venerdì 14 aprile 2023

Paolo Tesi “Pinocchio e il disincanto”, Bandecchi &Vivaldi Editori, Pontedera 2008

 


Pinocchio è un burattino, disarticolato, con quei magici snodi fra le membra che gli consentono di piegare gli arti come un essere umano non può; materia fra le materie, ha le venature lignee che creano sulla pelle un disegno che è un disegno nel disegno. Se è snodabile, é smontabile. Quando ha il naso lungo può assumere le sembianze di un uccello. Non potevano forse trasformarsi in animali gli dei? Proietta ombre ambigue, che, a loro volta, paiono animali. E forse Pinocchio è animale prima ancora d’essere persona. Ci conforta in questo non solo la presenza assidua, nella favola, degli animali, ma anche la lettura che Paolo Tesi fornisce, nel suo catalogo del 2008, Pinocchio e il disincanto,  Bandecchi &Vivaldi Editori, Pontedera 2008, con l’opera Ossessione, dove fra pesci e gamberi non sapremmo che vedere il perfetto connubio corporale dei corpi e degli occhi: indistinguibile la cesura tra Pinocchio e i pesci. Con quel meraviglioso blu profondo, presago delle interiora più ascose dell’acqua che può rapinare per sempre la visione di così turpe evidenza: quale distanza tra le materie?

Nell’opera Nascita, Pinocchio appare anfibio fin dalla sua “comparsa”: guizza nell’acqua, trasvola con ali puntute, si presenta a pezzi, si replica, si ricompone. Il burattino può sempre smembrarsi e questo è forse uno dei pericoli più temuti dai bambini, possessori almeno di un esemplare del burattino nella vita.

Pinocchio e lo stregone è solo uno degli alter ego del personaggio principale. Nel senso che il passaggio tra morale cristiana, magia, paganesimo è continuo, non si avverte nessuna cesura. E Tesi, che è interprete finissimo, ben lo denuncia quando fa nascere i personaggi secondari da quello principale, ossia dalla sua ombra, diversamente ricomposta. Gioco di tessere, puzzle mimetico, ove ogni cosa assume il valore di un’altra. Ma proiettati sono anche i segni: le fibre lignee divengono la tessitura dello stregone.

Nella raccolta intitolata Pinocchio e il disincanto, le opere, dal 2002, sono costruite in maniera più complessa. Anzitutto perché l’artista strappa i vecchi manifesti scrostati dai muri e, approfittando della loro patina e delle increspature e scrostature, dà alle sue rappresentazioni un tono circense, variamente pigmentato grazie all’utilizzo degli inchiostri Ecoline, che con il loro carattere trasparente partecipano alla sovrapponibilità  delle figure. Pinocchio è sempre un personaggio plurimo: materia, materia animata, anima. Senza lasciare sottaciuta quell’imbarazzante osmosi senza soluzione di continuità che è il passaggio tra bene e male. Quale bambino, e persino adulto, non vede che sono legittimi i desideri di evasione dalla scuola, di partecipazione senza fine alle giostre, di arricchimento personale, di adesione ingenua alle menzogne raccontate dagli altri e di bugie. Se male deve essere, sarà piuttosto in quella società, dove gli animali prestano i loro volti solo per realizzare ritratti caricaturali del giudice, dei carabinieri, dei dottori. La società è simbolizzata da Paolo Tesi proprio tramite l’utilizzo dei manifesti staccati dal muro, simboli di una società consumistica e obliante, che supera i propri valori edificanti per inseguire mode insignificanti. Gli inchiostri, dunque, non ricoprono, piuttosto evidenziano la verità del sostegno, incerto e mercificato, sulle quali le figure si addensano. Fantastica la grana dei pixel della tricromia con la quale sono stampati i manifesti che già da sola attualizza la favola di Collodi, dandole un viraggio sinistro. E acidi sono pure i colori: dall’arancione, al fucsia, al rosso, dove il giallo appare intermittente (Manifesto, 2002). Vi sgambettano persino gambe o aste di lettere che rimenano alla memoria le prove della poesia concreta, degli anni addietro. Tesi ci tiene ben piantati sul valore artistico dell’opera, che inizia appunto con la ricezione del significante principale, per poi proseguire con i valori dell’arte per l’arte. E forse non è Combattimento, un richiamo ai segni a tridente di Capogrossi, con quei colori falcidianti, stridenti del gruppo di Forma 1? Un viaggio, dunque, compiuto da Tesi nella favola di Pinocchio e contemporaneamente nella pittura della seconda metà del Novecento. Sarebbe ancora una volta, la forma scomposta e ricomponibile in mille modi, quell’alfabeto o abaco con cui si può ricostruire ogni frase e ogni cosa. Splendida  anche l’immagine di Inquieta attesa, del 2007, dove le formelle s’incastrano o si replicano in un passaggio altrettanto indecidibile tra figurazione e astrazione. E nell’accanita prorompente forza creativa di Tesi non si vorrà mica perdere la decorazione, l’altro corno del dilemma rispetto alla falsa antinomia costruita tra artista e illustratore. Apocalisse, del 2007, è un vero e proprio arazzo cromatico, che raggiunge le dimensioni di cm 210x 320: vi si riconoscono il Pinocchio-lumaca, il Carabiniere che taglia le altre figure in diagonale, come fosse un’ombra che si staglia minacciosa e incombente su quel povero diavolo di Pinocchio che ne passa di tutti i colori. E poi il pinocchio-gallo, il Pinocchio-granchio, con quelle strane assunzioni sullo sfondo che predicono i contrappesi delle trivelle o delle falci e martello. 

