Note sulla ricerca letteraria di
“Anterem”
Terza serie della rivista:
1983-93
L’espressione
che definisce la terza serie di “Anterem” (1983-93) è: Le ragioni della
poesia. Un passo ancora: per guadagnare quel terreno originario del
pensiero che consenta un più radicale domandare; al fine di accedere a una
poetica prima della poetica, prima cioè del suo irrigidirsi nelle forme tipiche
delle sistemazioni dottrinarie. Dunque una poetica finalmente in armonia con il
luogo del soggiornare che le è proprio: la radura aperta al dire ulteriore.
Un passo
ancora: verso il respiro dell’essere. Nell’esposizione a un pensiero che, parlando
dalla poesia, richieda la responsabilità etica del poeta, chiamato a
corrispondere al testo e a condurre il lettore alla convergenza del sapere con
l’inconosciuto.
In questa
serie viene ricordato che il poeta in fondo ha un solo compito, ma capitale:
spingersi fino al limite del dire oltre il quale ha luogo la contesa originaria
che nomina l’iniziale differenziarsi del tutto. Ricordando tale compito,
“Anterem” registra il movimento in avanti del pensiero poetico e insieme chiede
di riflettere sui suoi fondamenti
La poesia e
la parola che la costituisce non appartengono dunque al poeta perché non è lui
a deciderne il senso, in quanto, come scrive Hugo, il poeta sa soltanto in
parte, a volte in minima parte, ciò che la poesia finirà col dire al lettore.
Ignora quale dimora prenderanno i suoi versi.
La parola
del poeta conduce in realtà all’ascolto di se stessi e non della poesia. Ecco
perché la parola che stiamo ascoltando è vicinissima a ciò che siamo. Ecco
perché scopriamo che non c’è diversità tra quella parola e il silenzio che
porta diritto a noi stessi. La poesia, come suggerisce Paul Celan, è «forse
soltanto uno sviamento che porta da te a te». Questo «sviamento» nasce dal
desiderio di dare respiro al respiro della parola; scaturisce dalla necessità
di far risuonare il silenzio originario, quel silenzio da cui ognuno di noi
proviene e nel quale ciascuno di noi, leggendo, torna a dimorare.
Il poeta
dunque è colui che chiama dal silenzio. E invita il lettore a
testimoniare il limite e a toccare i bordi dell’essere.
Il senso di
quanto il poeta sta per dire ancora non c’è in nessun luogo. L’ascolto di
quella parola impone davvero di mettersi in viaggio verso se stessi.
Con Le
ragioni della poesia “Anterem” torna a sospendere la frontalità tra poesia
e pensiero, giungendo a chiedere al poeta di esporsi alla necessità che lo ha
fatto pensare; di affidarsi a nomi declinati come elementi naturali, anteriori
alle distinzioni fra soggettivo e oggettivo; di aprirsi un varco verso ciò che
resta di impensato.
Ci
domandiamo: è ancora praticabile un respiro poetico che viva unito alla
filosofia e alla scienza in virtù della necessità e, come chiede Zambrano, «in
un’unità tanto intima e autentica da risultare invisibile»? È ancora
configurabile un nesso tanto preciso tra sentire, parola e pensiero da cogliere
in tutta la sua forza la lacerazione tra l’uomo e il mondo?
La possibile
definizione di essere pensante è questa: un essere che non si lascia
pensare da un altro essere o da una macchina. E la poesia? La possibile
definizione di una poesia pensante è questa: una poesia che non si
lascia pensare da un’altra istanza.
Chi lo può
negare? Il pensiero della poesia non è più il pensiero della filosofia,
dell’estetica, della critica letteraria, ma un pensiero che parte dall’opera
stessa. Non solo. Il pensiero che parla dalla poesia è un pensiero che non può
aver dimenticato di essere originariamente poesia.
Con la terza
serie di “Anterem” viene rimessa in circolazione l’idea di una parola che si
costituisca nei confronti delle cose come esposizione e ascolto senza
mediazioni. E questo perché la parola non abbandoni totalmente l’inquietudine
dell’enigma per la quiete del già-pensato.
Per la
parola poetica non si tratta di afferrare le cose, come vorrebbe il già-detto,
ma di incontrarle. Nominando la cosa, la poesia le rivela il suo destino così
come lo assegna a se stessa.
Flavio Ermini
Nessun commento:
Posta un commento