eBook pubblicato da www.larecherche.it in collaborazione con
Versante Ripido
Siamo caduti come Alice nel paese delle
meraviglie nel pozzo, abbiamo pur anche cambiato dimensione e ci apprestiamo a
farci sorprendere dalle meraviglie di una riscrittura che cela in se stessa,
per esser riscrittura, la propria ragion d’essere. Qui lo si afferma in maniera
perentoria: la scrittura come il sole ha sfiatatoi che eruttano altri soli,
altri oggetti letterari.
Questa sorta di preambolo, salito a fior di
labbra già alla lettura della prima poesia appartenente alla raccolta di
Giovanni Campi, “abbecedarj paralleli”, liberamente scaricabile dal sito
www.larecherche.it
e realizzato in collaborazione con Versante Ripido, ci consente di centrare
direttamente la questione: la manipolazione del linguaggio, quasi come in un
congegno di Kubrick, dove al solo ruotare le sillabe di una parola, ne
compaiono almeno altre tre e dove
esplodono, come mazzi di fiori dal cappello di un prestigiatore, i significati rispetto ai
quali la favola delle Metamorfosi di Ovidio, si fa, appunto, pretesto,
puro graticcio per rampanti germogli.
Che sia questione di pretesto in letteratura,
non è il caso qui di ripetere, sufficiente il riferimento in esergo al
Manganelli di La letteratura è una menzogna, citato dallo stesso Campi.
Più interessante ci pare il dibattere dell’utilizzo di un linguaggio arcaico o
desueto (prelevato da testi cinquecenteschi) che d’un colpo ci appare più
innovativo di quello contemporaneo. Non sia paradossale affermazione, ma
concretissima, consequenziale, che vale come risposta alla consuetudine di
certa poesia attuale che utilizza un linguaggio piano, semplificato, sottoposto
a minimalismi d’ogni sorta, che si sposa con esperienze di vago interesse e di
ancor più incerto valore. Ci preme
insistere, allora, se proprio ci deve essere un partito preso delle cose, che c’interessa del linguaggio la sua
possibilità di non precludersi alcunché. Se il contatto con l’essere è
problematico, non si possono recidere le risorse del linguaggio, che quel
rapporto deve istituire, per tentare di semplificare il problema e proprio ora,
oltretutto, che la sfida della complessità ci spinge a mettere a punto
strumenti maggiormente duttili.
Ma ritorniamo nell’officina vulcanica di
Giovanni Campi:
ma dove? ‘l lupo ‘n fabula, nocchiero
di urn’o teche, la lunululante ‘nspera,
e numerando ‘l caos – vocj ‘l c’era,
qual volta? sacer d’ozj l’insincero
divin concilj ‘ fulmini, ‘ diluvj,
d’i tuoni ‘n van emessi sen profluvj
ove diurno (di urn’o) diventa il punto
mediano, il legaccio tra nocchiero e teche, il che dimostra come la variazione
del significato se si dà col significante, operando direttamente nella materia
linguistica, lega forma e contenuto in maniera inscindibile, dando già sul solo
versante linguistico la corrispondente
oggettualità che si riscontra nel reale: materie diverse, ma materie entrambe.
Se poi si volesse aprire la questione del modo in cui le due materie si
corrispondano, non è, a ogni modo, questione letteraria: essendo, la
letteratura “una menzogna”, appunto.
Tutta da godersi, da assaporarsi in relazione
alla più o meno estesa preparazione che si possieda, i cristalli testuali
molati da Campi, più che lenti con cui guardare al reale, sembrano mettere a
fuoco opere precedenti. Una scrittura che si dica contemporanea è
necessariamente una scrittura che sa inglobare in se stessa le scritture
precedenti: sostrato in qualche modo fondante, giacché ci si può riferire alla
dimensione del tempo solo presupponendo una tradizione.
Questo libro si pone nell’ambito del genere
che rende la riscrittura del libro di un altro autore, un esercizio di meta
letteratura e, in questa tessitura, è inscritto anche il meccanismo che presiede alla sua costruzione. Se la
transtestualità è una caratteristica a fortiori della letterarietà, è ancora
più giusto analizzarla quando ne diviene elemento centrale, come nel siffatto
caso. Infatti la trasposizione linguistica nelle forme stilistiche del
cinquecento, marca l'operazione come squisitamente linguistica, ed è quindi qui
che bisogna cercare la peculiarità dell'operazione.
