Un succulento libro/catalogo quello ordito in occasione della mostra, tenutasi nel 2015/2016, presso la Casa Croci Mendrisio, a cura di Antonio Rossi, con la collaborazione di Anna Fattori e di Simone Soldini, di parte dei “microgrammi” dello scrittore bernese Robert Walser: circa cinquecento piccoli fogli riempiti da una grafia minutissima al punto da risultare apparentemente illeggibile. È questa davvero un’occasione ghiotta e irripetibile per conoscere alcuni testi, ma soprattutto le modalità dello strabiliante progetto a cui Walser si è dedicato negli ultimi anni della sua vita (1924-1933). Non senza però dimenticare i due studiosi Bernhard Echte e Werner Morlang, i quali per anni hanno lavorato con acribia su questi testi, curando la prima edizione dei Microgrammi in 6 voll. uscita negli anni 1985-2000 con il titolo “Dal territorio alla matita”, e gli studiosi del Robert Walser-Zentrum di Berna, la cui collaborazione si è mostrata preziosa.
Scrivere è un’azione già di per sé pregna di connotazioni: grafia, traccia, orma, segno. Quasi pare che il significato, il senso sia un elemento secondario, se si segue soltanto l’atto estetico. Viene in mente la scrittura araba che decora i monumenti. Walser edifica un’opera monumentale, non solo per l’assiduità con la quale persegue il suo intento scritturale, ma anche per la piccolezza dei riquadri di carta sui quali scrive (biglietti di tram, frontespizi di libri, buste). Ogni piccolo frammento è da utilizzare pur di scrivere. Scrivere per scrivere, è l’impegno d’una vita.
Ora l’aspetto estetico è ciò che giustamente è stato messo in rilievo presso la Casa Croci Mendrisio che ha inteso attestare la doppia valenza di tale scrittura. Prima ancora di andare a verificare quale sia il contenuto, il curatore, Antonio Rossi, si è mosso per evidenziare la specifica qualità estetica di tali manufatti: precari, occasionali, ma dominati da una volontà autonomamente artistica. La mostra è soprattutto il racconto di una scrittura condotta con la matita, utensile di per sé precario, che ha il potere di spostare il peso dell’attenzione nel campo grafico.
Scrivere è lasciare una traccia visiva, scolpire, cercare metodicamente la regolarità in una porzione di carta risibile. Tale scrittura richiede un ulteriore passaggio per essere messa in bella copia, essere corretta al fine di giungere alla stesura finale: è infatti importante dire che una parte (all’incirca un terzo) dei Microgrammi è stata ricopiata e corretta dallo stesso Walser per la pubblicazione. Il primo stadio dunque pretende valenza autonoma, non di bozza, poiché non è riducibile al testo in bella copia, essendo qualcosa di diverso: immagine!
I fogli, mostrano una scrittura miniaturizzata, che quindi tiene conto della ridotta piccolezza del supporto, anzi si adatta ad essa. A partire dalla posizione iniziale raggiunge il bordo per poi dipartirsi con altra direzione (sempre ortogonale) per rinnovare il proprio rapporto spaziale col lacerto di carta. A volte, tale calligrafia è inframmezzata da lettere maiuscole, esattamente come accade nei manoscritti medioevali, oppure percorsa da segni a onda, sempre tutti rigorosamente eseguiti a matita. Altre volte, lettere più grandi si accampano sulla scrittura che diviene sottofondo.
Il catalogo/libro contiene la traduzione dei fogli fotografati: lavoro arduo svolto da Antonio Rossi e da Anna Fattori. Difficilissimo individuare le parole, eppure quello che emerge sono racconti brevissimi, porzioni di narrazioni del tutto coerenti e imperdibili.
La sua scrittura, irrorata da una lucidità che non riesce a perdere smalto pur nell’assoluta ingenuità del sentire, resta la cifra altissima di uno dei maggiori autori del Novecento. Walser è uno scrittore che non ha perso l’infanzia, anzi ne ha fatto l’unico regno dell’esistenza. Reclamando, inoltre, un pensiero, che per essere beatamente nullo, non per questo è meno sostanzioso e importante: “Alcuni bambini mostrano una sbadataggine sorprendente che sfocia nella noncuranza. Non sono simili ai pensieri, coloro che non pensano a nulla e che sono in sé del tutto spensierati? Il pensiero in sé non pensa a nulla, è semplicemente il pensato, non il pensante, è una capacità da cui deduco che un bambino è in qualche modo una certezza”.
Un altro tra i temi di questa incredibile collezione è quello dell’amore per i libri, per la cultura, per la lettura. Vivere nei libri consente al non “inscrivibile” Walser di avere un suo mondo, che non si consuma, finché può avere ancora matita e carta. Sogni, tralicci di dialoghi immaginari, favole per adulti si impilano formando una magnifica stalattite di fogli. Non è questo il mondo?
Il contenuto viene qui costretto a lasciare il trono. Dalle righe può in tal modo rifiorire la stilla di un sentimento estatico. Non sarà giammai l’aderenza con il reale a insediarsi, ma l’assoluta estraneità ad esso, condotto però con mano complice e celestiale.
Azzardiamo che solo la consapevolezza della non-coincidenza del sé con la realtà e con gli altri è il vero teatro della scrittura di Robert Walser. Se la natura non riconosce l’individuo, anche gli altri, però, non lo riconoscono. Le porzioni scritturali disegnano a nostro avviso la solitudine di un individuo che comprende e che non è compreso e che si consola con ironica filosofia: “I giovani a volte desiderano essere già vecchi, i vecchi di nuovi giovani, tuttavia ognuno deve accettare ciò che gli è dato di essere”. Ciò non intacca il suo meraviglioso rapporto con le entità estranee. C’è del meraviglioso in questa attitudine e la si può scoprire nel libro I microgrammi, anche solo con gli occhi.
Uno dei rari esempi di assoluta intrinseca adesione, di inseparabilità tra scrittura e disegno. Quasi che il disegno fosse già indice di una non oltrepassabilità della scrittura rispetto al suo significato semantico, al modo stesso in cui il soggetto non può entrare nel reale.
Rosa Pierno