“La vergine Assunta i e santi Antonio Abate e Ludovico da Tolosa”
Il viso è quello ottuso e contadinesco della popolana e persino nuvole le si pietrificano intorno come scavata grotta. Il ferreo sguardo non mira a nulla di terreno mentre stanchi, i santi, le tributano sguardi dimentichi di più terragni pellegrinaggi. Ma è il paese il gioiello incastonato verso cui vengono indirizzati gli sguardi esterni al quadro. Un siffatto paese, situato in montuosa valle, in cui le case se ne stanno chiuse come pugni, è paese non raggiungibile per nessuna calpestabile via, è sogno: meno concreto del corpo di Maria al cielo asceso.
“Ritratto di giovinetto”
Non ha chiuso il libro a causa del nostro arrivo: forse solo la sua riflessione è stata interrotta dalla nostra presenza. Lo sguardo è malevolo, leggermente dispregiativo, seccato per l’importuna interruzione, mentre lo sfondo avanza verso di noi, puntati dallo spillo degli occhi, aggressivo, a rimarcare l’offesa recatagli dall’esistenza di un’altra dimensione, al di qua della tela, estranea a quella della vilipesa interiorità.
“Nozze mistiche di Santa Caterina”
Lo splendido viso della Madonna chiude con la cuspide della sua concentrazione la base piramidale formata da Santa Caterina che rende omaggio al Bambino: è figura non scalfibile dal fluire del tempo, a cui San Giuseppe s’adegua discostandosi fino a determinare l’inclinazione della bilancia compositiva, la quale, sollevandosi, porta in evidenza la parte del paesaggio soffocato da una nube minacciante un temporale, mentre, ancora vivido, al tramonto, il sole non vuole calare.
“Gentiluomo con zampino di leone”
Non può essere privo di ironica presa l’offerta allo sguardo altrui dello zampino di leone, atto che insieme mostra e trattiene. Giovane, bello, ricco, colto, l’uomo che può esercitare il potere stretto se lo tiene e saldamente lo gestisce. Avvampa fuoco alle sue spalle e sulle ramate gote e l’oro, afferrato, è tenuto da un polso che se non arretra, nemmeno si sporge: forse mano è sul cuore, ma l’altra tiene saldo l’oro.
“Venere e Amore”
Ritagliata alcova con serici drappi in bosco ove luce emana da pelle al medesimo modo di come sgorgherebbe da primigenia fonte. Corpo è chiuso e concluso e nulla vi può il piscio dell’amorino che certo non la penetra. Se sfiorite son le rose, non lo è corpo, giammai. Puri vezzi son nastri, conchiglie e serpentello, diadema e perle: nonostante la plurima conta non assommano un significato. Spiazzante e indeclinabile presenza a cui generoso sorriso di lei, e comprensivo, renderà noi grati. In eterno, finché dura quadro.
“Sacra famiglia con Santa Caterina d’Alessandria”
E’ amena scena, serena, composta, quella in cui il Bambino viene svelato durante il sonno dall’amorevole mano di San Giuseppe, il quale solleva il lenzuolo per lo sguardo trepido della santa in agreste cornice. Eppure, sguardo che percorre il quadro è stordito, poiché irretito da sofisticati particolari e profusi a dismisura, ove toni e timbri vengono ripetutamente ribattuti e contrapposti con ritmico incalzare, a tal punto da rendere la superficie dipinta un labirinto da cui esso, afferrato da un ossessivo morbo, non si distacca
Rosa Pierno
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