Durante la sesta edizione del “Wochenende der Kunst” del 29 aprile 2011, la galleria berlinese Florent Tosin ha presentato le opere di Gerd Rohling, maestro nella trasformazione della materia, quasi un mago della trasmutazione: è certo che Rohling ha trovato la formula che converte scarti industriali e rifiuti plastici in opalescenti alabastri e cangianti vetri che egli posiziona in teche e vetrine come fossero oggetti da museo: quali, infatti, sono divenuti dopo il suo intervento. La collezione di bicchieri con stelo e calice, i quali riproducono modelli della tradizione araba, romana, veneziana; la collezione di vasi, replicanti forme greche, romane, rinascimentali, dai crateri alle anfore, conservando come aperta corolla la polisemia dei riferimenti storici indicano nell’ambiguità il senso portante dell’operazione artistica di Gerd Rohling. La ricerca dei riferimenti storici, quasi copie che dell’originale riproducano lo schema atemporale e la meraviglia, la quale nasce dall’intento di nobilitare un materiale banale ed economico, rendendolo una sostanza non più riconoscibile, altra, che richiede da noi uno sforzo immaginativo come se stessimo di fronte a una nuova materia; la valorizzazione di un oggetto banale che somiglia straordinariamente a prodotti artistici senza prezzo, tutto questo rende l’azione artistica di Rohling anche una riflessione sul nostro rapporto con l’arte, poiché coinvolge il giudizio estetico, le definizioni che diamo dell’arte (le quali sono sempre storiche come c’insegna Karl Dalhaus) e la presenza imprescindibile della tecnica nell’arte come rileva Nancy nel suo “Le Muse”. Non è di minore importanza che Gerd Rohling sia stato un pioniere nel recupero dei rifiuti: egli ha compiuto operazioni che non si limitavano a presentare il medesimo oggetto in un contesto diverso (il contenitore museale), ma operavano una radicale trasformazione e recupero di un materiale che la società aveva già destinato allo scarto. Discorso oggi quanto mai importante per lo sforzo di recupero e di salvaguardia nei confronti nel nostro ambiente. Ma qui vogliamo sottolineare che questo recupero si attua nel campo artistico e si carica quindi di ulteriori valenze. Se una traversa di binario viene presentata in una sala da museo resta traversa di binario a cui soltanto l’intenzione dell’artista dona una diversa valenza semantica, provocando, di conseguenza, nei fruitori una diversa percezione, ma in Rohling l’oggetto ha perso completamente l’aspetto dello scarto, è di fatto un oggetto diverso. L’epifania di cui siamo testimoni, la nuova nascita che modifica anche la nostra idea del reperto archeologico, è indubbiamente una catartica messa in scena, complice le non neutrali vetrinette in cui tali oggetti vengono presentati, della funzione dell’arte nella nostra vita. In questo senso, dinanzi a tali manufatti siamo costretti a rivedere e ripercorrere i poliedrici meandri che rendono l’arte capace di rinnovare gesti, oggetti, scopi e ambiente. E di restare magicamente sospesi anche nella formulazione delle definizioni che a tali elementi possiamo dare, poiché ideazione, gioco, progetto non siano mai troppo lontani dalla nostra esistenza, ma restino nelle nostre possibilità, siano una nostra concreta risorsa.
Rosa Pierno
http://www.florenttosin.com/
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