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martedì 24 maggio 2022

Il dolce rumore della vita, collana La corte dei Poeti, Gilgamesh 2022 a cura di Carla Villagrossi

 


Mantova Poesia dedica un focus sul poeta Sandro Penna perché considera Penna uno dei maggiori poeti del ’900, un poeta che ha suscitato la stima e l’entusiasmo di grandi nomi della critica e della letteratura (Saba, Morante, Pasolini, Montale) e ha ricevuto premi prestigiosi. Ma è stato anche da più parti sottostimato ed emarginato a causa della sua audacia nell’esprimere poeticamente il suo eros omosessuale. 

Il nostro prestigioso ospite Elio Pecora detiene e cura l’intero archivio di Sandro Penna. Molto ha scritto sul poeta perugino, ricordiamo la biografia Una cheta follia (edita da Frassinelli nel 1984 e ripubblicata in edizione accresciuta in occasione del centenario della nascita, nel 2006). Pecora ha realizzato un lungo lavoro frutto di ricerche, riflessioni, documentazioni dei luoghi dell’adolescenza e della vita adulta di Sandro Penna: carte, appunti, pagine di diario che il poeta aveva annotato nel corso degli anni.


Penna è sempre stato restìo a parlare delle influenze letterarie ricevute, tanto che Bigongiari l’aveva definito <<un fiore senza stelo>>: troviamo delle caute osservazioni all’interno dei suoi diari. Da quelle pagine, si sono potuti individuare gli autori d’interesse: Petrarca, Leopardi, la lirica greca, Saffo, Kavafis, il Simbolismo francese, Pound e la poesia orientale. Altamura fa risalire ad ascendenze greche il lirismo di Penna, ma anche a certe voci francescane nelle sue visioni creaturali (come la grazia – l’auroralità). Penna ha convocato le sue visioni paradisiache nella realtà, sono queste visioni ad avere i caratteri della verità e della bellezza, spingendo la realtà in seconda linea. La città, ad esempio, non presenta un centro e una periferia. Penna vi vive appartato, inseguendo indifferentemente il paesaggio urbano e quello naturale. Scrive Altamura: <<L’ispirazione di Penna è un perenne languore che scaturisce da una sensibilità “prossemica”, dalla percezione della distanza rispetto all’oggetto d’amore>>. 

Penna sottopone la realtà a una sorta di smaterializzazione, il suo mondo pare intessuto da armonie profonde.


Aria di primavera


... Trovato ho il mio angioletto

     fra una losca platea.

     Fumava un sigaretto

     E gli occhi lustri avea

     Io vivere vorrei addormentato

     Entro il dolce rumore della vita.


I suoi temi sono lo splendore apollineo dei fanciulli, l’atto amoroso che non sempre va a buon fine, la ciclicità della natura, le meditazioni sulla luna, la riproduzione dell’identico.

Penna aveva consapevolezza che la rima è facile, difficile è la vita, con la poesia egli intendeva colmare questo iato.

Pecora aveva già scritto una biografia romanzata del poeta perugino in Sandro Penna: Una cheta follia, Frassinelli, nel 1984, ove ogni avvenimento anche minimo vi veniva dipinto e sistemato in un grande affresco. Un’ulteriore occasione di trattare la biografia penniana è nata dai progetti dell’editore Garzanti, negli anni Sessanta, dalla sua volontà di pubblicare un’autobiografia del poeta che sarebbe stata tratta da alcuni nastri registrati, come è testimoniato da un appunto di Penna: <<epistolarii vari, autobiografia saltuaria al magnetofono, avrebbero loro dattiloscritto i nastri (già allora 2!) per farmeli rivedere>>. Alcuni nastri sono stati effettivamente ritrovati da Pecora, il quale ne ha tratto Autobiografia al magnetofono (edizioni San Marco, 2006).

Ha trattato nuovamente la biografia penniana con la Cronologia, ricostruzione degli avvenimenti esistenziali e letterari per il volume Sandro Penna. Poesie, prose e diari a cura di Roberto Deidier, Mondadori, 2017.

Proprio da Autobiografia al magnetofono nasce il testo presente nel volume edito dal Festival di Poesia di Mantova. Pecora preannuncia gli argomenti sui nastri in Sandro Penna. Una cheta follia (pag. 21): <<vecchio, già vicino alla morte, dettò al registratore certi ricordi dell’infanzia, ripercorse eventi lontani, amicizie scancellate, brevissimi amori>>,  accorgendosi, tramite i nastri registrati, che Penna aveva taciuto di sua madre che si era allontanata, della fitta corrispondenza con Montale, delle sue prime poesie. 


L’intertestualità è il meccanismo proprio della letterarietà, e nel nostro caso non subisce restrizioni: Pecora non dice una stessa cosa in un altro modo (allusivo) né dice un’altra cosa nello stesso modo (mimetico). Tuttavia esiste uno specifico modo mediante il quale Pecora trasforma il testo di Penna. Non solo perché è impossibile imitare un testo, da cui discende che se ne può imitare solo lo stile, visto che ogni atto di imitazione è sempre una specifica esecuzione, cioè presuppone una competenza.


Elio Pecora ripercorre, inevitabilmente e necessariamente con la propria voce, le pagine penniane (evidenziate in particolare nei diari). Se ogni opera letteraria ha una relazione, manifesta o segreta con altri testi, l’intervento di Elio Pecora Una follia quieta all’interno del volume Sandro Penna. Il dolce rumore della vita, ha una relazione intertestuale, cioè diretta, con un altri testi. Altri scritti. Vi è la presenza effettiva di un testo nell’altro, il lettore percepisce il rapporto che lega il testo di Pecora a quello di Penna, un’operazione complessa al termine della quale si avrà una produzione nuova: quella di un altro testo.

Una restituzione (quella di Pecora) che cerca di dare spazio scenico alla linearità diaristica, cercando una continuità che la casualità della registrazione quotidiana non possiede. 


Riallacciando la lettura che Pecora ha fatto dei diari del nostro poeta, si deve tener conto del passaggio dalla forma diaristica a quella teatrale, messa in scena e recitata da Massimo Verdastro.



Carla Villagrossi



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