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lunedì 27 febbraio 2023

Claudia Quadri “Infanzia e bestiario” Edizioni Casagrande, 2022

 


Claudia Quadri, nel suo ultimo testo letterario, Infanzia e bestiario, Edizioni Casagrande, 2022, crea sulla pagina una tensione tenace, pur preannunciando accadimenti di poco spessore, come quelli che si registrano durante le passeggiate con il proprio cane, costruendo la sua pagina indiziaria con grande strategia. Non fosse altro perché qualcosa si trova sempre, a ben guardare, e questo qualcosa, in letteratura, coincide con una costellazione di metafore, in questo caso, sapientemente articolate. Si producono, difatti, alcuni subitanei brillamenti nel cervello del lettore quando si accostano cose distanti e si sa che le metafore tanto più funzionano quanto più i fatti paragonati sono remoti. Quando c'è uno sguardo indagatore sensibile, curioso, attento, si comprende che le cose sono parte di una totalità. È questo il cuore del libro. Saper guardare è saper comprendere, anche la vita delle tartarughe che sono così diverse da noi. Le grandi questioni morali, politiche, storiche in cui siamo immersi, non hanno maggior peso delle percezioni e dei pensieri della nostra vita quotidiana. Perlomeno non si deve recidere il legame tra queste e quelle per saper comprendere entrambe le scale. Che forse, appunto, appartengono alla medesima scala.


I ricordi che provengono dall’infanzia hanno la medesima vividezza del presente. Ma più che l’infanzia, generatrice perenne in Claudia, che fa della franchezza e della irriverenza il suo punto di forza, è il bestiario a guidare le riflessioni, giacché l’autrice non saprebbe, per sua ammissione, vivere senza un cane. Vi è compromissione tra ambiente umano (che è artificiale e naturale insieme) e ambiente in cui vivono gli animali a vario titolo, il pappagallo nella gabbia sul balcone, il cervo che s’imbatte nella rete della Croce Rossa, il serpente vero e quello di plastica, le tartarughe del giardino, i cani degli altri.   L’affresco è promiscuo, ma non si può rinunciare ad esso, pena la perdita di parti essenziali della propria individualità. Senza la presenza degli animali che mondo sarebbe? Perderemmo la capacità di sentirci immerso in esso, di appartenere a un ecosistema, di avere il polso dei nostri limiti e delle nostre risorse. Ci sono persone che hanno perso questa capacità  di condivisione; le si riconosce dal loro aspetto di “polimeri resistenti”; la loro pelle è simile alla plastica compatta delle bambole, senza macchie, senza i segni del tempo, impenetrabili e incomprensibili.


L’infanzia è, comunque, uno snodo ineludibile: soltanto rispetto a essa l’esistenza può smarcarsi dall’ordine imposto e può rinserrarsi in più ragionevoli ranghi. E più l’infanzia è stata libera e senza costrizioni, più sarà capace di funzionare da deposito inesauribile per la vita a venire. C’è per Quadri uno iato incolmabile fra le due età. L’infanzia gioca allo svelamento, alla scoperta del mondo (della propria isola, stanza o balcone che sia) fino alla fascinazione, alla sfida alla morte, che fa abbandonare i comportamenti prudenziali, con la volontaria deroga rispetto alle regole. Essa costituisce il vero trofeo che tutta l’esistenza guadagna per sempre. È in quei territori dell’invenzione e della sfida che l’individuo si forma. E se si ha un cane al proprio fianco, non manca nemmeno il compagno necessario al perfetto svolgimento della fantastica avventura esistenziale. 


Il gioco fra repulsione e fascinazione è uno dei perni intorno al quale l’infanzia dipana la sua rete, e gli animali ne sono ancora i soggetti prediletti: le lumache imprigionate sotto un’insalatiera, ustionate dal sole, i mosconi schiacciati a colpi di giornale arrotolato… mentre, durante l lettura del libro, scorrono i titoli dei libri per l’infanzia che sembrano replicare le marachelle o le scorribande vissute dalla protagonista (La mia famiglia e altri animali di Durrel, Il Barone rampante di Calvino). Le malafatte provocano un senso di pentimento del tutto funzionale all’attività conoscitiva. Da adulta, Claudia non taglierà l’erba del suo giardino al fine di poter vedere lucciole e lumache, passeri e calabroni; non potrebbe altrimenti osservare le lucciole strabiliarsi per la luce emessa dal suo cellulare. Potrà recuperare il giudizio negativo sulla nonna, giudicata con irriverenza, ma poi compresa in quelle qualità che l’hanno resa indipendente. Insomma, l’infanzia non come una terra intoccabile, ma come un progetto a cui ridare un senso prospettico più ampio, più ricco e complesso, rispetto a quello pregiudiziale, sfrontato, riduttivo messo a punto nell’infanzia stessa, quando giunge l’età matura. C’è come un senso di ciclicità che si riattiva tramite la riemersione del ricordo nel presente, qualcosa che da lontano riverbera la sua luce, illuminando ciò che è immanente. Il serbatoio mnemonico consente di reinterpretare una continuità che altrimenti sfugge.


Non sarà allora che un continuo ricamo da effettuare con gli occhi, percorrendo le valli, le acque, il selciato, le facciate dei palazzi, i declivi boscosi, i fianchi delle mucche, le orme del cane, gli avvenimenti infimi, gli oggetti che dal passato riapprodano nel presente. Il linguaggio è preciso, ricco, atto a restituire le sensazioni più labili, i pensieri più difficili da scorgere, simili a pesci che nuotino sotto il velo dell’acqua. Lo sguardo collega ciò che vede e ciò che sa.  Claudia Quadri interpola e disegna sotto il nostro sguardo, la zona della Capriasca, un angolo del Ticino, eppure  il centro di un mondo condiviso con i suoi lettori.


Rosa Pierno



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