lunedì 2 gennaio 2012

Peter Greenaway “Volare via dal mondo” Abscondita, 2011

Avuto l’incarico dal Museo del Louvre di individuare un originale tema per una mostra sui disegni presenti nella collezione, Peter Greenaway ha avuto una straordinaria idea: seguire le tracce dell’aspirazione al volo. Essa comprende gli slanci, il desiderio di sfuggire alla forza gravitazionale, il modo in cui il corpo umano potrebbe sollevarsi in volo, i gesti, gli atteggiamenti in una sorta di classificazione a tratti canonica, a tratti volutamente irregolare, nel senso che con la ragione si formulano analisi sui dettagli, si verifica la congruità degli elementi dell’immagine, e dall’altra si  dispongono caselle d’accoglienza spurie e contravvenenti alle altre caselle in precedenza predisposte mettendo in scena una convivenza a cui la filmografia di grande ricchezza e immaginazione di Peter Greenaway ci ha reso avvezzi.     

La scrittura, che si muove con fare fintamente analitico, ma in realtà con evidenti scarti da una prevedibile via logica, dicevamo, cerca comunque nei disegni elementi minimi o comunque attinenti al tema in oggetto, con un fare morelliano. Ma è un scrittura sorniona, pronta a carpire l’irrealizzabile desiderio in tutti i modi in cui esso si mostra,  non evitando tocchi irriverenti o ironici. I paragrafi di Volare via dal mondo, Abscondita, 2011, radunano gruppi di figure che condividono il medesimo tema e sono puntualmente illustrati: il volo per ratto di un’aquila o l’ascensione al cielo di Maria, la rappresentazione della forza di gravità, il volo di Minerva, la caduta negli inferi, fino allo studio della rappresentazione dell’elemento in cui il volo si attua: il cielo e le nuvole.

Cercando fra le diverse rappresentazioni del volo o della caduta, Greenaway intende anche effettuare una critica e una storia dei modi in cui l’uomo ha immaginato il suo rapporto con l’aria, senza passare peraltro sotto silenzio le sue ossessioni relative al corpo (descrivendo La Caduta degli Angeli Ribelli di Jean-Marc Nattier): “Dio vive come un sovrano barocco, quindi gli angeli portano il loro equipaggiamento (il suo equipaggiamento?), cavalli ferrati, bandiere e alabarde con sé nell’abisso. Il cliché dell’angelo asessuato è disatteso, corpi femminili si stirano eloquentemente in pose generate più dalla lascivia che dalla paura, ed emettono grida che hanno imparato nel serraglio”.

Analisi, dunque, che non perita di analizzare le modalità in cui il volo è stato rappresentato, giacché nessuno si è mai visto volare: dagli angeli visti dal di sotto (con deriva erotica) che incoronano la vergine calandosi dalla balaustra di una stanza, dall’ascensione in diagonale, bidimensionale o tridimensionale che sia, all’analisi delle ali (alle spalle, alle caviglie, alle spalle e alle caviglie; dalle ali sull’elmetto di mercurio, alla posizione dei piedi tenuta durante il volo). In questa sventagliata di meravigliosi disegni appartenenti a tutte le epoche, Greenaway non tralascia di offrire al lettore un ulteriore livello interpretativo: afferrare in questi confronti anche la diversità dello stile di ciascun artista.

Tale carrellata consente anche di comprendere come “Aggrapparsi all’irrealtà della visione  significa rendere i nostri sensi acritici”. D’altronde, “a chi importa del senso comune quando irrompe la visione?”. Vi è, inoltre, rappresentato un volo che intende portarci fuori da questo mondo e l’irrealtà è in un certo senso inevitabile. In sovrappiù, “il volo è un luogo d’ambiguità linguistica e di doppi sensi”. Edotti da questo armamentario critico avremo messo a frutto una migliore e maggiore capacità di lettura rispetto alle opere artistiche.

Si comprende, di conseguenza, come l’investigazione condotta con tanto puntiglio da Peter Greenaway intenda far emergere qualcosa che non rileviamo, che diamo per scontato: gli sforzi immaginativi necessari alla rappresentazione che un tale tema inevitabilmente comporta. Sfogliando questa sorta di enciclopedia seria e ironica insieme (e viene alla mente la meravigliosa enciclopedia sulla scienza realizzata dagli adepti del gruppo Oulipo) diventiamo consapevoli delle difficoltà, queste sì sovraumane, che si presentano nel voler rappresentare altro che l’invisibile: l’impossibile tout-court.

                                                                                                                Rosa Pierno

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