Regia: Matteo Garrone; Origine: Italia - Francia, 2012; Durata: 1h
55’; Distribuzione: 01 Distribution; Genere: Commedia - Drammatico;
Cast: Aniello Arena, Loredana
Simioli, Nando Paone, Graziella Marina, Nello Iorio, Nunzia Schiano, Rosaria
D’Urso, Giuseppina Cervizzi; Sceneggiatura:
Maurizio Braucci, Ugo Chiti, Matteo Garrone, Massimo Gaudioso; Fotografia: Marco Onorato; Montaggio: Marco Spoletini; Data uscita in Italia: 28 settembre
2012
Decolla come l’epilogo di una fiaba l’attesa
opera post “Gomorra” di Matteo
Garrone. Una carrozza dorata, trainata da cavalli bianchi, conduce una coppia
di giovani sposi nel ristorante principesco alle pendici del Vesuvio, dove si
consumerà il ricevimento nuziale. La macchina da presa pedina in pianosequenza
dal cielo il corteo, planando nel mondo ipertrash che si materializza oltre i
cancelli. Una pletora di corpi sformati, un trionfo di kitsch e la
partecipazione di un ospite del “Grande Fratello” per allietare la festa. Ma
più che un happy ending, è solo l’inizio del viaggio in un incubo, la discesa
negli inferi di una realtà deformata e grottesca. Napoli, l’Italia dei nostri
giorni televisivi.
Entrare nella casa del più popolare reality
show diventa l’ossessione di Luciano, un pescivendolo napoletano che conduce
insieme alla moglie Maria (Loredana Simioli), al cugino Michele (Nando Paone) e
alla famiglia allargata (tra cui le imperdibili zie Rosaria D’Urso e Nunzia
Schiano) un’esistenza semplice e dignitosa, se si eccettuano le truffe
imbastite con la consorte per arrotondare. Nel quartiere sbrecciato e
fatiscente di una fantomatica periferia, che ricorda la Napoli del dopoguerra
del cinema italiano degli anni Cinquanta – evocato e omaggiato anche per gli
espliciti riferimenti a “Bellissima”
e a “Lo sceicco bianco” - l’illusione
del successo penetra nelle porose pareti tufacee dello stabile decadente in cui
risiede Luciano. Devastando irrimediabilmente la sua vita e la sua psiche.
Con lo sguardo da antropologo, Garrone
registra in “Reality” lo slittamento progressivo del nostro paese verso le
effimere chimere della notorietà. Rinnegando la propria cultura e le tradizioni
contadine, l’Italia, e l’occidente in generale, è diventata ormai la terra dei
centri commerciali e degli acquafan, delle televendite e delle ospitate. Un
circo Barnum felliniano, sottolineato dall’ambientazione a Cinecittà, regno del
maestro riminese, popolato da mostruose creature tatuate e muscolose, un
esercito dilagante di comparse nel palcoscenico surreale e straniante della
contemporaneità.
La parabola pasoliniana sul genocidio di un
popolo privato della sua identità, a cui i napoletani, come i Tuareg,
sembrerebbero opporsi in un disperato tentativo di resistenza culturale alla
modernità, è sopraffatta dal magnetico potere d’attrazione del tubo catodico.
Il sogno di un’impossibile normalità è l’ultima sconfitta annunciata prima
dell’inevitabile disastro.
La chiusura circolare risolleva dal suolo la
macchina da presa, lasciando sul terreno i desideri infranti del protagonista,
prigioniero, nella finzione come nella vita reale (Aniello Arena è un
attore-detenuto della compagnia del carcere della Fortezza di Volterra), dei
fantasmi della modernità.
Giuseppe
Borrone
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