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venerdì 2 dicembre 2011

Carla Stroppa “Il satiro e la luna blu. Nel cuore visionario dell’immaginazione” Moretti&Vitali, 2011

Volume esso stesso di confine come le soglie che continuamente ci induce a varcare, a superare, nel tentativo di ricomporre l’equilibrio con la realtà che un Io sofferente ha perduto, “Il satiro e la luna blu. Nel cuore visionario dell’immaginazione” Moretti&Vitali, 2011, appartenente alla Collezione “Narrazioni della conoscenza” diretta da Flavio Ermini, contiene, variamente intersecati, diversi livelli di lettura. La psicoanalista junghiana Carla Stroppa, infatti, utilizza un linguaggio propriamente tecnico che s’intreccia col suo pensiero interiore, amorevole, con cui  segue l’analizzando, quasi in una sorta di scrittura diaristica. Voci che a loro volta s’incrociano con quelle provenienti dal mondo della poesia, che più che costellare o intervenire nella costruzione di una sorta di orizzonte comune, fungono di fatto da vero e proprio puntello nel corso dell’analisi, non solo come prefigurazione di meta da raggiungere, ma anche come conferma e testimonianza di verità. La poesia, in altri termini, è custode dell’anelito dell’Io alla ricongiunzione con quel mondo aspaziale in cui “milioni di anni di evoluzione hanno occultato e condensato organicamente” una quantità smisurata di immagini.

E, non a caso, poesia come sinonimo di creatività è concetto fondamentale nella teorizzazione junghiana, che individua proprio nei processi creativi la possibilità di non soggiacere alla visione stereotipata consegnataci da un collettività subita, ma di creare una propria visione, di dare forma a ciò che si sente, riconquistando una posizione attiva e, in questo senso, risanata. L’amore è visto come condizione che favorisce la progettualità, come stimolo, forza, energia che potenzia i processi creativi, in grado, inoltre, di lenire le ferite originarie da cui spesso l’individuo si lascia sopraffare e trascinare in un vortice di dolore e di fantasie autoreferenziali.

La poesia è, più precisamente,  il filo che consente l’uscita dal labirinto in cui la psiche si è persa. E’ soluzione, frutto di quel pensiero creativo che in quanto capace di trovare vie, spesso non dirette, metaforiche - come sono quelle del mito, che, infatti, l’autrice analizza nelle figure di Psiche, Arianna, Narciso - costituisce il ponte verso la soluzione del mancato processo di differenziazione “fra mondo interiore e il mondo esteriore, tra il visibile e l’invisibile, tra il lato femminile e quello maschile della psiche”.  E che il ruolo della poesia sia centrale, lo si comprende  ancor più chiaramente nel caso di un Io che ha perso la capacità di dare senso alle sue azioni, di rendere simbolici i suoi atti.

L’immaginazione ha un duplice ruolo, non solo perché nella situazione privativa dà luogo a un mondo inventato che divarica la distanza con la realtà, ma soprattutto perché  attraverso l’operazione della regressione ricostruisce simbolicamente le cause scatenanti, fornendo strategie risolutive per la frattura: “Quando si va così in profondità da raggiungere il danno dell’immaginazione primaria, solo l’immaginazione “secondaria” può riparare”. E’ necessario, pertanto, agire sul “valore distruttivo e creativo dell’immaginazione per psichizzarne i significati trasformandoli in coscienza simbolica”, non dimenticando che l’anima reclama “un altro linguaggio, un’altra forma, un’altra immaginazione del mondo: chiede immaginazione poetica e lirico sbilanciamento del cuore”.

Sarà, in altri termini, ancora l’immaginazione, creatrice delle immagini del profondo, a determinare la focalizzazione, di una coscienza “tutta orientata al presente,   su “ricordi ed esperienze passate”, in tal modo “prefigurando un’inversione di orientamento della libido psichica, che può rendere possibile la trasfigurazione dello sguardo”. “Psichizzare non significa intellettualizzare, ma lavorare di immaginazione con consapevolezza simbolica”. 

Pur se vi è l’“esigenza di pensare con l’intelligenza dell’immaginazione: necessità mitopoietica” la centralità delle “immagini, le quali nell’atto stesso di manifestarsi chiedono di essere lette e decifrate dal pensiero, Carla Stroppa è perfettamente consapevole che esse vanno lette “in quel certo modo” che non escluda, appunto, l’immaginazione creativa”.  In questo senso, ci preme sottolineare la sua insistita attenzione nel recuperare le relazioni analogiche, associative, anziché quelle del pensiero causa-effetto, tipiche di un’ingessata razionalità, per promuovere una costruzione simbolica del soggetto orientata “verso la molteplicità che non può prescindere da balzi intuitivi: i soli in grado di collegare in modo visionario l’evidenza del sensibile” con la visione di un senso nascosto (riaffacciandosi nelle parole della Stroppa la critica a una società che svalorizza l’interiorità, l’importanza dell’anima). E come, altresì, ella insista su un necessaria corretta interpretazione delle immagini simboliche su cui è basata l’analisi, in quanto esse “pongono problemi sia di prospettiva conoscitiva che di metodo interpretativo, tanto lontano esse conducono dalla via lineare che collega cause ed effetti” al fine da assicurare all’analizzando un supporto efficace.

Di conseguenza, la Stroppa indica nella partecipazione diretta e coinvolta dell’analista un fattore non secondario per la risoluzione di ciò che ha prodotto dissaldatura tra l’Io e il mondo: “ovviamente l’analista ha una maggiore consapevolezza, ma certe cose si apprendono assieme. Solo assieme e mettendosi in gioco”.  E ove naturalmente lo spessore della conoscenza necessaria alla psicoanalista chiamata a interagire nella costruzione di un Io che sappia finalmente ricostituire confini e distanze col mondo, deve essere poderoso e molteplice, flessibile e  ricco. “Vi è l’impossibilità della psicologia stessa di separarsi radicalmente dalle altre forme del sapere”  e, perciò stesso, la Stroppa si avvale di una profonda conoscenza filosofica, oltre che poetica, in cui fa interagire trascendente e immanente in un dialogo continuo che non si esime dall’accogliere una loro contraddittoria compresenza, aprendo così la via preferenziale a quell’approccio in cui il divenire si salda con le forme mutevoli del linguaggio poetico.

                                                                                                              Rosa Pierno

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