giovedì 13 giugno 2019

“Quadrato quasi quasi magico” di Roberto Piloni, HD private press di Marina Bindella




Quadrato quasi quasi magico è il libro edito da Marina Bindella con la sua private press  HD.  È stato ideato da Roberto Piloni, la cui vena ironica è presente fin dal titolo. Il riferimento, come si vedrà sfogliandone le ammalianti immagini, è all’incisione Melancholia I di Albrecht Dürer, ed è un riferimento importante, non una semplice citazione. Val la pena di soffermarsi sul titolo, il quale racchiude l’oggetto dell’indagine che vedremo ripercuotersi tra le pagine. Il quadrato magico, detto brevemente, è una matrice quadrata di numeri interi positivi da 1 a n^2 tale che la somma degli n numeri in ciascuna riga, colonna e diagonale principale dia sempre lo stesso numero, chiamato costante di magia.
Il titolo, con quel raddoppiamento del ‘quasi’, introduce operazioni di tipo matematico nel mondo verbale. Ciò ci porta anche a considerare il lavoro che Piloni effettua sull’attraversamento, nella sua ricerca artistica, di domini diversi. In questo caso, assisteremo a un attraversamento del campo numerico, iconico e verbale. Il raddoppiamento nasconde, fra l’altro,  un’inversione di valore e di segno.
Ritornando al quadrato magico presente nell’incisione di Dürer, vediamo che qualsiasi insieme di  quattro numeri scegliamo nel quadrato, il risultato è sempre trentaquattro. Non vogliamo sorvolare, poi, sulla scelta dei due numeri centrali della prima riga che indicano la data in cui l’incisione è stata realizzata, 1415, mentre il primo e il quarto numero della prima riga (1,4) stanno per le iniziali di Albrecht Dürer, poiché ciò equivale all’introduzione di un ulteriore simbolismo all’interno di un insieme numerico già di per sé particolarissimo.
In questa messe di corrispondenze, Piloni ha voluto introdurre delle equivalenze che chiameremmo imperfette, ma dosando quel tanto di scostamento che fosse sufficiente a far emergere altre corrispondenze, le quali intercettano allo stesso modo, il passaggio dal prosaico al metafisico. Quel passaggio, cioè, grazie al quale vediamo che oggetti d’uso comune, come una clessidra, un compasso, una riga, una scala, una campana, i quali assumono un valore simbolico nella compagine assemblata dall’artista tedesco, vedono invertita la direzione del loro significato nell’opera di Piloni e ai numeri si succedono, dunque, gli oggetti. Tali utensili o figure geometriche restano però investiti, nel processo, di quell’aurea, chiamiamola assoluta, che è poco discosta dal valore assoluto del numero. Tuttavia, l’inversione ha, appunto, prodotto un cambiamento di segno: dalla perfezione si esce per quantità minime a piacere. Ci si avvicina a un’instabilità che può revocare la malinconia. Come lo stesso autore intende e scrive nel testo contenuto nel libro: 
“Nel paradiso dei quasi quadrati la melanconia è cosa non stabile e può capitare addirittura che gli oggetti dozzinali d’uso comune succedano spesso ai valori assoluti dei numeri interi.
Un quadrato quasi quasi magico più che altro è una somma di continui tentativi di imperfezioni”.
Non che tale malinconia non fosse già revocata nella visione che ne ha il genio, il quale dallo stato accidioso e annoiato, trapassa in quello di artefice per eccellenza, di artista, tuttavia, Piloni ne stigmatizza i passi, gli stati impercettibili che se, alfine, consentono di superare la soglia, sono significativi anche negli stati intermedi. D’altronde, un elogio dell’imperfezione, riconosce al processo trasformativo, al passaggio da uno stato all’altro, il vero ruolo generativo. La creazione è, in una parola, figlia dell’imperfezione.

Ed è questo, secondo Klibansky, Panofsky e Saxl in “Saturno e la melanconia” il vero significato dell’incisione düreniana; nel saggio emerge la consapevolezza di Dürer sulla “tensione tra ratio e non ratio, tra regole generali e doni individuali”. “La melanconia di un essere immaginativo, distinta da quella di un essere razionale o da quella di un essere speculativo, la melanconia dell’artista o di chi mediti sull’arte, in quanto distinto da ciò che è politico e scientifico,  metafisico e religioso” rende conto dello stato di colui che soffre per la mancanza degli altri saperi. Ciò spiega anche “perché la melanconia sia creativa e nello stesso tempo immersa nella depressione, sia profetica e, nello stesso tempo, confinata nei suoi propri limiti”. Dürer, nonostante la sua ratio, credeva, infatti, che la sorgente più profonda della forza creativa fosse da cercare altrove, in quel dono puramente irrazionale dell’ispirazione artistica. L’amore di Dürer per la matematica e la geometria, ma anche l’insoddisfazione per un sapere oscuro e limitato lo portava a desiderare di superare tali limiti al fine di giungere a quella fusione tra la forma razionale, forma immaginativa e forma speculativa, che avrebbe portato presumibilmente a una Melencolia III. Infatti, non si trova traccia di dramma, di disfatta nell’immagine düraniana, semmai una tenace resistenza. D’altro canto, Walter Benjamin aveva scritto in proposito: “La malinconia tradisce il mondo per amore di sapere. Ma la sua permanente meditazione abbraccia le cose morte nella propria contemplazione per salvarle”.

L’immagine che si presenta sotto il nostro sguardo, aprendo il foglio, dapprima da destra a sinistra e poi da sotto in sopra, è affascinante, avvolta dal nero, e qui il richiamo mnemonico va anche al libro L’opera al nero di Yourcenar, dove l’alchimia  è il tema dominante, la nera arte legata anch’essa alla malinconia saturnina. Un nero morbido, sontuoso. Anche la copertina è giocata totalmente sulla riflessione lucida e opaca di questo non-colore, per cui si rimane intrappolati in una dimensione annerita e annerente, ma anche vischiosa e profonda. Roberto Piloni ha condotto la sua ricerca artistica utilizzando media diversi, dalla pittura alla fotografia, dalle installazioni al video; ma veniamo all’immagine realizzata per questo libro: si tratta di una fotografia stampata digitalmente su carta per incisione Hahnemühle. In un quadrato magico iconico gli oggetti sostituiscono i numeri nelle caselle della matrice e ne acquisiscono, per traslato senso, il valore addizionale. La loro somma è del tutto relativa, però, alla sfera del significato, il quale riposa totalmente sul loro valore d’uso, essendo oggetti che appartengono al nostro orizzonte quotidiano. Un poligono, un compasso, un libro, una clessidra accanto a un ferro da stiro, uno scolapasta, un boccale, una ciotola, riattualizzano la scena, indicando il contemporaneo e si pongono come oggetti di riflessione sul nostro mondo percettivo e concettuale. La malinconia diviene il riferimento emotivo, lo stato imperfetto della nostra esistenza. Eppure, tramite gli oggetti, anche un porta verso una comprensione più totale.

                                                                                              Rosa Pierno

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