martedì 1 novembre 2022

“Piero Varroni. Trasparenze”, nuovi lavori dalla serie “Riscritture”, Studio Varroni / EOS Libro d’Artista dall’8 ottobre al 23 dicembre 2022

La mostra di Piero Varroni, Trasparenze, appartiene alla serie Riscritture. Una delle principali opere esposte è Teatro, un volume avente la forma di leporello, con una copertina dipinta a mano (dimensione dell’opera chiusa: cm 60 x 41; dimensione del leporello aperto: m 20). Sulle pagine compaiono immagini e testi realizzati con scansione digitale dall’inserto La lettura del Corriere della sera.  Essi si stratificano, come se si potesse attraversare lo spazio del foglio cronologicamente, sfondare in un altro tempo; un passato recente, prossimo, già andato e per questo fermato e  ossessivamente ripetuto, fino ad ottenerne un rilancio nel futuro.

Non più foglio di quotidiano, se l’elaborazione a cui è stato sottoposta la copia digitale ha assunto una valenza pittorica più rivelante del contenuto informativo. Codesta trasformazione ha qualcosa del miracolo dei pesci. Dalla fame si può  traghettare alla sazietà. Dall’indigenza culturale a cui i media sottopongono i loro lettori per  raggiungere una fetta di pubblico più ampia possibile, e che abbassano la complessità e lo spessore culturale, ci si ritrova, osservando queste bellissime pagine, nell’estetico per eccellenza, quella modalità di degustare con i sensi la vellutata superficie cartacea, mentre con gli occhi si affonda nella carta, se ne attraversa lo spessore, perdendosi nel mare aperto e profondo. 


Dalla carta di cattiva qualità dei quotidiani alla carta di puro cotone, pregiata. Diversi sono gli aspetti coinvolti nell’elaborazione alchemica prodotta da Piero Varroni, la quale non è esattamente una riscrittura, anche se dapprima se egli deve effettuare una parziale cancellazione nel tentativo di annullare il potere distorcente di una parola prevedibile, e scontata. D’altronde, non è sufficientemente noto che il potere della parola è tale da pretendere per sé anche lo spazio dell’immagine? Almeno, il testo prova sempre un arrembaggio e certamente spesso riesce ad avere la meglio; ma una immagine vera, pienamente estetica, artistica, reclama la sua polisemia, la sua capacità di far effluire il senso senza fissarlo. Ed è proprio quello che accade in quest’opera realizzata da  Varroni: è notevole la supremazia che l’immagine acquisisce rispetto al potere astratto e definitorio di una parola subito inquadrante, quando non del tutto scontata, qual è quella della diffusione culturale mass-mediatica.


Il titolo Trasparenze fa certamente cadere in tranello, perché se quello a cui vuole sfuggire Varroni è una cultura in cui tutto viene omogeneizzato e reso appetibile,  cioè trasparente, dall’altra le trasparenze che lui ottiene con la sua pittura digitale sono quelle proprie del manufatto artistico. Una trasparenza ottenuta per sovrapposizione, assorbimento, scivolamento. Le pagine dei giornali si sovrappongono come in un terremoto in cui una faglia ingloba l’altra, dissestando vecchie immagini e ricomponendone di  nuove nel medesimo istante. Un nuovo paesaggio viene prodotto, questa volta seducente quanto lo è ogni immagine artistica, produttrice di un senso polimorfo che resta magmatico, che non si raffredda mai.

È nel momento di cancellazione-paludamento non totale, ma parziale, del testo tipografico, poiché il valore estetico della scrittura è necessario che sia fatto salvo, che esso viene inglobato nella pittura. Non si tratta di riscrittura, pertanto, poiché si tratta di formulare un’immagine.


