domenica 23 luglio 2017

"Maria Gabriela Llansol, una poetica dell’immagine" di Carolina Leite



si sono venuta per accompagnare la voce,
la cercherò in qualsiasi luogo parli,
montagna,
pianura, piazza di città, piega del cielo – conoscere il Dramma-Poesia
di questa arte. Sentire come batte, come un guaito, sulla mia mano chiusa. Come, sul far della sera, lancia, molte volte, un grido improvviso: – Poesia, che mi vieni  ad accompagnare, perché mi hai abbandonato? – Come  mi chiede che non ascolti, né veda, ma mi lasci evolvere in povera e mi renda, al suo fianco, una specie di poesia senza io.

(da "Onde vais, Drama-Poesia?" di Maria Gabriela Llansol)

(Tradotto da Alessandro Granata)




Leggere…
L’incontro con la scrittura di Maria Gabriela suscita molte volte sconforto e perplessità – e questa sensazione non abbandona i suoi lettori, anche fra i più fedeli e appassionati. Altre reazioni possono essere d’incredulità e rifiuto o, invece, di totale adesione. Solo l’indifferenza non fa parte di questo dialogo intenso fra il testo e i suoi lettori. L’atmosfera enigmatica risulta, in parte, dal modo in cui viene costruito il testo dall’autrice: il suo filo “logico” - la parola è sicuramente abusiva – si rivela in una sequenza di immagini. Sono loro che suscitano impressioni, visioni, esperienze, interrogazioni e, perplessità…  Il testo resiste a un approccio diretto della realtà quotidiana. Leggere Llansol richiede uno sforzo particolare, un abbandono dei nostri strumenti di analisi che abitualmente ci accompagnano nella lettura della narrativa tradizionale. Questo sforzo iniziale è una condizione decisiva per entrare in un linguaggio che ci permette di ampliare le forze espressive presenti nel testo:

Avec l’expérience et le perfectionnement technique on apprend à écrire de cette manière, comme on apprend à construire un planeur selon la nature des vents

(da "Un faucon au poing", 1993, p. 145)

Siamo molto vicini a certi tentativi sperimentali che hanno attraversato l’arte e anche la letteratura durante il Novecento. Autori e artisti, in diversi momenti, hanno cercato di ritrovare l’originalità e l’autenticità delle forze creative che sembravano loro perdute. Anche Maria Gabriela ha dovuto cercare quest’essenza del linguaggio – evitando “l’impostura della lingua” – e l’ha fatto trovando alla fine la sua propria strada, in margine ai percorsi letterari consueti. Per dire quello che voleva e quello che aveva bisogno di esprimere, ha dovuto inventare una sua propria via:

le attività pratiche del silenzio sono la quiete di uscire, la gioia di non intercettare le voci che mi parlano

(da "Il gioco della libertà dell’anima", 2010, p. 108)


Un testo che sembra una conversazione ininterrotta, dialogo costante d’immagini, pensieri, riflessioni, visioni... Nella forma, il testo di Gabriela Llansol si presenta a frammenti. Il senso ‘logico’ si trova partendo dalla sequenza delle immagini. La coerenza narrativa lineare va sostituita dalle sequenze di immagini e riflessioni critiche e poetiche. Un esercizio in sé, nuovo e esigente. L’atmosfera sperimentale dei suoi due primi libri ha lasciato lo spazio a un’avventura letteraria sconvolgente, confermata poi dall’insieme coerente della sua opera. La bellezza di questa scrittura è solo la sua faccia più visibile. Lo sforzo di interrogare il mondo dove esistiamo è sempre presente nel testo. Gabriela Llansol inventa una forma di scrittura aperta al dialogo fra il mondo visibile, ma anche quello invisibile, con le sue forze e il desiderio profondo di stabilire un contatto. Tutti gli esseri (oltre che gli umani)  cercano un modo di comunicare, tutti cercano la bellezza – ce lo ricorda il testo.

Il testo e le sue figure
Oltre al ruolo delle immagini nella costruzione del testo, la sua singolarità emerge anche dalla diversità delle voci presenti: la voce degli umani, uomini e donne di luoghi, epoche e percorsi diversi. Poeti, filosofi e musicisti, ma anche vagabondi ed eretici visionari e gente comune rimasta senza voce: sono tante le figure che abitano il testo di Maria Gabriela Llansol. Attraverso i suoi vari libri, queste diventano delle presenze costanti, quasi familiari. Una genealogia di pensiero: incrociamo Pessoa che dialoga con Bach, Hölderlin e Spinoza. Ritroviamo il pensiero degli alberi e la voce degli animali. Voci dei vivi e dei morti. Accanto alla voce del paesaggio, degli alberi, delle pietre e degli animali, sentiamo l’eco di sofferenza della Natura di fronte all’indifferenza – e a volte, la violenza – degli umani. L’apertura così creata permette a ognuno – e a ogni forma vitale – di esprimersi. Il mondo come è visto dal testo è un mondo di equivalenza fra umani, animali, vegetali. Un testo abitato da tutte queste forze. Ma è anche la capacità di fare ascoltare le voci, le più diverse, non escluse quelle che si lasciano ascoltare solo quando il silenzio diventa accogliente e profondo.

