Il testo di Isella nasce interamente da una volontà descrittiva che si svolge ad occhi chiusi, osiamo supporre. Inseguendo un moto, linea o punto che sia, il poeta ticinese da lì si diparte per voli imponderabili: sotto il nostro sguardo interiore, attivato dalle parole poetiche, si dispiegano i soli e il fieno di Van Gogh o certi prati in pieno sole di Monet:
Pennello o stupefatta spatola
non placa il giallo impaziente
che mulina tra le spighe
o, ancora, lacerti di mantelli metallici di madonne rinascimentali e poi, magicamente, evento rapidissimo, ecco l'innesco incendiario che illumina il punto di contatto con i disegni di Enrico della Torre, risalenti al 1988:
La forma offre grazie irsute alla materia
ma questa la respinge, già paga di opercoli
già invasa da mostri
Così per uno spleen senza confini
il magma trascina i suoi resti di feltro
in memoria delle spine
Scende stampiglio riderello
sul francobollo di un fluire incredulo
Le parole e le immagini allora rifulgono per quel particolare prezioso processo alchemico che vede due mondi, inaccostabili di fatto, fondersi, come fossero della medesima materia. I disegni di Enrico Della Torre, irriverenti, giocosi, ma totalmente dediti al gioco più serio del mondo: quella verifica del passaggio dal punto alla linea e da molteplici linee alla superficie rivela non solo il suo debito kleeiano, le costruzioni rigorose che riposano alla base delle leggi formali, ma anche il divertito e divertente animismo che trasforma questi personaggi di feltro (per la particolare consistenza della grafite, morbida e spessa) in testimoni leggeri e scanzonati. E la poesia di Isella si metamorfizza al punto da rendersi anch'essa visibile, trasformatasi in segno a sua volta.
Ecco, dunque, che tra immagini e testo ci sono infinite vie per le quali una tangenza si rivela come snodo articolante verità, quasi che le due forme espressive fossero divenute indisgiungibili.
Rosa Pierno
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