Imre
Toth, storico della scienza, ci introduce col suo piccolo libro Matematica ed emozioni, edizioni Di
Renzo, 2004, al racconto della propria vita poiché la matematica ha un tale peso
nella sua vita da dirigere l’elaborazione mentale anche nella sfera
esistenziale. Niente di fatalistico però, poiché lo storico fa riferimento all’antico
concetto di “daimòn”: l’uomo prima di nascere sceglie il proprio daimòn, cioè
la propria personalità o stile di vita, da cui consegue la libertà di ogni
nostra determinazione nelle varie e complesse situazioni esistenziali. Ed è su
questo ingranaggio che avviene il passaggio di scala tra miserie, meschinità,
grettezze umane rintracciabili costantemente in ogni evento storico e i grandi
valori che pure la storia trascina con sé: “ Se non esiste la possibilità di
giudicare al di là di questi piccoli fatti concreti tutta la storia umana
diventa spazzatura”. Inoltre, è soltanto l’eccezione che conta, poiché è in essa che si
rintraccia il rifiuto dell’accettazione passiva, fondando la possibilità che una
seconda Auschwitz non si ripeta.
La
matematica rappresenta per Toth un avvenimento dello spirito: “immerso nel
quadro etico-politico della presa di coscienza della libertà”. Proprio studiando
la matematica e la sua dimensione metafisica, poiché sono entità che esistono
solo nel pensiero, Toth ha sentito la necessità di conoscere il pensiero dei
filosofi, avvedendosi ben presto che la matematica, conosciuta come una scienza
razionale, è in realtà una fabbrica dell’impossibile: “la matematica dimostra,
da un lato, che è impossibile che un
numero moltiplicato per se stesso dia -1, ossia che la radice di -1 non esiste,
e poi fabbrica questo numero impossibile”. Questo superamento della logica
lineare verso una linea di pensiero appartenente a tutti i mistici dialettici,
questo passaggio dall’ente al non-ente, fa compiere a Imre Toth il seguente
passo logico: “la matematica si può
comparare piuttosto all’arte, perché ci sono solo due forme di sapere esatte:
gli Elementi di Euclide e Madame Bovary di Flaubert”. Non è
possibile introdurre né eliminare elementi in nessuna delle due opere. Se vi è
una differenza tra di esse è che Madame Bovary tratta di sentimenti umani e la
matematica no: ”Eppure questa scienza condivide con l’arte lo status
ontologico: è più vicina all’arte che non alla fisica o alla biologia”. “Benché
i numeri immaginari non esistano la loro teoria descrive il loro mondo con
un’accuratezza assoluta, così come il testo di Madame Bovary descrive la
persona non esistente di Emma Bovary. Infatti, la matematica è una scienza
esatta soltanto perché parla di cose che non esistono”.
Ma
il fatto che la geometria non euclidea descriva un mondo impossibile, che
Aristotele designava con il termine di geometria non-geometrica, non ha
implicato che essa fosse definita come mostruosa o assurda. Ora è proprio osservando
la convivenza tra le due geometrie che Toth si convince del “fatto che questa
scienza ha lo stesso paradigma di un’opera d’arte” e che si tratta di un unico dominio organico
dello spirito umano, in cui due totalità opposte, euclideo e non euclideo,
coesistono simultaneamente. La matematica fa parte integrante dello spirito
umano e dunque affonda nello spazio trascendente della dimensione
etico-politica dell’essere umano. Essa è veicolata da un atto di cui solo
l’essere umano è capace ed è legata alla libertà già in Nicola Cusano. La matematica
valorizza l’atto della negazione producendo mondi concreti: l’atto della negazione
è sufficiente per garantire l’esistenza del non essere. Esiste la bellezza di
un dipinto, di un bambino, di una pagina di Cusano, ma anche di un’idea. Ed è
il sapere dell’oggetto che dà esistenza alla cosa saputa: “ogni lettura è
un’interpretazione e ogni interpretazione è una manipolazione del testo”. “La
geometria euclidea che genera il suo antimondo
si spiega per la presenza di un soggetto che dice “no” al suo proprio
mondo”. Se Aristotele fu il primo a definire la libertà come scelta tra un sì e
un no, fu Spinoza a dire che non è la necessità a costituire il limite della
libertà, ma l’arbitrario. L’uomo libero sceglie il necessario e si oppone alle
costrizioni.
Rosa Pierno
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