Bagatella richiama il bagatto – prima carta dei tarocchi – e il bagatto viene inequivocabilmente associato al gioco e all’astuzia. Giocare con la vita, col destino, o in ambito diverso realizzare il suono di una partitura (in tedesco spielen, alla lettera ‘giocare la musica’). Si pensi alle celebri Bagatellen di Schubert e Schumann, dove sequenze ludiche stracolme di ‘materiale informativo’ dimostrano di poter brillare con spiccata efficacia sia pure entro forme ristrette. Miniature il cui senso – musicale o verbale, non fa differenza - si costituisce attraverso un processo idealmente teso all’aforisma, ovvero al noema-sistema aperto ed enigmatico per eccellenza.
Anche Rosa Pierno gioca. Gioca, operando su brevi corpi verbali
autonomi (ciascuno copre una lessìa oppositiva), con un’idea di testo promosso
a organismo normativo-didascalico di scrittura. Ne evoca i dispositivi
emozionali e razionali soggiacenti, lo assume come luogo dell’artificio guidato
ma anche (o proprio per questo) luogo del conoscere. Intendo dire quel tipo di
conoscenza che, qui più che mai, si acquisisce sperimentando l’irrisolvibile
instabilità del senso: “Se la successione degli eventi si manifesta senza
interruzioni o salti, non si deve per questo pensare che l’instabilità non
operi anche sotto la superficie”. Nel corpo delle Bagatelle offerte a Opera
Nuova (una prima serie è uscita nel n° 90/2015 della rivista “Anterem”) il
soggetto impicito della scrittura ha qualche tratto che lo rende affine al
Monsieur Teste celebrato da Paul Valéry. Ossia quell’esprit libre che “faceva
variare, metteva in comunicazione e, in tutto il campo delle sue conoscenze,
poteva tagliare e deviare, nominare ciò che non ha nome”. Spirito mercuriale,
per il quale ogni testo è occasione di dis-chiusura, dis-velamento.
Una costante di Pierno, messa già in atto in
Coppie improbabili (2007), medaglioni
dedicati all’arte pittorica dove ogni raffronto tra artisti interpellava
l’inestricabile dilemma affinità/contrasto, è quella di porre la questione
della dicotomia (di ogni dicotomia), in termini assolutamente problematici. La
dicotomia, cavallo di battaglia della logica classica, s’impone con ironica
neutralità nei titoli di ogni bagatella, e tuttavia nello sviluppo testuale,
fantasmaticamente argomentativo, si decostruisce in varia misura. Il dogma
della ‘messa a fuoco’ cede ai contraccolpi di ‘sfocature’ compatibili con la
curva mobile del senso. Tra polo positivo e polo negativo passano fasci
energetici devianti e destabilizzanti. Per sostenere la loro effimera identità,
i poli si sfiorano, si contaminano a vicenda, si scambiano funzioni e valenze
semantiche, cedendo l’uno all’altro particelle di materiale diegetico. Poiché
qui la poesia, facile arguirlo, poggia su una virtuale dispositio di occorrimenti narrativi-drammatici, a diversi livelli
di serendipità e/o suggestione memoriale, mentre l’impianto meta-trattatistico (di cui ai giorni nostri è stato maestro
Giorgio Manganelli) funge da apparato scenico. “Il protrarsi della
rappresentazione porta inevitabilmente a sviluppo figure e temi, tuttavia
raramente produce configurazioni che non siano mere permutazioni di fanti con
re”. E se la rappresentazione non fosse appunto che un gioco di carte, con le
sue aleatorie posizioni, sotto la regia di un invisibile bagatto?
Gilberto Isella
Bagatelle
Ripetizione/Variazione
La ripetizione è
tollerabile nella variazione e la variazione è sopportabile nella ripetizione.
L’amorfia è in ogni caso esclusa per la messa in campo di artifici atti a
ritardare la decisione. Invertendo
marcia, non si avrebbe cambio di direzione. Sarebbero seriali anche la caduta e
l’ascesa. Il cambio di scala, consentendo di creare miniature,
ridimensionerebbe il problema. Strizzando gli occhi, seguendo le volute
cromaticamente vivide e smaltate, ci si dimenticherebbe del libro, che pure
narra di una storia secolare. Esiste, tuttavia, una
variazione galoppante che giunge fino alla conclusione e impedisce che la forma
si disperda in molteplici finali. Cadrebbero, pertanto, le discordanze, e tutto
diverrebbe coerente. Se, invece, la commedia si riducesse a due sole battute,
anche se intensissime, indicatrici di una desolata affezione, non si potrebbe
che continuare fiaccamente fino allo scontato epilogo.
Determinato/Indeterminato
Tanto più la trattazione
è incompleta tanto più essa deve apparire rigorosa. La rappresentazione della
figura principale, dove l’elaborazione lo richieda, porta in regioni
sconosciute, delle quali, nondimeno, si desidera fornire un’anticipazione,
anche nella ricca veste di preambolo illustrato. Seppure non si giunga mai al
cuore del racconto, il motivo si sviluppa a poco a poco come un pane messo a
lievitare. Per movimentare il resoconto si può aggiungere il solito
ingrediente: l’opposto del buono, il contrario della cattiva. Fantasie, nemmeno
perverse, non mancheranno di deturpare l’idea originale.
Intimo/Estraneo
I pensieri inespressi
non hanno concatenazione, si ammucchiano senza stratificarsi, si mescolano
senza fondersi. Sembrano alla fine provenire da un luogo esterno, da una
rappresentazione scenica in cui siano coinvolti attori non previsti dalla
sceneggiatura. Come note di passaggio, generate dall’appoggio ad altri corpi,
paiono anelli ai quali manca per sempre una catena. L’estraneo si configura
come personaggio mitico, egli non ha alcuna relazione con la massa di detriti
che simboleggia il personaggio principale, il solo a essere dotato di un io lirico.
Anche accostando a tale idolatrato
soggetto la presenza di un amante, non si ottiene un’armonica tolleranza tra le
parti.
Rosa Pierno
(pubblicato nella rivista Opera Nuova, Lugano)
ammetto di essermi fiondato qui a leggere non tanto cosa ne ha scritto il pur bravo Isella, ma per leggere un po' dei tuoi nuovi lavori: la tua creatività è fin dai tempi di Musicale innovativa e fuori dal coro
RispondiEliminaThanks a lot for your lovely blog post.
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