Pagine

venerdì 15 giugno 2012

JOHN CONSTABLE

Studio di nuvole erranti, di nimbi razzanti, coprenti, amanti frettolosi, i corpi sottostanti, s’ammassano grevi sul limitare del supporto, simili a gregge che percorra cielo meta non avendo. Un’intera vita trascorsa a studiare i mille modi di rappresentare cirri e cumuli non può far altro che indicare l’esistenza di un abisso tra natura e arte.

La chiusa di Dedham” è paesaggio che artiglia il cuore, che ne pretende la resa insieme alla ragione. Nuvole arpionate da spugna e da pennello denunciano che emozione è in subbuglio dinanzi a paesaggio che reclama consanguineità.

Al tramonto le nuvole aggrediscono la terra, poiché il presidio del sole è venuto meno, e fra poco pesanti tocchi di pigmento grigio impiomberanno la scena, ma ora, un’aureola bianca filtrante dalle nuvole dona alle erbe secche un prezioso abbrunito colore. Un albero, carbonizzato, sta polarizzando la notte sul registro dell’oscuro.

“Flatford Mill dal Lock”. Con piatte, plateali pennellate vengono depositate sulla tela zolle e stoppie e pietre affinché trascinino col loro pondo a terra le nuvole. Materie, in fondo, non sono differenti, ma è colore  – per sempre fresco – a scavare differenze.


“La baia di Weymouth”. Cielo affonda come farebbe parola veemente e irata nella viva carne e penetrando nella baia fa sobbalzare animo e rena, cuore e sassi. Vento sollevante folate d’acqua fra un istante confonderà e capovolgerà baia e oceano, insediando fra essi vomitato cielo.

“Torre di Layer Marney, Essex”. Emerge dall’indistinta macchia di rovi e di frasche, la torre di Layer Marney nell’Essex, con un tono rossastro che agglutina intorno a sé uno sprazzo di cielo sgombro da grevi nuvolaglie. Si fatica a mettere a fuoco il soggetto della composizione. Persino i pochi particolari hanno una definizione incerta: i fori della torre, il tetto di tegole, la semovente massa degli alberi. Tutto quel che se ne vede è la macchia nerastra che ci corre incontro per inghiottirci, la torre che si erge magnetizzando l’azzurro.

Non è la medesima cosa guardare “Harrow vista da Hampstead Heath” dal vero anziché nel quadro. Il ventre gonfio delle nuvole che si sta riversando nella valle è carico di viola palpitanti come un’aorta e di rosa carne riverberanti dalla nuda terra. Ma questi pulsanti colori sono presenti solo nel quadro.


“Stoke-by-Nayland” (olio). Zaffate di colore, rigate da un pettine, collose e violacee, inaderenti e vischiose al tempo stesso, striano un cielo riluttante a lasciarsi trascinare dalla sua stessa foga, ma le chiazze verdi delle chiome impigliano lo sguardo e lo depositandolo su più stabile suolo.

“Folkestone dal mare” (acquarello). Se cielo impallidendo è divenuto ocra, quasi si fosse estinto, e nuvole hanno acquisito striature violacee e la laguna di terra mima violacea acqua, mare non può che essere verdastro: quasi per una sorta di sillogismo.

“Hampstead Heath, Looking to Harrow, Stormy Sunset” (olio). Brumoso incartapecorito cielo, catramoso e blu pavone insieme, arretra sullo sfondo di alberi bruciati dall’ombra e invischiati di ruggine risalente da assetate radici, mentre, in altre zone, promette idilliache ore.

                                                                                      Rosa Pierno

Nessun commento:

Posta un commento