La tipografia ritorna ad essere non più funzionale alla lettura, ma ne viene enfatizzato l’elemento progettuale, il carattere stilistico del font, le sue interlinee, la grandezza dei font nei titoli, oppure la compattezza del corpo più piccolo del testo giornalistico, al fine di sussumerla nella totalità dell’immagine. Alcune frasi si leggono ancora; in altre, riducendosi progressivamente l’interlinea, la leggibilità diviene impraticabile, ma intanto si sono formate sul foglio moti ondosi di colore. La superficie è variegatissima, l’occhio non sosta, è preso nella vertigine degli embricamenti tonali, delle macchie che si liquefano appena accanto. La composizione e lo sfondo si attraggono, colloquiano, si fondono in un’unità compatta. I margini sono stati inghiottiti dalla marea inchiostrata. Insomma, Piero Varroni cerca di liberare la tipografia da convenzioni atrofizzate e ne ripresenta intatte le possibilità progettuali.


Il passaggio dalla scrittura alla pittura digitale con il mezzo della scrittura e dell’immagine, seppure con frammenti parziali, seppure annullando la leggibilità propria dell’alfabeto con effetti di traslazione, negativo, sovrapposizione, svuotamento, specularità, alterazione di colore, assieme alle vere e proprie patinature e velature che amalgamano vieppiù testo e immagine, hanno, tuttavia, una direzionalità precisa, inequivocabile: la messa in evidenza delle qualità, che divengono così fondanti, della percezione, dei caratteri estetici, primari, di qualsivoglia prodotto, anche quando esso ha la volontà di sottrarsi avanguardisticamente alla tradizione. E ne sa qualcosa Jan Tschichold (uno dei più importanti tipografi del XX secolo) che nel suo La forma del libro, narra come partendo da un’area ‘modernista’ sia ritornato ai principi classici della tipografia. Il mio intento è quello di sottolineare che in Piero Varroni vi è un fortissimo recupero dei valori tradizionali pittorici, ottenuti con l’utilizzo dei nuovi media informatici. Il colore, la patina, la materia che il pigmento trasforma in percezione tattile, l’equilibrio della composizione, la rispondenza armoniosa dell’intera pagina, apre a una riconsiderazione sull’importanza della bellezza.


Nello studio sono esposti anche i recenti libri d’artista e le opere su carta, le quali attuano diverse strategie: dal retinato ingrandito col colore metamorfizzato, in cui alcune chiazze vengono a costituire isole galleggianti d’inchiostro, alle elaborazioni dove il soggetto è un alfabeto completo a cui mancherà per sempre il testo, e che dunque si offrono a una rinnovata ricezione, astratta, mai priva di seduzione e stimolanti rimandi. Se la scrittura accetta imperfezioni, rinuncia alla sua forma precisa, chiara e inconfondibile, se manca di simmetria, potrà mescolarsi alle altre componenti della composizione, incarnerà nuovi moti, sarà pittura.


                                                                           Rosa Pierno




Pittore e Incisore, Piero Varroni è nato nel 1951; diplomato all’Accademia di Belle Arti di Roma inizia una serie di esperienze artistiche, che, dalle prime realizzazioni di connotazione figurativa, giungono a esiti di carattere concettuale. Dopo un periodo di diversi anni, in cui si occupa di fotografia e di incisione calcografica, agli inizi degli anni Novanta, si interessa ai libri d’artista.
Dal 1996 fonda le Edizioni Eos Libri d’Artista, cui farà seguito l’omonima Associazione Culturale. Dal 1999, oltre ai libri d’artista, edita una Rivista d’Artista a tiratura limitata, in cui il linguaggio verbale e quello visivo, “si confrontano e si rapportano in un ordinato compendio grafico”; seguiranno l’uscita dei 7 numeri di RivistaFoglio 2017-2021 e la rivista “Senza Titolo” n.1 e n.2 - 2021-2022.
È impegnato nella promozione dei linguaggi poetici e pittorici, con presentazioni e mostre. Vive e lavora a Roma.


Studio Eos Libri d'Artista
Via Saturnia 55, int. 2 (angolo P.zza Epiro), Roma
info@eoslibridartista.it
+39 3487347243

8 ottobre – 23 dicembre 2022
(dal lunedì al venerdì, su appuntamento)


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