Come non intravedere in Sacrificio, del 2007, il soffitto mantovano delle costellazioni seppur restituito in ocra. È appena un sapore quello che Tesi sa suscitare nei suoi attenti riguardanti. Se ne La notte degli assassini, si sente un retrogusto di Blake (Dio che soccorre Adamo avvolto dalle spire del serpente), in Abbecedario, entrambi del 2007, si ravvisa La danza di Matisse. E amerei citare anche Rousseau il Doganiere per Pinocchio e il disincanto 1, con la folta verzura in cui si nascondono le molte anime del burattino. O il Braque nella Rosa dei venti, 2008, con un Pinocchio visto da tanti punti di vista, ricondotti all’unità cubista. Ma perché fermarsi, si scorgono Soutine, Boccioni…a mostrare la straordinaria capacità di Tesi di ricordare ciò che fa suo per lo scopo che si è prefisso. Come non sentire gli echi di Lucini per le linee spiraliformi e di Tadini, per i colori primari, in Piccolo sogno, del 2007? Davvero rileggere la storia del burattino più famoso del mondo con un occhio sempre attratto dalle soluzioni della pittura è qualcosa di straordinario! Ma naturalmente non si potrà mai disconoscere la mano di Tesi, che sa rigenerare i linguaggi nel suo e piegarli alla fabbrica delle proprie opere. Quasi un novello Vulcano in una fucina d’immagini! Sarà che queste memorie di sottofondo echeggiano come quelle che si percepiscono leggendo la favola, la quale richiede un costante parallelismo con la realtà per essere compresa in tutti i suoi risvolti.


Nella serie del 2008, il colore si fa più squillante, il segno più vorticoso. Le opere a inchiostro su carta costruiscono tarsie col pigmento, ma è il segno a presentarsi come metamorfico, le piume del tacchino sono palme o giardini lussureggianti, Pinocchio va a gambe all’aria, anch’esso ridotto a figurina, su un piano esclusivamente bidimensionale. L’uccello si spiattella in repliche di sé, mentre in Soggiogato, lo sfondo sprofonda in pozze di blu più denso e ciascuna piuma dell’uccello è echeggiata dall’umbratile presenza del carboncino nero, così che l’immagine si offre in multipli piani.

Se il colore stride come farebbero piani metallici in cozzo, il dinamismo si fa più serrato e ansioso. Le due immagini speculari di Parabola offrono la ricaduta nell’animalità da cui l’essere umano crede di essere uscito, ma che in Pinocchio trova un monito.

La serie del segno, vede Pinocchio ritratto a carboncino, nelle sue contorsioni e crocifissioni, nella mimesi della morte coi conigli o a cavalcioni di pesci e in compagnia di granchi. Certamente la lunga carriera da incisore dell’artista gli consente l’uso di plurimi linguaggi con una maestria altrettanto mirabolante che le vicissitudini del burattino. È un segno che reclama spessore, che presenta marche e discontinuità. Un segno che raccoglie spazio e scava sulla superficie della carta. Per Paolo Tesi il meno che si possa dire è che è un artista favoloso!


Rosa Pierno