Maria Gabriela Llansol ha condotto la sua ricerca verso la definizione di quello che lei chiama un “nodo costruttivo” coincidente proprio con queste figure che attraversano il testo da un’immagine all’altra, da un pensiero a un altro.


Un testo, una congettura

Una scrittura che sembra invitare il lettore a un’esperienza praticamente fisica di abbandono, di meditazione, come un passaggio  verso un vuoto mentale e materiale. Siamo immersi in un’atmosfera molto particolare, quasi segreta, ma che favorisce nel lettore la ricettività all’imponderabile, alle dimensioni più sottili della nostra realtà. L’invito è anche un’apertura possibile alla scoperta della singolarità, delle corrispondenze, di una genealogia e una comunità di pensiero, di visioni e d’immagini.

La scrittura de Maria Gabriela Llansol offre una visione unificata della realtà. Siamo tutti un’unica realtà. Tutto partecipa a una forza comune, tutto respira, vive e dialoga. Tutto è testo: un’atmosfera, una rinuncia, un profumo, ma anche un gatto che passa o un albero che confida al vento la voce di un lamento:

“Dato che non sono gerarchizzati gli esseri, acquisiscono la sensibilità del dolore: sentono con grande acutezza l’abbattimento degli alberi, l’inquinamento dell’acqua, la creazione di corpi artificiali, la distruzione del gioco con gli intrighi, la macchia che l’indifferenza lascia sulla bontà..”. (da "Lo spazio edenico", p. 107).


Ogni lettore è invitato a partecipare all’intensità di questo dialogo di apertura. Per crearlo, solo il silenzio diventa una condizione d’obbligo: “Credo sia il più grande dono che si possa fare al testo di un altro: costruirgli il silenzio intorno” (da "Lo spazio edenico", 2010, p. 108).

                                                                                                Carolina Leite



Maria Gabriela Llansol (1932-2008) è nata a Lisbona e ha vissuto per 20 anni in Belgio dove ha accompagnato il marito, disertore della guerra coloniale che il Portogallo svolgeva in Africa. Tutti i suoi 26 libri rivelano una scrittura particolare, originale e appassionante che non ha un genere chiaramente definito: i suoi testi sono allo stesso tempo prosa e poesia, sogni e riflessioni filosofiche, che prendono qualche volta la forma di una diario...ha tradotto in portoghese Baudelaire, Rimbaud, Apollinaire, Eluard, Mallarmé, Pierre Loüiys, Teresa de Lisieux, e tanti altri poeti. Ha ricevuto importanti premi letterari. Dopo il 2008, la sua opera viene tradotta in Spagna, Francia, Italia, Germania, Stati Uniti. Un'associazione a S'intravede, Portogallo, diretta da Joao Barrento – Espaco Llansol –promuove lo studio e la divulgazione dei suoi scritti, insieme a un gruppo di amici e studiosi della scrittrice. Maria Gabriela Llansol viene considerata "il caso letterario " più originale dopo Fernando Pessoa, presenza permanente nella sua scrittura.

mercoledì 19 luglio 2017

"SInfonia del congedo" di Stefano Iori



(disegno di Stefano Iori)

Esergo

Rabbi Bunam ebbe a dire:
Continuamente passiamo
attraverso due porte:
fuori di questo mondo
dentro il mondo futuro
e di nuovo fuori e dentro

(Da I racconti dei chassidim di Martin Buber, Garzanti, Milano, 1979)

Fintanto

Si rallegra il giovane
cui un demone gentile
assegna lieti istanti
di luce e grazia

Memoria garbata
di giorni beati
sarà trofeo
di quella fortuna

È benevolo
il piccolo dio

Poi

Avide ombre appaiono
Materia d'illusione
Parvenze di senso
che urlano e non dicono

Angeli rapaci
negano l'infinito                
La linfa loro
è artificio e pretesto

Dopo la gioia
ecco il declino

Quindi

Pelle di carta
pupille cieche
tremulo fiato
Orrore in petto

Fiacca preda
di tonda mestizia                                                          
giace la mente              
nell'afono buio

Il senso d'esistere
ai minimi di legge

Infine

La sostanza del vivere
è immenso sogno
Faro oscuro
tenebra lucente

Atropo ha orecchio acuto
e saluta il servo
eternamente libero
da ferri di menzogna

Lucide cesoie
estremo cesello

Oltre

Morte si oppone a nascita
Non sa che farsene la storia
di preludio e ultimo assolo
La sinfonia sta in mezzo

Mosaico di stelle
fermo e chiaro
Solo nel congedo
lo spartito si disegna

Il dovuto il donato il rubato
Di là da sé sboccia lo stupore