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giovedì 22 ottobre 2015

Stefano Iori “ Tre poesie inedite” 2015




Appena un delicatissimo aroma che si sparge da una boccetta aperta, è quanto ci è dato avvertire dalla lettura delle poesie inedite che Stefano Iori ci ha concesso di conoscere in anticipo e che faranno parte della sua  prossima silloge. La delicatezza è quasi una sua cifra stilistica, ma ci sembra qui ancor più esaltata dalla rastremazione dei mezzi: rare voci verbali, nomi collezionati nei pressi del corpo e della natura, i quali creano più un diradamento che una semplificazione, più un’evaporazione, appunto, che una raccolta di oggetti. Vi è presente non solo l’accumulo, ma anche l’alternativa, il sentirsi messi ogni volta di fronte a un bivio dinanzi al quale si debba scegliere, ma che sul momento annichilisca. La poesia di Stefano Iori,  partendosi dal contingente, tenta dapprima di approdare all’idea. Alla presa salda che sul reale può effettuare soltanto la formulazione di un concetto, ma forse questo è messo in dubbio in un successivo frangente, ove parrebbe si opti per l’azione.  Spesso, raggiunta tramite una sorta di esaurimento dei sensi connotativi di un tema, più spesso ancora mirante a individuare una sola nozione che riesca a rovesciare il senso della costellazione semantica, così come si rovescia un guanto. C’è sempre un modo di guardare che  sfrutta lo stato delle cose per rifonderlo in nuova progettualità. Non importa se illusorio potrebbe apparire l’atto di trasformare il reale: è certo che l’azione, la disposizione mentale a vedere diversamente racchiude in sé valore autonomo. Con tale prospettiva, la poesia dischiude a se stessa un’area di agibilità fattuale, apre persino a uno spazio di condivisione lì dove non esplicitamente si fa riferimento a una collettività.  Ci accorgiamo, infatti, che essa è in qualche modo presente tramite l’umanizzazione degli oggetti: il tavolo lacrima, le carte mordono, il ricamo si fa turpe: sorta di socializzazione,  la quale rimanda a una folla di astanti, anche se seduti in platea. Centrale, per il poeta risulta il lavoro condotto su di sé, lo scavo inesausto che però presenta il frutto del proprio lavoro in relazione a un pubblico. Tre poesie… soltanto… ma restiamo in attesa dei restanti profumi…




6

Viso di vento
o piglio leonino
ghigno sfondato
o guance di seta
È diritto abete
É sbilenco ulivo
A volte maschio
altre femmina mancina
Vien cantando
con la falce in spalla
vien ridendo
con passo d'ombra
Mi vede e saluta
mi tocca e sfiorisco
Dopo poco
risorgo in forza
con cuore d'atleta
e lucida mente
Solo la pelle mia
tradisce l'inganno
Trama fitta e dolente
di sfregi passati
rude scrittura
turpe ricamo
Nessuna evidenza
di fine sutura


9

Accolgo distratto
quel tanto che basta
a carpire schegge                        
di voci chiassose           
Annullo toni
enfasi
e bersagli
Trascrivo parole
di seguito
sole
lavate dal tanfo
di nomi scaduti
Le conto e le canto
pulite infine
Salmo negato
se l'udito è corrotto
ghiotto di lusinghe
bramoso d'illusione


10

Notte
Legni si piegano
sotto il peso dei libri
Macchine e carte
mordono il tavolo
che piange nel buio
con gemito sottile
Notte
La sedia respira
senza il mio peso
Leggerò domani
ciò che non ho scritto



Stefano Iori, mantovano, è giornalista professionista. In gioventù ha recitato per il Teatro Autonomo di Roma e poi fondato la compagnia Ipadò (otto regie). Si è rivelato alla critica e al pubblico con la monografia critica I Grandi del Cinema: Tinto Brass (Gremese Editore, 2000). Varie le sue collaborazioni, tra cui quella all’Editoriale Giorgio Mondadori. Ha firmato tre sillogi poetiche: Gocce scalze (2011), Sottopelle (2013, con prefazione di Gio Ferri) e L’anima aggiunta (2014, edizione italiano-inglese con prefazione di Beppe Costa). Numerosi i premi e le segnalazioni nel suo curriculum poetico. È presente in numerose antologie, fra tutte l’Enciclopedia di Poesia Contemporanea (Fondazione Mario Luzi, 2013). La giovinezza di Shlomo è il suo primo romanzo.

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