sabato 27 ottobre 2012

Francesco Osti “Viale Orobie” Edizioni L’Arca Felice, 2011





Se leggendo non siamo all’interno di un testo epifanico è soltanto perché non c’è rivelazione della realtà – sebbene essa sia tratteggiata nei suoi aspetti più insignificanti e privi di senso, facciano cioè parte di tutto ciò che ci accade d’insignificante in una giornata, che all’improvviso si accenda rivelandoci aspetti sorprendenti, come indicava Joyce – ma solo il suo riconoscimento o il riconoscersi in essa. Un ritrovarsi nell’umile che diventa sensuale tramite una percezione pittorica, diremmo, uno sguardo esperto nel disporre i fiori nel vaso e nel saperne godere. E Francesco Osti, in “Viale Orobie” Edizioni L’Arca Felice, 2011, (prefazione di Mario Fresa, disegni di Michele Mazzanti) non si trattiene nemmeno dall’adulterarla la realtà, dal renderla artificiale, prestandole ciò che non ha tramite analogie visuali del tutto immaginarie. Così le piccole celle divengono “abbandonate alla lievitazione” e il viso di una donna si trasforma in un “volto di cartone pitturato”. L’autonomia dal reale non potrebbe essere più sbandierata, perché altra, mentre ne cogliamo soltanto gli aspetti già interpretati, atto creativo per eccellenza, così come il ricorso alla pittura e alla rappresentazione in genere testimoniano, dove appunto l’artificiale è il culturale. Ecco dunque che il ricorso all’interpretazione del dato reale diventa un salvagente in grado di salvare dall’insignificanza di una realtà altrimenti inadeguata e insufficiente per colui che la abita, poiché priva del soggetto.

Le lasse inizianti sempre con alcuni puntini sospensivi rammentano che esse appartengono a un flusso riflessivo in cui ogni cosa viene tolta dal nulla, liberata dall’anonimato, e viene dotata di uno spazio di risonanza a tratti misterico, in cui si è in presenza di un enigma da sciogliere, una sapienza intravista o immaginata a cui accedere. Osti appunta l’intera sua attenzione sull’aspetto estetico, vera via di conoscenza. Colui che ne percorre le vie è capace di ordinare e collocare, di discernere e di attribuire significato (liberando così l’estetica da chi la vuole via alternativa alla conoscenza raggiunta per via razionale).

Attenzione agli aspetti estetici della realtà in grado di produrre poesia (“Figure continueranno a sonnecchiare nella saletta ristoro ingessate al loro sogno”). Ed è una poesia dove la visionarietà è sottile come un filo di seta e resistente quanto un tessuto. Ciò che sembra dimesso e flebile ha in realtà  forza: sulle pagine le analogie e le osmosi hanno duttilità e precisione per penetrare in materie differenti e per modificarne la sostanza: quella del soggetto percepiente.

…la banda del forno è l’arte di ferro e tela, quando esce finisce la cottura ed il tamburo la riavvia; sul momento è talmente calda che le mie ossa arroventano e i miei nervi legano con l’orzo e l’avena…

Siamo di fronte a una dichiarata alchimia in cui è divenuto finalmente congruente ciò che ci si ostina a voler tenere, in altri luoghi, separato: ragione e passione, reale e mentale, vero e falso.

…l’idea si è ancorata, è diventata il punto fermo della lavorazione: sì, l’ho bevuto alla fine quell’alchemico intruglio di fiamma e oro, malto e assenza di rima…

                                                                                 Rosa Pierno



Francesco Osti (1976). Suoi testi sono apparsi su alcune riviste e antologie.  Ha pubblicato le raccolte di poesie Errore di sintassi, Lietocolle (2005); Itinerari, Stampa2009, 2010.

La pregevole collana “Coincidenze”, diretta da Mario Fresa viene proposta in esemplari numerati a mano, con litografia.

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