Il rapporto scrittura/filosofia si
attua nel testo inedito Una luce
straniera (2012) di Tiziano Salari, composto da 14 paragrafi, attraverso
una sorta di collisione tra il lessico del linguaggio comune e quello
specialistico appartenente alla filosofia. La sintassi, infatti, vi appare
raccorciata, ridotta al minimo, e i lessemi ‘vuoto’, ‘nulla’, ‘pensiero’ sono
l’unico baluardo posto ad attestare che
la questione centrale che vi si dibatte sia quella dell’insondabile rapporto
filosofia ed esistenza.
Se apparentemente vi è “da una parte
il niente e dall’altra la presenza solida sicura certa” delle cose, pure il
vuoto circonda siffatta concretissima presenza, la assedia, e dunque, introduce
per questa via una crepa nel fondamento. Ma è una crepa linguistica, la quale
mette in dubbio così che ci sia una reale collisione. Trattasi di questione
puramente rappresentativa: del modo in cui cioè si vede e si restituisce
qualcosa.
Tant’è che la filosofia, insediata
nella realtà come un oggetto normale, la fa franare, ma anche la costruisce,
diventa letteralmente materiale da costruzione. Spesso imbarbarito fino a
liquidare il senso in un ingranaggio che gira a vuoto, il linguaggio filosofico
mostra le sue trame consunte, e così acquisiscono la funzione di veri e propri
puntelli il sole e l’azzurro, l’acqua, contro le articolazioni troppo astratte
del linguaggio filosofico, quando sia poco ancorato alla sostanza. Morte,
d’altronde, è il semaforo che ci dice che siamo all’interno di un’area che non
riguarda l’esistente: i greci pensavano infatti che non la morte ci riguarda,
ma solo la vecchiaia e duramente.
Ma in questo testo, mai bisogna
credere che non si sia su un terreno minato: ombra e luce non stanno dalla parte
dell’esistente, ma sono cartine di tornasole, segni disposti sulla carta. In
aggiunta, ciò che luce e ombra illuminano o nascondono è l’io dell’autore. Si
innesca dunque, in questo testo che si palesa come autobiografico, uno
spostamento di equilibri e ora la bilancia pende nuovamente dalla parte della
simulazione rappresentativa. Ma si è davvero ancora mai posizionata dalla parte
dell’esistenza? Ancora, non ci ingannerà
il fatto che l’autore sembri stupirsi del fatto che vivendo, mentre è
abbacinato dai ricordi giovanili di una giornata al lago, si trovi che “ci sia
qualcosa piuttosto che il nulla”.
Notiamo che nel seguitare della
lettura, la scrittura si fa leggera, trasporta e paia che lo faccia
ingenuamente. Rallenta nel compiere descrizioni, prende tempo, si rilassa,
giusto il tempo per consentire a un presente non amichevole di irrompere con il
suo carico di dolore, che la vecchiaia che avanza con il suo carico di verità
fuori moda comporta. Cadranno più facilmente i puntelli, non saranno sufficienti
i sacchetti di sabbia ad arginare credenze e assolutismi. Il corpo reclama. E
ora più di prima. Credo che sia questa la questione rilanciata da Salari. Se si
deve filosofare, bisogna ricominciare da questo punto.
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e se i posteri fossero stati ancora
più ignari dei contemporanei
difficilmente lo avremmo potuto sapere
e neppure c’era in noi la certezza di
essere nella verità
quella che aveva sostenuto Spinoza
nella sua solitudine
a noi mancava la convinzione assoluta
della metafisica
ondeggiavamo da verità a verità in uno
spirito infinito di ricerca
e senza che nessun dio futuro ci
aspettasse sull’angolo della strada
a farci cenno a indicarci la giusta
direzione
a sostenerci con la forza possente
della fede
e dunque in che cosa avevamo fede
altro che nella provvisorietà
del giorno per giorno della nuda vita
senza verità
in cui avevo visto morire padre madre
e fratelli
accompagnati dalla cristiana
inettitudine del confidare nell’al di là
il supremo risarcimento del nulla dopo
la morte
e ora che sono qui seduto a ricordare
dirmi che ho sbagliato tutto che altra
avrebbe dovuto essere la mia vita
altra
l’attenzione dovuta a questo mio unico
corpo
altro il rispetto per i miei
contemporanei e il vuoto
delle loro scempiaggini…ho sbagliato
tutto ma non sono pentito…
mai ho suscitato in me dei vili
pensieri
per accattivarmi il mio tempo e
ottenerne
dei favori…e pur sapendo che i posteri
forse ancora più ottusi
non avrebbero rimesso le cose a posto
e cieca
la mia tomba non avrebbe parlato al
mondo
pur di avvicinarmi al nucleo abissale
del vero
mai
avrei rinunciato a penetrarlo a sporgermi
sull’abisso senza una mano sulla
spalla
che mi proteggesse fino a trattenermi
dal cadere nell’immensità dal danzare
in mezzo all’incendio di tutte le
verità.
Se tutto vien voglia di rimettere in
discussione, se si ha la certezza di aver sbagliato, di aver creduto a cose che
ora mostrano il fiato corto, allora deve essere stato commesso un errore nel
credere al disegno sistemico, alla sua totalità. Ma, intanto, che cosa si
potrebbe dire di questa scrittura che tende a essere pienamente filosofica con
in più l’abbaglio della confessione, il tono autobiografico, la deriva
letteraria. Giacché anche questo è un versante problematico, su cui occorre
spendere qualche parola.
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talvolta non so dove afferrarmi per
non essere sradicato.
dico sradicato dalla quotidianità,
dallo spazio che mi contiene, dal tempo che corre lento e veloce.
non esistono appoggi.
l’epoca non presenta appigli per
l’individuo isolato e neppure per le masse opache, inerti, moltiplicazione
indifferenziata di individui isolati.
tutto ciò che è stato preannunciato si
trova ad essere compiuto.
il mondo come Totalità.
retto da un’unica legge che tende
all’identità, al superamento delle differenze.
ora, essendo stato marchiato nella mia
identità, avendo dovuto strapparla e coltivarla in mezzo a un ammasso di forze contrastanti, non posso
fare altro che constatarne la separatezza, e quindi l’impossibilità d’influire
sul processo complessivo.
da una parte l’io un io e dall’altra
parte il Mondo.
soggetto e oggetto.
un soggetto sempre più evanescente e
un mondo sempre più vasto e opprimente.
un soggetto che tuttavia non si fa
assorbire dal mondo, che oppone resistenza.
resistenza pura e semplice, che non fa
che accrescere il suo isolamento.
Vi si coglie che rispetto alla
sistematica assertività del soggetto filosofico, il soggetto letterario si posiziona
lateralmente, è aperto alle correnti, a una certa rilasciata postura, a una incertezza che dichiara
insicurezza ma non reclama più risposte. Anche quando l’io esistenziale venga
letto attraverso le conoscenze filosofiche, resta come un’aurea di molteplici possibilità,
di ramificate vie che mostrano più discontinuità che suture. Anzi, è persino la
ribellione al codificato che Salari issa come bandiera, andando a disegnare
inevitabilmente il confine fra due terre che non si toccano. Nessuna
possibilità di scelta, né di leggere chiaramente e definitivamente ciò che
umanamente ci contraddistingue, né alcuna possibilità di aderire alla
conoscenza filosofica, menzognera passione. Se resta frattura tra spirito, che
rimane identico e corpo che invecchia, sarà solo il livello di consapevolezza,
come un arco teso tra finito e infinito, a salvare, a placare.
Rosa
Pierno