venerdì 22 febbraio 2013

Giuseppe Borrone su "L'Intervallo" di Leonardo Di Costanzo


Regia: Leonardo Di Costanzo; Origine: Italia - Svizzera - Germania, 2012; Durata: 1h 30’; Distribuzione: Istituto Luce Cinecittà; Genere: Drammatico; Cast: Francesca Riso, Alessio Gallo, Carmine Paternoster, Salvatore Ruocco; Sceneggiatura: Maurizio Braucci, Mariangela Barbanente, Leonardo Di Costanzo; Fotografia: Luca Bigazzi; Montaggio: Carlotta Cristiani; Data uscita in Italia: 5 settembre 2012


Una ‘giornata particolare’ nella vita di Salvatore e Veronica, due adolescenti napoletani costretti a crescere troppo in fretta. In un contesto di degrado fisico e morale, i protagonisti del film d’esordio nel cinema di finzione di Leonardo Di Costanzo – apprezzato regista di documentari, di origine ischitana – si trovano a condividere lo spazio di uno stabile fatiscente e abbandonato. In attesa che giunga sera, e il boss del quartiere decida le sorti della ragazza, accusata di uno sgarro alle logiche criminali del clan.
“L’intervallo” mette a confronto, come tanti film italiani di questa stagione – da “Un giorno speciale” a “Io e te” – due personaggi, isolati dal resto del mondo, in una sospensione temporale che è il preludio a una maturazione definitiva, al superamento della linea d’ombra che separa la stagione dei sogni dal crudo approccio nel regno degli adulti. Un carceriere improvvisato, timido e impacciato, e una ragazzina sveglia e precoce ingaggiano un ‘duello’ verbale ed emozionale ricco di sfumature psicologiche, tra chiusure introspettive e ribaltamenti. Apparentemente vittima e carnefice, ma in realtà entrambi prigionieri di un sistema sociale che soffoca la speranza e i desideri di libertà. Alla violenza manifesta di “Gomorra” si sostituisce, forse ancor più dolorosa e amara, il clima di sopraffazione e rassegnazione che spinge al compromesso e alla convivenza forzata. Ribellarsi alla camorra e alla sua mentalità diventa una sfida troppo ardua da ingaggiare, nella solitudine della periferia e nell’assenza delle istituzioni.
Dai trascorsi di documentarista Di Costanzo recupera l’impatto forte della realtà nella vita quotidiana e uno sguardo asciutto e minimale nella costruzione narrativa. Nel passaggio al racconto di finzione, il regista napoletano introduce un metodo di preparazione alla recitazione attentamente controllato e studiato, attraverso rigorosi laboratori e lunghe sedute di prove. Ingaggiando per i ruoli principali due ragazzi napoletani alle prime armi cinematografiche, Francesca Riso e Alessio Gallo, ma capaci di tenere la scena come provetti professionisti.
L’edificio diroccato in cui agiscono i due protagonisti diventa il palcoscenico di una favola nera, attraversata da misteriose e simboliche apparizioni, dal fantasma di una ragazza suicida agli uccelli notturni che svolazzano nel giardino, trafitto dai raggi di sole che penetrano tra le fessure e le crepe dei muri scrostati. La scenografia dell’ex manicomio Bianchi, con la sua struttura labirintica e la vegetazione incolta circostante, è il terzo personaggio di un film teso e coinvolgente, dove l’angoscia montante per il destino della ragazza è scandita dal tempo che si accorcia e dal giorno che si chiude inesorabile. Rivelatosi a Venezia nella sezione “Orizzonti”, “L’intervallo” avrebbe meritato ampiamente il Concorso.

                                                                            Giuseppe Borrone

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