La domanda posta in esergo da Alessandro Dall'Olio nel libro "Il senso di questo stare", L.S. Gruppo editoriale, 2012, "Ti hanno mai amato come meriti, / per tutta la durata di una amore?" sembrerebbe potersi volgere in questa: in che modo dire l'amore? Dove la forma del dire è allo stesso tempo anche il significato che si dà all'amore. Ci colpisce subito il richiamo a quell'acutezza chiamata a dar conto del polimorfismo dell'amore: "L'acutezza è un esercizio, / l'amore detesta l'abitudine". Ritroviamo in tal modo i capisaldi dello svolgimento poetico del libro, ove vengono presentati i rapporti sottili e ambigui esistenti tra le cose, i sentimenti e il pensiero, rivelando le disarmonie del reale, ma anche il collegamento concettuale tra elementi appartenenti a campi diversi e opposti con effetto, qui, più che di meraviglia, di stridore. E si può dire che, appunto, la versificazione del poeta bolognese rivolga insistentemente lo sguardo a un dispiegamento discorsivo che concateni tutte le facce di un medesimo fenomeno, più che alla sintesi.
Il polimorfismo innanzitutto riguarda i segni lasciati dall'amato, le tracce del suo passaggio, i labili e mobili affetti: "un odore", la "riga di sapone", i quali valgono come una scrittura del corpo. Tali segni indicano l'amore, lo testimoniano, quasi lo causano, anziché esserne la causa, e questo ci dice quanto il terreno sia scivoloso, incerta la preda, instabile lo stato anche dell'atto riflessivo. Si è "totalmente altri da prima" senza sapere che cosa si sia esattamente divenuti. Persino la scansione temporale subisce uno scarto dal significato originario: ore, sere, albe, indicano un tempo deviato in quanto, anche se l'amore termina, esse durano, anzi si protraggono, significando il tempo protratto dalla passione. Tutto si carica, dunque, di un senso ulteriore, eccedente e non esauribile durante lo stato dell'amore. Tuttavia questo è anche, contemporaneamente, un libro sulla sua intermittenza, ove si palesano i momenti più consueti, quotidiani, banali. L'altro, il partner, è visibile solo in una inquadratura parziale, assimilabile quasi sempre a qualcosa di segreto, parziale, scritto. L'amore non riesce a equilibrare la conta di ciò che c'è e di ciò che manca.Dall'Olio ne parla in maniera non enfatica, mai assolutistica: è un amore imbastardito dai mille piccoli incidenti quotidiani dell'io, occupato a vivere la sua giornata, ma è, allo stesso tempo, esso che fa combaciare l'io con l'altro, costruendo nella memoria i ricordi che valgono a definire l'esistenza.
Da una parte, assistiamo a una spietata critica del complesso sentimento:
L'amore pavido vive di sopite menzogne.
Senza sosta parla di frattaglie
per il gusto di vuotarsi la bocca,
evitando di urlare le cose più vere
per il timore di riempirsi il petto.
Dall'altra, osserviamo l'amore risiedere nell'esistenza al pari di una pietra preziosa. Esso ha il suo dominio nel corpo, il corpo trova la sua parola nel gesto. Il problema dell'amore è sempre anche il problema della determinatezza di sé, il quale non trova approdo, non raggiunge stasi. L'unione, per la maggior parte del tempo, si configura come malanimo, insoddisfazione, incertezza, ma sovente accade un miracolo: i corpi uniti e stretti riescono a isolarsi dalla palude e a spiccare il volo (si guardi alla presenza degli uccelli in tutta la raccolta, i quali equivalgono all'anelito alla naturalezza degli istinti e dei comportamenti contro la gabbia delle convenzioni). Il corpo appare come la risposta a una vita oppressa da doveri indotti, da sistemi economici stritolanti: esso soltanto può essere il mezzo per trascorrere dal sopravvivere al vivere. Nella realtà disamorata, consumistica, alienata, il corpo ha il potere di reintrodurre l'amore.
La sparizione del sentimento, anzi, ė segno certo del veleno che ci è stato inoculato. Giorno dopo giorno si affievolisce il febbrile stato, l'amorevole unione. Nella raccolta sono rari i momenti effusivi, teneri rispetto a un'estesa casistica di dubbi e insoddisfazioni, nondimeno tale sentimento, analizzato non in quanto essenza, se da una parte restituisce un equilibrio fra pulsioni negative e positive, dall'altra è il motore che produce libertà. Infatti insufficienza, incapacità, paura rientrano a pieno titolo nella totalità dell'amore, ma rilanciano una valenza positiva nel dirigere, nel fornire coscienza. Non tutto il bene, non tutto il bello, ci racconta Dall'Olio, dell'amore, e in questa teatrale, e pensiamo al teatro lulliano, complessa, definizione, la scrittura non ha luogo di poco momento:
Si disegnano i tormenti perenni.
Più nero che bianco
sul foglio rigato da una mano
che non sa tenere la matita.
La scrittura è capace, più di ogni altra cosa, "di controllare la misura e l'esito" dell'esperienza umana. È la scrittura che consente di tenere il conto, di incasellare giustamente ciò che va sommato o detratto. Scrittura è presente ovunque: "Nel risvolto delle labbra / stanno versi senza alfabeto". E addirittura "le parole contano / più dei fatti". La scrittura, pertanto, come strumento necessario giacché proprio lo stato dell'amore (come d'altronde, la condizione più generale dell'esistenza) impedisce la perfetta visibilità della totalità, quando vi si è immersi): "Quando mi avrai perduto / mi riconoscerai". La riflessione consentita dalla scrittura consente, appunto, di afferrare e tenere fermi i molteplici capi dell'ingrovigliata questione:
La perfezione non nasce dal ventre
a cercarla si fanno solo morire le emozioni
al capolinea di tutte le menzogne
che passano veloci come sono venute,
per trovare ragione solo avendo torto.
Anzi, parrebbe che in Dall'Olio se c'è l'amore dei corpi non c'è parola, ma scrittura c'è sempre, come attitudine riflessiva, attività fondante dell'esperienza e della comprensione. Una sorta di chiasmo a più nodi presenta, pertanto, la compresenza di ragione e passione, verità e menzogna come inscindibili, rispetto al quale si palesa necessaria una restituzione che stia maggiormente dappresso alla realtà del vivere. D'altronde, l'amore non fa perdere ritrovando e ritrovare perdendo? "Chissà se senti il frastuono / che fa la mia scrittura".
Rosa Pierno
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