo al secondo autore, cioè dalla lettura alla scrittura), gli apre, al contempo, le porte sul dominio della dimensione stilistica: “Alcuni capolavori, se irrealizzati, sconvolgono. Immagino gli appunti preparatori, le frasi accennate, gli schizzi, e non riesco a capire cosa sarebbe potuto accadere. In quel non capire comincio lentamente, attraverso mille dubbi, a ripensare forme e stili”. È in gioco la flessibilità del dire, che non deve mai irrigidirsi in concetto isolato, slegato. Deve piuttosto come fuggire di lato, restare in sospeso. Aperto.


Rosa Pierno