Inoltre, certi "topoi" stilistici e tematici, ricorrenti nella
tradizione di Catullo e Ovidio, sono ricorrenti anche nella tradizione del
Quattrocento e del Cinquecento, ma consentono di isolare, come in una camera
asettica, il funzionamento del linguaggio tra mimetismo e trasformazione. E qui
potremmo fare un nome per tutti quello di Francesco Colonna con la sua
"Hypnerotomachia Poliphili" del 1499.
La transtetualità del testo è l'insieme di
"tutto ciò che lo mette in relazione, manifesta o segreta, con altri
testi" (G. Genette Palinsesti). Inevitabilmente la citazione
comporta un testo di secondo grado (in questo caso complicato dall'inserzione
delle illustrazioni realizzate da Giacomo Paolini, "Grotesque alphabet in
mythological landscapes", che rappresentano i medesimi temi mitologici)
attirando nel proprio vortice anche altre opere (anche qui, faremo un solo
nome, quello di Dante, per tutte). In ogni caso, dire la stessa cosa in modo
diverso non è più dire la stessa cosa: qui si apre l'abisso plurimo, la
trappola di specchi che si riflettono l'uno nell'altro e rendono l'oggetto
d'arte particolarmente complesso.
Si guardi a questa mirabile terzina :
l’es empio l’esemplar istesso o nuole
la copia ‘l specular per speglj, d’eco
‘l risuon rintocco secolar i’ preco
In tre versi si condensa l’intera vicenda di Narciso,
la quale si dipana come tra le righe, mentre, sono conficcate nei lemmi, come
leve, schegge che sollevano la superficie testuale, facendo intravedere al
disotto delle chete acque, l’io di Narciso e della ninfa Eco, i quali agiscono
non per volontà: l’esempio diviene l’es empio che non vuole la copia, lo
specular (riflettere) per
specchi-ritratti, mentre l’eco diviene ritmo, cadenza temporale, che si
sedimenta in secoli. Ma valga solo questo come esempio, per dire della
scrittura preziosa, cesellata di Giovanni Campi.
Se ascoltiamo il messaggio di Mallarmé:
"Ton acte toujours s'applique à du papier; car méditer, sans traces,
devient évanescent", vi troviamo conferma che nella materia della traccia
è rinvenibile il pensiero. Nel libro di Giovanni Campi si tratta di
rintracciare le iscrizioni interne ed esterne, mettendo a frutto le
acquisizioni dell’iconologia e della documentalità. Tale sinergia si coglie
visivamente per la presenza delle immagini che accompagnano ogni poesia tratte
dalla collezione di stampe di Giacomo Paolini: illustrazioni risalenti al XVI
secolo. Le immagini provengono dalla
collezione del British Museum di Londra, nata dall'acquisto, nel 1753, della
collezione del conte di Oxford. La
presenza delle grottesche che fa da cornice a ogni scena e che denuncia
l'influenza raffaellesca, riporta in primo piano la questione insita nella
traduzione - di cui Raffaello parla in una lettera al Castiglione - effettuata
tramite astrazione e schematizzazione rispetto alla complessità del modello
pittorico: se la riproduzione si pone in
ruolo subordinato, la posizione dell'incisore si capovolge nella capacità inventiva e interpretativa
indipendente dal modello. E in ciò possiamo ritrovare, come un quadro nel
quadro, (caratteristica tipica dello stile shakespeariano) il legame tra opera
visiva e testo nel libro di Campi.
La riscrittura ha significato in quanto, come
in un’elevazione all’ennesima potenza "Il sentimento di univocità che
caratterizza ogni soggetto dipende dalle sue peculiari deviazioni dalla
norma" (M. Ferraris Documentalità). E, allo stesso modo, il
principio di individualità/individuazione vale anche per le opere d'arte
caratterizzate dallo stile. Tuttavia, ci preme sottolineare che, più si tenta
di ridurre le diverse forme espressive
del linguaggio e dell’arte visiva a una vicinanza promiscua, più emerge la loro
irriducibile specificità. Saldando in un solo anello le assediate forme - le
opere della tradizione, le immagini e la riscrittura - dal loro sincretismo si ottiene il motivo
della loro necessità: niente si può produrre e niente si può distruggere nel
sistema culturale, ma non è legge di natura: è artistica norma.
Rosa Pierno
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